Palazzo Madama a Roma, sede del Senato
La platea dei beneficiari del contributo a fondo perduto previsto dal decreto Rilancio esclude “tutti i professionisti iscritti” alle Casse di previdenza private (i cosiddetti “ordinistici”), al contrario di quanto avvenuto per gli associati all’Inps: è una “discriminazione” che oggi, nel corso di un’audizione nella commissione Bilancio del Senato sul decreto agosto, il tesoriere del Consiglio nazionale dei commercialisti Roberto Cunsolo ha voluto rimarcare, ricordando come, per i professionisti iscritti alle Casse, la norma ha stabilito che, “anche in presenza di cali altrettanto significativi del fatturato, l’importo di 1.000 euro che il decreto “rilancio ha riconosciuto per il mese di maggio costituisce non già la soglia minima (come per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps), bensì la soglia massima di aiuto cui possono aspirare. Senza dire del fatto che a molti professionisti “ordinistici”, probabilmente, neppure verrà riconosciuta, in presenza dei relativi cali di fatturato, l’indennità (massima) di 1.000 euro, essendo esclusi da tale indennità tutti i professionisti con reddito complessivo 2018 superiore a 50.000 euro”, limite reddituale, ha proseguito l’esponente dell’Ordine, che “non è stato invece previsto ai fini del riconoscimento del contributo a fondo perduto”.
Per Cunsolo, “trattare in modo così differenziato le partite Iva” in base all’Ente cui versano i contributi, “introduce un’evidente disparità di trattamento che, non trovando giustificazione in un criterio di ragionevolezza, finisce per essere discriminatoria e contraria al principio costituzionale di uguaglianza nonché all’ormai consolidato principio unionale di pari dignità dell’iniziativa economica e di equivalenza tra liberi professionisti e Pmi (Piccole e medie imprese), anche ai fini dell’accesso ai fondi europei e alle altre misure di sostegno a tali attività”, incalza. Una discriminazione, ha aggiunto dinanzi ai membri dell’organismo di palazzo Madama l’esponente dei commercialisti, cui “occorre porre rimedio” con modifiche legislative.
Un’altra delle correzioni normative proposte dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso dell’audizione, definita “prioritaria nell’attuale periodo emergenziale”, è la scelta di procedere allo “sblocco delle compensazioni dei crediti relativi alle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, quanto meno per quelli maturati nel 2019, eliminando il vincolo, introdotto soltanto da quest’anno, della previa presentazione della dichiarazione dei redditi da cui il credito emerge”.
La richiesta, ha osservato Cunsolo, “si riferisce, per la maggior parte, a crediti Irpef derivanti dalle ritenute d’acconto già subite dai contribuenti nel 2019 e che, risultando eccedenti rispetto all’imposta dovuta per tale annualità, sarebbe giusto consentire al contribuente di compensare con eventuali suoi debiti d’imposta, a prescindere dalla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al 2019, in analogia a quanto previsto fino all’anno scorso” per “importi superiori ai 5.000 euro annui”.
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