Calano i redditi procapite, con una forbice che si fa sempre più ampia tra quelli del Nord e quelli del Sud, e aumenta il numero degli iscritti all’albo, sebbene in presenza di una ulteriore, consistente riduzione del numero dei praticanti. E’ la fotografia dei commercialisti italiani scattata dal Rapporto 2015 sulla professione, l’ottavo della serie, messo a punto dalla Fondazione nazionale della categoria. Una ricerca che conferma lo stato di sofferenza della professione, per quanto quest’anno si manifesti una crescita più sostenuta delle iscrizioni. Nel 2014 i Commercialisti sono aumentati dell’1%, arrivando a toccare quota 116.245, con un tasso di crescita più elevato tra gli Ordini del Nord (+1,6%) rispetto a quelli del Centro (+06%) e del Sud (+0,7%). Continua ininterrottamente anche la crescita della componente femminile, che passa dal 31,4 al 31,6% del totale, e si registra anche una ripresa di quella giovanile con gli iscritti fino a 40 anni che passano dal 20,2% al 21,2%.

Il numero di praticanti, però, è in costante diminuzione. Nel gennaio 2009 gli iscritti al Registro del tirocinio degli allora 142 Ordini territoriali erano 26.441, al 1° ottobre 2014, con gli ordini territoriali nel frattempo saliti a 144, si sono ridotti a 16.553, con un calo di 9.888 unità in valore assoluto, pari a una decrescita del 37,4%.

Numeri, quelli sui praticanti, che preoccupano il presidente nazionale della categoria, Gerardo Longobardi, perché “probabilmente sintomo del fatto che l’appeal della professione presso i giovani sta calando”. Anche partendo dalla consapevolezza di questa situazione “il Consiglio nazionale”, spiega Longobardi, “ha messo in campo le scuole di alta specializzazione della categoria. Un progetto sul quale stiamo investendo molto e che si concentrerà anche su settori oggi marginalizzati come la finanza innovativa o il terzo settore, e in attività strategiche come l’internazionalizzazione e la prevenzione delle crisi d’impresa”.

Segno meno anche sul fronte dei redditi procapite. Il Rapporto, infatti, elaborando la media reddituale tra gli iscritti alla Cassa dottori e gli iscritti alla Cassa ragionieri, certifica, per il secondo anno consecutivo, un calo dei redditi professionali nominali (-1,3%) e di quelli reali, calcolati cioè al netto dell’inflazione (-3,2%). Un trend negativo che prosegue da anni. Tra il 2007 e il 2013, infatti, mentre il Pil nominale è cresciuto dello 0,4% e quello reale, per effetto della crisi, si è contratto dell’8,9%, il reddito medio nominale dei commercialisti è diminuito del 2,4% e quello reale addirittura del 12,7%.

“I dati che emergono dal Rapporto 2015”, afferma il presidente della Fondazione nazionale dei commercialisti, Giorgio Sganga, “sono una dimostrazione dello stato di crisi in cui continua a versare la categoria, in un contesto economico nazionale anch’esso ancora in sofferenza”. Il fatto che quest’anno, sebbene in presenza di un diminuzione ulteriore del reddito procapite, ci sia comunque una leggera ripresa delle iscrizioni, è, secondo Sganga, la dimostrazione che la professione è “vissuta ormai come una sorta di bene rifugio, per quanto poco redditizio, soprattutto per i giovani e le donne”. In sostanza, è il ragionamento del presidente della Fondazione nazionale, “i giovani sanno bene che i redditi calano e che il mercato professionale è intasato da un’offerta eccessiva e non sempre di qualità, ma evidentemente non hanno altra scelta”. Un discorso che vale soprattutto per il Nord. “E lì”, sottolinea, “che, a conferma di un trend evidenziato già lo scorso anno, crescono maggiormente le iscrizioni. Ossia proprio nella realtà economica più avanzata del Paese, dove un tempo i ragazzi trovavano lavoro in azienda. Dal Sud arrivano segnali ancora più scoraggianti: la ripresa delle iscrizioni è più flebile e neppure la logica della professione bene rifugio si afferma e il reddito procapite è la metà di quello del Nord”.

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