Sin dalla sua entrata in vigore, la direttiva 96/71/CE ha palesato tutti i limiti nel contrastare efficacemente le pratiche abusive di distacco transnazionale. Del resto la direttiva poggiava su basi giuridiche complesse, alla ricerca di un difficile compromesso tra il fondamentale diritto alla libera circolazione dei servizi e le istanze sociali di tutela del lavoratore chiamato a svolgere la propria attività lavorativa all’estero in distacco. Anche a seguito degli interventi della Corte di giustizia, che hanno evidenziato diversi elementi di problematicità – il riferimento è soprattutto alle pronunce del c.d. Laval quartet (le sentenze Viking, Laval, Rüffert, Commissione c. Lussemburgo) –, il legislatore è dovuto intervenire emanando una direttiva integrativa, la 2014/67/UE c.d. Enforcement, finalizzata ad introdurre nuovi accorgimenti nell’impianto normativo esistente.

Le previsioni della direttiva 2014/67/UE sono ora operative anche nel nostro Paese con l’entrata in vigore, il 22 luglio 2016, del decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136, che, nel dettare le nuove disposizioni, ha provveduto ad abrogare il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72.
Il nuovo impianto normativo, operando in continuità con quanto stabilito dalla direttiva 96/71/CE, interessa tutte le ipotesi di distacco in Italia da parte di imprese stabilite in uno Stato membro o in uno Stato extra-UE; in merito si ricorda che il concetto di distacco comunitario (c.d. posting) è differente dall’istituto tipizzato nell’ordinamento italiano dal d.lgs 10 settembre 2003 n. 276, essendovi ricomprese tutte le assegnazioni transnazionali caratterizzate dal mantenimento del rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante e dal requisito della temporaneità. Vi rientrano, quindi, sia la prestazione diretta di servizi da parte di un’impresa nel quadro di un contratto di servizi sia il distacco nel contesto di uno stabilimento o di una società appartenente allo stesso gruppo sia il distacco mediante la cessione temporanea di un lavoratore tramite un’agenzia interinale stabilita in un altro Stato membro.

Prevedendo l’operatività di nuovi strumenti tesi a prevenire e sanzionare elusioni, frodi e violazioni in materia di distacchi in Italia di lavoratori appartenenti a tutti i settori – ad esclusione di quello marittimo –, anche se effettuati per il tramite delle agenzie di somministrazione, le nuove disposizioni sono dirette a contrastare, tra l’altro, i distacchi operati dalle c.d. “letter-box companies”. Trattasi di entità costituite in quei Paesi nei quali il costo del lavoro è inferiore, che provvedono ad assumere localmente i lavoratori e poi a distaccarli in Italia: la possibilità offerta dalla legislazione comunitaria di applicare la legislazione dello Stato estero di provenienza a diversi istituti lavorativi consente, infatti, la pianificazione di politiche di dumping sociale, a discapito della concorrenza e delle tutele accordate ai lavoratori. Nel contrastare tali costruzioni, il decreto, oltre ad offrire agli ispettori una serie di indicatori volti ad individuare i distacchi non genuini, consente alle autorità ispettive di identificarne di nuovi, definibili sulla base della fattispecie concreta oggetto di verifica.

Più nel dettaglio, con riguardo all’esercizio effettivo delle attività svolte dalla distaccataria, al fine di verificare che la distaccante eserciti effettivamente attività diverse dalla mera gestione e amministrazione del personale dipendente, gli ispettori potranno valutare:
a) il luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale ed amministrativa, i propri uffici, reparti o unità produttive;
b) il luogo in cui l’impresa è registrata alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, ove sia richiesto in ragione dell’attività svolta, ad un albo professionale;
c) il luogo in cui i lavoratori sono assunti e quello da cui sono distaccati;
d) la disciplina applicabile ai contratti conclusi dall’impresa distaccante con i suoi clienti e con i suoi lavoratori;
e) il luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale ed in cui risulta occupato il suo personale amministrativo;
f) il numero dei contratti eseguiti o l’ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di stabilimento, tenendo conto della specificità delle piccole e medie imprese e di quelle di nuova costituzione;
g) ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.

Inoltre, con riferimento all’attività del distaccato, gli ispettori dovranno valutare anche i seguenti elementi:

a) il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;
b) la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente, ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
c) la temporaneità dell’attività lavorativa svolta in Italia;
d) la data di inizio del distacco;
e) la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
f) la circostanza che il datore di lavoro che distacca il lavoratore provveda alle spese di viaggio, vitto o alloggio e le modalità di pagamento o rimborso;
g) eventuali periodi precedenti in cui la medesima attività è stata svolta dallo stesso o da un altro lavoratore distaccato;
h) l’esistenza del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
i) ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.
In presenza di un distacco non autentico trovano applicazione le sanzioni previste dall’art. 3, comma 5 del decreto in commento, operanti tanto nei confronti della distaccante quanto del soggetto che ha utilizzato la prestazione, mentre il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto utilizzatore.

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