atturazione elettronica, abuso del diritto, internazionalizzazione. Nel corso dell’audizione parlamentare svoltasi presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, il Consiglio nazionale dei commercialisti si è espresso a tutto campo sui tre regolamenti attuativi della delega fiscale approdati in Parlamento lo scorso 29 aprile. Regolamenti sui quali la delegazione dei commercialisti, guidata dai Consiglieri nazionali Luigi Mandolesi e Roberto Cunsolo, ha formulato un parere sostanzialmente positivo, senza però rinunciare a presentare un nutrito pacchetto di proposte migliorative.

Fatturazione elettronica
Secondo i commercialisti, il servizio gratuito di generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche va messo a disposizione di tutti i soggetti passivi Iva. “Il principale disincentivo alla diffusione dell’utilizzo della fatturazione elettronica tra i privati”, ha spiegato Mandolesi, “è rappresentato dall’obbligo di conservazione digitale sostitutiva del documento emesso. Un onere troppo gravoso per professionisti e imprese”. Secondo i commercialisti, dunque, il servizio gratuito, attualmente distribuito da Unioncamere in collaborazione con AgID soltanto per specifiche categorie di soggetti passivi IVA, dovrebbe essere assicurato a tutti i soggetti passivi IVA, senza alcuna discriminazione di carattere oggettivo e/o soggettivo.

Una possibilità che, a giudizio dei commercialisti, potrebbe essere inoltre riservata ai soggetti che per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche tra privati si avvarranno del Sistema di Interscambio messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate, a partire dal 1° gennaio 2017. “In quel caso”, ha affermato Mandolesi, “i dati relativi alla fattura elettronica saranno comunque messi a disposizione dell’organo della Pubblica Amministrazione competente su controlli e accertamento, per cui sarebbe auspicabile non sottoporre i contribuenti all’obbligo di conservazione sostitutiva. Tanto più che già lo Statuto del contribuente prevede che al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente”

Sempre in tema di fatturazione elettronica, i commercialisti sostengono anche che, per i soggetti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati, si potrebbe prevedere la preclusione della possibilità da parte del fisco di effettuare gli accertamenti analitico-induttivi sulla base di presunzioni semplici. La maggiore tempestività e speditezza dei controlli da parte del fisco che si realizzerà con la fatturazione elettronica dovrebbe inoltre portare, per i commercialisti, alla disapplicazione del reverse charge.

Abuso del diritto
Positivo il giudizio del Consiglio nazionale sull’impianto complessivo del decreto relativo alla certezza del diritto e, in particolare, sull’introduzione di una norma antielusiva generale e a carattere residuale, che esclude dal proprio perimetro applicativo i comportamenti fraudolenti e simulatori. Giudizio positivo anche sulla disciplina procedimentale della materia, più attenta alle tutele e alle garanzie per i contribuenti sottoposti ad accertamento. Tra le proposte di modifica, c’è quella di specificare nel testo che il comportamento abusivo risulta integrato quando ricorrono congiuntamente la violazione da parte del contribuente della ratio legis della norma fiscale e la realizzazione del vantaggio fiscale indebito.
La delegazione del Consiglio nazionale ha chiesto anche che la disposizione finalizzata ad individuare le operazioni da considerarsi non abusive riguardi anche i contribuenti diversi da imprenditori e professionisti, come i titolari di redditi diversi, e che siano da considerarsi economicamente vantaggiose non solo le operazioni in cui il vantaggio sia immediato, ma anche quelle lo stesso vantaggio sia prospettico.

Sotto il profilo procedimentale, i commercialisti propongono inoltre di integrare il contenuto dell’onere di motivazione dell’atto impositivo gravante sull’ufficio, specificando che riguarda l’enunciazione e la dimostrazione della violazione della ratio legis; la prova dell’illiceità dell’operazione; la quantificazione del risparmio/vantaggio d’imposta indebito e la motivazione delle ragioni per cui non si considerano sufficienti le argomentazioni svolte dal contribuente in sede di contradditorio endoprocedimentale.

