Nello scorso mese di agosto sono stati pubblicati due significativi documenti, di prassi e di normativa secondaria, concernenti, rispettivamente, le novità di fiscalità internazionale introdotte nel panorama tributario dal d.lgs. n. 147/2015 e l’elenco dei Paesi con i quali l’Italia ha un livello adeguato di scambio di informazioni. Si tratta della circolare dell’Agenzia delle Entrate 4 agosto 2016 e del decreto del Ministero dell’Economia 9 agosto 2016.
Quest’ultimo aggiorna la cosiddetta white list e, cioè, l’elenco dei paesi “trasparenti” originariamente contenuto nello “storico” DM 4 settembre 1996, ora modificato dal più recente decreto.

La nuova white list contiene un elenco di 123 Paesi, rispetto ai 73 precedenti; fra i nuovi Paesi inclusi nella lista, gli ingressi più significativi sono quelli della Svizzera, di Hong Kong, del Lienchtenstein, delle isole Cayman e dell’Arabia Saudita.
L’aggiornamento dell’elenco dei Paesi “trasparenti” ha effetti soprattutto in materia di redditi di natura finanziaria; interessa, quindi, in particolar modo gli intermediari (es: banche ed assicurazioni). Ma ulteriori effetti, ancorché meno rilevanti, possono determinarsi in ambiti diversi, in quanto la white list è richiamata da altre norme dell’ordinamento tributario domestico.

L’effetto più significativo è quello di consentire agli intermediari di esentare da imposta sostitutiva gli interessi di titoli di Stato italiani ed assimilati e di obbligazioni e titoli similari, emessi da banche italiane ed altri soggetti residenti percepiti da residenti in Stati white list. Così come risultano esonerati da ritenuta i proventi dei fondi immobiliari italiani corrisposti a fondi pensione ed organismi di investimento collettivo del risparmio esteri, istituiti in Stati o territori white list.
Un ulteriore effetto è, ad esempio, quello in materia di imposta sulle transazioni finanziarie, in quanto la normativa di riferimento prevede una esenzione od un dimezzamento dell’imposta sui titoli negoziati in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione di Stati white list.

Un altro impatto della nuova white list è quello che riguarda la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, che monitora dal punto di vista fiscale gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero da soggetti, per lo più persone fisiche, residenti in Italia. L’ampliamento dei Paesi “trasparenti” semplifica la compilazione del quadro e riduce gli adempimenti. Se, ad esempio, si detiene una partecipazione in una società residente in un Paese della white list, nel quadro RW va indicato solo il valore della partecipazione nella suddetta società, mentre, se la partecipazione è in una entità localizzata in un Paese non white listed, vanno indicate le attività finanziarie e gli investimenti detenuti all’estero dalla società stessa che fa da “schermo” (cd. Approccio “look through”).

Effetti positivi si avranno anche in materia di aiuto alla crescita economica (ACE), in quanto l’agevolazione che premia gli apporti di denaro e l’accantonamento di utili delle imprese prevede una “sterilizzazione” del beneficio quando i conferimenti provengono da Paesi non white listed. La norma antielusiva specifica ai fini ACE (articolo 10, comma 3, lettera d), DM 14 marzo 2012) opera, quindi, in presenza di conferimenti provenienti da soggetti localizzati in Paesi diversi da quelli indicati nel “nuovo” DM 4 settembre 1996.
Se l’esistenza di un adeguato scambio di informazioni tra l’Italia ed il Paese di volta in volta interessato è il presupposto per l’inclusione nella white list, tale requisito non assume invece alcuna rilevanza ai fini della individuazione dei regimi fiscali privilegiati rilevanti agli effetti dell’applicazione della disciplina sulle CFC, sui dividendi e sulle plusvalenze. Infatti, a partire dal 1° gennaio 2016, si considerano privilegiati: a) i regimi in cui il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia; b) i regimi “speciali” che concedono un trattamento agevolato strutturale per determinati settori, aree territoriali, attività o archi temporali che si risolvono in una imposizione inferiore alla metà di quella italiana, anche in virtù di accordi o provvedimenti dell’amministrazione finanziaria dei medesimi Stati.

Sono esclusi espressamente dalla nozione di Stati o territori a regime fiscale privilegiato gli Stati della UE/SEE.
La nuova nozione di regime fiscale privilegiato/speciale ha determinato alcuni dubbi interpretativi di diritto inter-temporale conseguenti alla fuoriuscita di alcuni Paesi dalla precedente black list e/o all’ingresso di un regime fra quelli speciali. In sostanza, il passaggio dal sistema ante 2016, basato sui Paesi black list “formalizzati” nel DM 21 novembre 2001, al sistema attuale, caratterizzato dal criterio della tassazione nominale, ha posto alcuni dubbi che l’Agenzia delle Entrate ha sciolto nella richiamata circolare n. 35/E/2016. In particolare, i dubbi hanno riguardato gli utili maturati ante 2016 e distribuiti da parte di una società localizzata in un Paese black list in base alla precedente normativa ma considerata residente in un Paese white list in base all’attuale criterio.

La circolare ha chiarito che, ai fini della detassazione del dividendo (in luogo della tassazione integrale tipica degli utili provenienti da paesi a fiscalità privilegiata), è necessario che gli stessi siano distribuiti da una partecipata estera che, sulla base del criterio vigente al momento della percezione degli stessi, non si possa considerare localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata e tale criterio va verificato e soddisfatto in riferimento al periodo di maturazione dell’utile oggetto di distribuzione.
Il documento di prassi chiarisce con un esempio. Una società di capitali italiana detiene dal 2010 una partecipazione pari al 30% in una società X residente nello Stato A. Ha maturato riserve di utili sino al 2015 mai distribuite. Nel 2016 viene deliberata la distribuzione al socio italiano dei dividendi prodotti nel periodo 2010-2015 nello Stato A che prevede storicamente un’aliquota nominale del 17%.
In questo caso, i dividendi percepiti nel 2016 dal socio italiano non sono assoggettati a tassazione integrale in quanto l’aliquota nominale del 17% non è inferiore alla metà di quella italiana ed il soggetto non residente non ha fruito di regimi speciali. Non rileva, quindi, ai fini della individuazione del Paese a fiscalità privilegiata, l’inclusione nella black list di cui al DM 21 novembre 2001 vigente nel periodo in cui gli utili distribuiti sono maturati.

La circolare fornisce chiarimenti anche in merito alla situazione opposta e, cioè, quella di utili pregressi distribuiti da partecipate che non erano considerate localizzate in Stati o territori black list ma che oggi fruiscono di regimi fiscali privilegiati.
Se la società partecipata estera è oggi soggetta ad un regime fiscale privilegiato, anche speciale, gli utili distribuiti dalla medesima sono assoggettati al criterio ordinario di tassazione integrale, a prescindere da quale fosse il criterio vigente nel periodo di formazione dell’utile della partecipata.
In questo caso, resta ferma la possibilità di disapplicare la tassazione integrale in capo al percettore italiano, dimostrando che dalle partecipazioni non sia conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori che integrano i criteri di individuazione dei regimi fiscali privilegiati.

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