L’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bologna è tra i dieci più grandi in Italia con 2.458 iscritti nel 2014 e con un tasso di crescita dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Alla sua guida c’è dal 2012 Mirella Bompadre che, dodici anni fa, dopo una lunga esperienza in un istituto bancario, ha deciso di dedicarsi solo alla libera professione. Stanca di un lavoro troppo ripetitivo e senza una reale crescita professionale, ha deciso di mettersi alla prova. E ci è riuscita. Ma quello di una donna con le idee chiare sul proprio futuro non è un caso isolato a Bologna. La rappresentanza femminile nell’Ordine, infatti, è pari al 41,4% che, rispetto ad una media nazionale del 31,6%, lo colloca tra quelli con il tasso più alto di iscritte. Anche il collegio dei revisori è tutto al femminile. Qual è il segreto? «Bologna e tutta l’Emilia Romagna», risponde Bompadre, «rappresentano storicamente un mondo a parte per quanto riguarda la forte presenza femminile nel mondo del lavoro». A testimoniarlo sono anche i dati di Unioncamere secondo i quali il 20,5% delle imprese in Emilia Romagna, quasi 85mila aziende su 413mila, è rosa.

Purtroppo, però, nei 144 Ordini locali dei commercialisti sono solo 5 i presidenti donna. Perché? Per Mirella Bompadre le principali responsabili della loro mancata affermazione e valorizzazione all’interno degli Ordini sono proprio le donne. «La nostra riconosciuta capacità di essere multitasking e problem solver», risponde il presidente di Bologna, «ci spinge a svolgere anche attività di mera segreteria che ci pone su un piano diverso agli occhi degli uomini, portandoci inevitabilmente ad un certo grado di subordinazione. Inoltre, temiamo che l’esercizio del potere ci scombini la vita, sia fonte di stress e non sempre di orgoglio. Le donne, invece, devono porsi l’obiettivo principale di raggiungere una posizione apicale e fare di tutto per riuscirci».

Purtroppo non sempre ce la fanno. La legge sulle quote rosa, per fortuna, ha stabilito la giusta rappresentanza femminile nella società quotate. Con un discreto successo. «Il lato positivo di questa legge è di aver fatto emergere un problema che altrimenti non sarebbe mai stato affrontato. Ma resto convinta del fatto che andrebbero premiate la passione, la bravura e la motivazione attraverso un processo meritocratico, a prescindere dal genere».
Dalle donne ai giovani il passo è breve in fatto di difficoltà. A Bologna, gli under 40 sono il 20,3%, in linea con il 21,2% nazionale. Quali problemi incontrano i giovani iscritti e in che modo l’Ordine li aiuta? «I nostri giovani non riescono a costruire il proprio studio», sospira il presidente. «Oggi, infatti, le regole di ingaggio sono quelle di lavorare nello studio di un professionista anziano, più come dipendenti che come collaboratori. Un altro problema riguarda il fatto che all’interno di questi studi i giovani sono costretti a fare formazione su materie che la maggior parte delle volte interessano il tutor piuttosto che loro stessi». Come risolvere il problema? «I giovani devono puntare all’aggregazione tra commercialisti o tra diversi professionisti, anche puntando sui buoni rapporti di collaborazione che abbiamo con gli altri ordini professionali. Con gli avvocati, per esempio, realizziamo molti corsi di formazione. In misura minore con i notai».

Il dato locale sui praticanti, invece, è in controtendenza con il quello nazionale. Quest’ultimo, infatti, è in costante diminuzione, mentre a Bologna gli iscritti al Registro aumentano, con un tasso di crescita dell’11,1%. Come lo spiega? «I nostri praticanti sono molti motivati. Prima di tutto, presso l’università di Bologna è stato attivato un corso di laurea magistrale dedicato alla professione di commercialista. Si tratta di un corso molto richiesto da cui provengono i praticanti che si iscrivono al nostro Registro. Inoltre, abbiamo stipulato una convenzione con la stessa università ed il tribunale per inserire i praticanti nella sezione civile fallimentare a supporto dei giudici deleganti. I praticanti partecipano all’attività del magistrato e alle camere di consiglio. Si tratta di un training che li apre ad un certo mondo professionale, iniziano la loro vita lavorativa con una conoscenza specifica».

Quali sono le specializzazioni che vanno per la maggiore tra gli iscritti? «Sicuramente l’attività concorsuale e le materie giudiziali. La crisi ha fatto scomparire aziende storiche nel mondo delle costruzioni e delle cooperative. In questi anni ci sono stati importanti fallimenti di gruppi e molti marchi sono scomparsi. Quindi il ruolo del commercialista è fondamentale per trovare soggetti economici interessati a portare avanti l’attività produttiva. Altre specializzazioni esercitate sono la revisione legale dei conti e la fiscalità internazionale, visto che negli ultimi anni l’Emilia Romagna è diventata una buona esportatrice e gruppi internazionali hanno fatto investimenti nella nostra provincia. Nel campo delle specializzazioni, è necessario che gli Ordini locali spingano i colleghi a trovare nuovi sbocchi in vista del cambiamento degli scenari nazionali e mondiali».

Nei primi mesi del 2015 (fonte FMI), il pil in Emilia Romagna è cresciuto dell’1,2%. La ripresa inizia a farsi sentire? «Nei primi sei mesi del 2015, l’apertura di società nella provincia di Bologna ha avuto un trend positivo. Anche imprese, consumatori e professionisti sono passati dallo sconforto ad un sentiment positivo. La città, inoltre, ha avuto la fortuna di scoprire il turismo che, grazie alla presenza di famosi vettori low cost all’aeroporto Guglielmo Marconi, ci ha portato molti viaggiatori stranieri». Ma la presenza dei turisti è visibile anche ad occhio nudo nel centro storico dove sono sorte tante attività riconducibili alla somministrazione, riqualificando pure gli spazi urbani. «Anche per quanto riguarda i posti di lavoro, i dati sono in aumento rispetto ai forti livelli di disoccupazione e cassa integrazione degli anni passati».

In questo contesto, il ruolo del commercialista è importantissimo per aiutare l’imprenditore a superare la crisi. In che modo allora la professione contribuisce allo sviluppo del territorio e all’incremento delle attività produttive? «Il professionista deve essere un passo avanti rispetto all’imprenditore per essere davvero utile e non essere colto impreparato. Dobbiamo informarci, conoscere i cambiamenti del mondo economico per rispondere prontamente alle esigenze. Ne deriva la necessità di aggiornarsi quotidianamente. I professionisti sono in crisi, ma superare le difficoltà dipende da noi: dobbiamo solo decidere se continuare a presidiare un mondo chiuso e competitivo o aprire la mente alle novità». Insomma, gli Ordini dettano la linea, ma la scelta spetta agli iscritti che dovranno essere in grado di seguire, ma soprattutto di prevedere, gli sviluppi del mercato per potervisi posizionare in modo proficuo per sé e per i clienti.

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