E’ stata inoltre proposta l’introduzione di una specifica disposizione che prescriva il recupero dei valori fiscali eventualmente disconosciuti che ne abbiano titolo, in modo tale da evitare doppie imposizioni e la soppressione dell’effetto fiscale di costi effettivamente sostenuti e pertinenti alla gestione.

Al fine di assicurare omogeneità su base nazionale all’azione accertatrice, i commercialisti hanno anche auspicato l’introduzione di una disposizione che stabilisca che le contestazioni in materia di abuso siano preventivamente convalidate a livello di vertice dell’Amministrazione, con simili procedure anche per la Guardia di Finanza, e che le tipologie di operazioni accertate e qualificate come abusive siano pubblicate periodicamente per orientare scelte consapevoli da parte degli operatori economici, in attuazione del principio di trasparenza che informa l’intero impianto della legge delega.

Raddoppio dei termini per l’accertamento
Favorevole il giudizio anche sulla norma relativa al raddoppio dei termini in caso di accertamento, introdotta anch’essa con il decreto legislativo sulla certezza del diritto. Norma che, secondo Mandolesi, “appare funzionale ad una più diffusa adesione alla voluntary disclosure”. Un ostacolo all’adesione alle procedure per il rientro dei capitali, osservano i commercialisti, “è rappresentato infatti dalla corretta individuazione dei periodi di imposta ancora accertabili alla data di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria e che, quindi, andranno ‘ricompresi’ nella procedura”.

Più in generale, i commercialisti sostengono che andrebbe meglio precisato l’ambito di applicazione della norma che considera espressamente solo il caso in cui la denunzia sia stata presentata o trasmessa dall’Amministrazione finanziaria. Hanno dunque proposto di specificare che il nuovo limite ai fini del raddoppio dei termini si rende applicabile in ogni caso e, quindi, anche qualora fossero la Procura o altri soggetti diversi dall’Amministrazione finanziaria a segnalare una violazione che comporta obbligo di denunzia per un reato tributario. Per quanto concerne la decorrenza, la categoria auspica la riproposizione della versione originaria della disposizione contenuta nell’articolo 17, comma 3, dello schema di decreto legislativo approvato il 24 dicembre 2014, che prevedeva che “sono comunque fatti salvi gli effetti degli atti di controllo divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo”, in quanto maggiormente rispettosa del principio del favor rei.

Internazionalizzazione
In linea generale, il Consiglio nazionale esprime un giudizio complessivamente positivo anche su questo provvedimento, perché introduce norme volte a favorire l’internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni derivanti dagli organismi internazionali e dalla Unione Europea, realizzando in tal modo, per Mandolesi “l’obiettivo di rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese, italiane o straniere, che intendono operare in Italia”.

Sulla norma che regolamenta gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale (APA), i commercialisti hanno però invitato a considerare la possibilità di stabilire condizioni e limiti alla loro applicazione retroattiva, alla luce delle indicazioni fornite in materia dalla Commissione europea e dall’OCSE. In particolare, è la proposta avanzata dai commercialisti, andrebbe subordinare l’efficacia retroattiva del ruling al consenso del contribuente e alla sussistenza di identità, adeguatamente verificata, di circostanze ed elementi di fatto rispetto a quelli oggetto dell’accordo.
Sulla disciplina dei dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, la proposta formulata al Senato dalla categoria è quella di integrare la disposizione che definisce il concetto di residenza fiscale della società partecipata estera con il riferimento, a tali fini, al criterio della sede di direzione effettiva di cui all’art. 4, paragrafo 3, del Modello OCSE.
“Vivo apprezzamento” per la norma di interpretazione autentica che chiarisce definitivamente che per le cessioni di immobili e aziende, l’esistenza di un maggior corrispettivo rilevante ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini delle imposte di registro o ipocatastali. In merito infine al nuovo trattamento fiscale delle rinunce ai crediti da parte dei soci, che in taluni casi diventano fiscalmente rilevanti, Mandolesi ha evidenziato la necessità che l’entrata in vigore della nuova disciplina non sia retroattiva, ma differita al periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, in applicazione di quanto stabilito dallo Statuto del contribuente.

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