È dedicato alla previdenza complementare il Memorandum n. 12 del Consiglio nazionale dei commercialisti. Il documento è stato realizzato dal gruppo di lavoro “Pensioni ed Enti Locali” che fa parte dell’area di delega “Commercialista del Lavoro” del consigliere Vito Jacono.

L’Italia è uno dei paesi occidentali con la più alta età media della popolazione e, negli ultimi dieci, con il più basso tasso di crescita dell’economia, come dimostra l’andamento del Pil.
L’aumento dell’età media è dovuto in massima parte a due fattori: la riduzione delle nascite e l’innalzamento dell’aspettativa di vita.
La riduzione delle nascite ha ormai raggiunto livelli da primato negativo. Nel 2015, ad esempio, l’Italia è risultato il Paese con il tasso di natalità (8xmille) più basso dell’intera UE secondo fonti Eurostat. In realtà, anche negli altri Paesi la natalità è piuttosto modesta e se la popolazione europea è cresciuta complessivamente di 1,8 milioni di persone (da 508,3 a 510,1 milioni) lo si deve soprattutto agli immigrati, in quanto la variazione dei soli residenti è stata negativa, con 5,1 milioni di nascite e 5,2 milioni di decessi. Mentre l’innalzamento dell’aspettativa di vita è il risultato sia dello stile di vita e di abitudini alimentari migliori di altri, sia dei progressi scientifici e dell’aumento delle forme di welfare sociale degli ultimi decenni.

Purtroppo la crisi economica che da quasi un decennio affligge il nostro Paese sta avendo effetti negativi su entrambi i fattori. L’alto tasso di disoccupazione e la riduzione dei redditi a disposizione dei cittadini, infatti, hanno ulteriormente ridotto la propensione dei cittadini alla procreazione e aumentato l’emigrazione all’estero dei giovani più acculturati. Nel contempo la riduzione della spesa pubblica, che non “risparmia” la sanità ed i servizi sociali, sta riducendo la possibilità dei malati di curarsi adeguatamente e già si avvertono i primi segnali di rallentamento tendenziale dell’innalzamento dell’aspettativa di vita.

I suddetti andamenti demografici sono per la previdenza pubblica vere e proprie mine, anche perché l’attuale sistema si basa sul metodo della capitalizzazione, a differenza del passato quanto vigeva il metodo retributivo. È appena il caso di ricordare che, dagli anni ’90 del secolo scorso, il sistema pensionistico italiano è stato profondamente modificato nell’ottica della capitalizzazione, sono state innalzate l’età anagrafica per andare in pensione e l’anzianità contributiva minima, è stato introdotto un sistema di calcolo della pensione che tiene conto:
– dell’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa e non più delle ultime retribuzioni percepite (es. ultimi 5 o 10 anni);
– della crescita del prodotto interno lordo;
– della prevista durata di pagamento della pensione in base alla “speranza di vita” del lavoratore al momento del pensionamento;
– della rivalutazione della pensione solo in base all’inflazione.

L’effetto delle modifiche introdotte al sistema pensionistico obbligatorio a partire dagli anni ’90 del secolo scorso comporta che nel tempo le pensioni saranno sempre più basse in rapporto all’ultima retribuzione percepita (c.d. tasso di sostituzione). Da ciò discende la necessità per i lavoratori di affiancare alla pensione maturata nel regime di previdenza obbligatoria uno strumento integrativo e cautelativo che gli fornisce il sistema della previdenza complementare (c.d. secondo pilastro).

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