Lo scorso 13 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, due schemi di decreto legislativo attuativi della delega contenuta nell’art. 2, co. 2 e 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67, relativa alla revisione del sistema sanzionatorio vigente.
Gli schemi, rispettivamente A.G. n. 245 e A.G. n. 246, sono attualmente all’attenzione delle commissioni Giustizia e Bilancio di Camera e Senato per l’espressione dei pareri previsti dalla legge (i pareri dovranno pervenire entro il 17 dicembre).
Nell’ambito di tale intervento normativo, particolare attenzione merita quanto previsto dall’A.G. n. 245, recante disposizioni in materia di depenalizzazione. Il provvedimento, realizzando un sostanziale sfoltimento delle incriminazioni attraverso una riduzione dell’area del penalmente rilevante, risponde a precisa scelta di politica criminale, da tempo sollecitata, diretta a deflazionare il sistema penale sostanziale e processuale nonché il sistema penitenziario.
Sotto il profilo operativo, la bozza del provvedimento reca, all’art. 1, una clausola generale di depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria, precisando altresì che si intendono inclusi anche quei reati connessi a violazioni punite nella forma aggravata anche con pena detentiva (in tali casi le ipotesi aggravate dovranno considerarsi fattispecie autonome di reati).
Nello specifico sono stati individuati i seguenti tre gruppi di reati, puniti con multa ovvero ammenda:
non superiore nel massimo a 5.000 euro (I gruppo)
non superiore nel massimo a 20.000 euro (II gruppo)
superiore nel massimo a 20.000 euro (III gruppo)
ai quali corrispondono, rispettivamente, una nuova sanzione pecuniaria, di natura amministrativa, compresa rispettivamente tra 5.000 e 10.000 euro, 5.000 e 30.000 euro e 5.000 e 50.000 euro. Tale norma, peraltro, deve essere letta in coordinato con quanto disposto dall’art. 2 del provvedimento (depenalizzazione dei reati del codice penale) e dall’art. 3 (altri casi di depenalizzazione) in cui sono ulteriormente individuate fattispecie punite sia con pena detentiva (sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria) quanto punite con la sola pena pecuniaria che però trovano esclusione dalla depenalizzazione in generale. Per tali fattispecie le contravvenzioni punite con l’arresto fino a sei mesi sono colpite con sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 5.000 e 15.000 euro; quelle punite con l’arresto fino ad un anno con sanzione pecuniaria compresa tra 5.000 e 30.000 euro; infine, per le violazioni punite con pena detentiva superiore ad un anno, viene prevista una sanzione pecuniaria compresa tra 10.000 e 50.000 euro.
Il provvedimento, infine, conformemente a quanto previsto dalla delega (art. 2, co.2, lett. a) della legge n. 67/2014) ha individuato in apposito allegato le materie escluse dalla depenalizzazione perché a tutela di beni particolarmente significativi (edilizia ed urbanistica, ambiente, sicurezza pubblica, etc.)
Ciò premesso, particolare attenzione deve essere posta sugli effetti che, indirettamente, tale provvedimento, laddove confermato nella sua attuale formulazione, produrrà sulla disciplina dei reati previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (normativa antiriciclaggio). L’art. 55 del citato provvedimento infatti prevede, in caso di violazione da parte dei professionisti degli obblighi di identificazione del cliente (comma 1) e di quelli di registrazione dei dati e delle informazioni acquisiti per l’adeguata verifica della clientela (comma 4), la comminazione di una sanzione pecuniaria di natura penale (multa) di importo compreso tra 2.600 a 13.000 euro. Ebbene, laddove entrassero in vigore le disposizioni previste nello schema di decreto, la depenalizzazione di tali condotte produrrà un sostanziale raddoppio dell’importo delle sanzioni pecuniarie attuali a carico dei professionisti: la suddetta sanzione (non più penale ma amministrativa) aumenterebbe infatti, nel minimo edittale, da € 2.600 a € 5.000 e, nel massimo, da € 13.000 a € 30.000.
Come può osservarsi, si tratta di un aumento sproporzionato degli importi, soprattutto considerato che, ai fini di riscontrare le suddette violazioni, è sufficiente in capo al professionista la sussistenza di un dolo generico (dunque la consapevolezza di aver violato una norma di legge) e non invece di un dolo specifico (ossia la volontà, con la propria condotta di realizzare o favorire il riciclaggio di risorse finanziarie, beni ed utilità). Tale effetto, peraltro, risulta ancor più paradossale se si considera che, in tema di sanzioni antiriciclaggio a carico dei professionisti, è ormai da tempo al lavoro un apposito tavolo tecnico costituito presso il Ministero dell’Economia, che vede autorità competenti e professioni a confronto sull’esigenza di revisionare l’attuale regime sanzionatorio previsto dal D.lgs. n. 231/2007 in modo da renderlo maggiormente equo, in termini di ragionevolezza e proporzionalità, rispetto alla realtà professionale alla quale è destinato ad applicarsi.
Alla luce di tali considerazioni, per quanto condivisibili possano apparire gli obiettivi deflattivi del sistema penale sottostanti ai provvedimenti approvati dal Governo, non ci si può esimere dall’evidenziare come ci si trovi, ancora una volta, di fronte ad iniziative del Legislatore non coordinate tra loro, che, da un lato, producono un aggravio insostenibile delle sanzioni pecuniarie a carico dei professionisti in corrispondenza di condotte che spesso costituiscono mere inadempienze formali; e, dall’altro, lasciano insolute le ormai annose questioni connesse all’eccessiva burocratizzazione degli adempimenti previsti dal D.lgs. n. 231/2007.
L’auspicio, pertanto, è che, nell’ambito del dibattito che accompagnerà nei prossimi giorni l’esame degli schemi dei provvedimenti attuativi della legge n. 67/2014 nelle competenti commissioni parlamentari, si attui il necessario coordinamento tra le diverse iniziative legislative: in tal senso sarebbe opportuno stabilire espressamente che le disposizioni di cui all’art. 1 dell’A.G. 245 non trovano applicazione nei confronti dei reati previsti dal D.lgs. n. 231/2007. In tal modo si consentirebbe di procedere nella riflessione avviata nell’ambito del tavolo tecnico costituito presso il Ministero, al fine di ridefinire, in modo sistematico e consapevole, il sistema delle sanzioni antiriciclaggio nel senso sopra prospettato.

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