Flat tax, manovra di bilancio, riforma fiscale, fatturazione elettronica. Sono i temi sui quali si è maggiormente concentrato il presidente dei Commercialisti italiani, Massimo Miani, nel corso del convegno nazionale “Commercialisti e imprese: un binomio per la crescita”, che si è svolto ad Agrigento l’11 e il 12 ottobre.

Miani ha espresso riserve sulla flat tax al 15% per le partite Iva. Sebbene per il numero uno dei commercialisti siano condivisibili le intenzioni che animano la norma, essa rischia di produrre effetti distorsivi. “Ampliare a 65.000 euro il tetto di fatturato fino a cui è possibile rientrare nel regime forfetario dei minimi – ha spiegato Miani – è una scelta che evidenzia una più che apprezzabile volontà di attenzione nei confronti delle piccole partite IVA, ma non può essere considerato un primo passo della flat tax. L’ampliamento interessa una platea potenziale massima di 593.000 partite IVA individuali che andrebbero ad aggiungersi al milione circa che già se ne avvale dal 2015. Sui circa 40 milioni di contribuenti IRPEF, 593.000 significa poco più dell’1”.

I Commercialisti, quindi, raccomandano al Governo e al Parlamento di rimuovere i paletti di accesso alla disciplina che sono fattori di enorme distorsione soprattutto nel settore delle libere professioni. Senza la rimozione dei vincoli sulla partecipazione a società o associazioni professionali, sui tetti di spesa per dipendenti e collaboratori e sui tetti di investimento in beni strumentali, questo ampliamento del regime dei minimi premierà, anche a parità di fatturato, le piccole partite IVA che non si aggregano, che non assumono e che non investono, mentre penalizzerà le piccole partite IVA che lo fanno. Anche con questi accorgimenti non mancheranno comunque, a parere dei Commercialisti, rischi di effetti collaterali dannosi perché, secondo i calcoli della categoria, un libero professionista con fatturato di 65mila euro e costi nell’ordine del 22% del suo fatturato pagherà imposte sul reddito per 7.605 euro, cioè l’11,7%. Un professionista con la medesima struttura di costi, ma con un fatturato di 66mila euro, pagherà imposte per 18.856 euro, il 27,4%, cioè due volte e mezzo in più.

“Si tratta sicuramente di un apprezzabile aiuto per i liberi professionisti con fatturato inferiore a 65.000 euro – ha commentato Miani –, ma non di un incentivo alla crescita o quanto meno alla crescita trasparente nel rapporto con il Fisco una volta raggiunta quella soglia di fatturato. Numeri delle dichiarazioni fiscali alla mano, sono 315.000 le partite IVA individuali con fatturato compreso tra 65.000 e 100.000 euro per le quali diventerebbe addirittura più conveniente ridurre il proprio fatturato e logicamente i propri costi, per fermarsi a 65.000 euro e rientrare nel regime forfetario. Se non è possibile introdurre subito una flat tax per tutte le partite IVA e si può intervenire solo in modo mirato, sembra assai più coerente ad obiettivi di crescita dell’economia e di emersione del sommerso la proposta dei Commercialisti di partire da una forte agevolazione fiscale dei redditi incrementali, come per altro già fu tentato in via sperimentale nel 2003-2004 con il concordato preventivo biennale”.

Un’altra proposta arrivata direttamente dal convegno di Agrigento è quella di esentare totalmente da imposizione per 15 anni i redditi da pensione per chi sposta la residenza al Sud. Si tratterebbe di una flat tax al 15% per 15 anni per tutti coloro che trasferiscono la propria residenza in Italia, dopo essere stati residenti all’estero in almeno nove degli ultimi dieci anni.

“Fare una flat tax al 15% per tutti è complesso in termini finanziari – ha affermato Miani –, ma la flat tax al 15% per chi trasferisce la residenza nel nostro Paese che proponiamo noi è invece questione di volontà politica, perché è chiaro che, anche volendo ignorare nelle stime l’effetto di attrazione indotto dalla norma stessa, sul piano finanziario non rappresenterebbe un costo significativo. Una norma come questa, secca nella sua formulazione e semplice nel suo utilizzo, non porterebbe in Italia solo qualche Cristiano Ronaldo con interessi economici diffusi in tutto il globo, come la norma da “vorrei, ma non posso” che c’è ora. Porterebbe in Italia intere società con i relativi amministratori, collaboratori e dipendenti, tutti interessati ad avere redditi italiani tassati al 15%. Basti solo pensare alla City finanziaria di Londra e alle decine di migliaia di manager con stipendi a cinque e sei zeri il cui 15% costituirebbe comunque un importante aumento di entrate per l’Erario italiano che potrebbe essere utilizzato per abbassare le tasse a chi in Italia già c’è”.

Con la stessa logica, secondo i Commercialisti potrebbe essere concepita anche una norma che esenta totalmente da imposizione per 15 anni i redditi da pensione per tutti coloro che trasferiscono la propria residenza in Sicilia e nelle altre regioni del Mezzogiorno, dopo essere stati residenti all’estero in almeno nove degli ultimi dieci anni. “Sono due norme – ha concluso Miani – che abbiamo messo per iscritto e che mettiamo a disposizione della politica perché le valuti con la dovuta attenzione ed il giusto spirito”.

Miani è poi passato a fare un’analisi dello scenario internazionale a partire dagli Stati Uniti d’America dove la riforma fiscale di Trump è una sfida sul versante della competizione fiscale tra Paesi mentre l’Italia è in una pericolosa “terra di mezzo e di nessuno”.

“Bisogna guardare con la massima attenzione a quanto sta accadendo a livello fiscale sullo scenario internazionale – ha spiegato Miani – perché mentre noi ci concentriamo sui “minimi”, gli altri Paesi stanno invece concentrando tutti i propri sforzi sui “massimi”. La riforma fiscale attuata da Trump negli Stati Uniti è un esempio perfetto in questo senso. L’entrata in vigore a decorrere dal 2018 della riforma fiscale statunitense è talmente fresca che non solo la politica, ma anche molti tecnici, non hanno ancora colto fino in fondo la sfida che determina sul versante della competizione fiscale tra Paesi. Quello disegnato dagli Stati Uniti è un sistema fiscale concepito apposta per attrarre i gruppi che operano nell’economia digitale e per favorire la localizzazione negli Stati Uniti delle società che possiedono i fattori di produzione immateriali a più alto valore aggiunto come marchi, brevetti e know how. Se la risposta dell’Italia a queste dinamiche già in atto sono i “minimi” e generiche minacce di lotta alla evasione dei “grandi”, si rischia di andare completamente fuori strada rispetto ad obiettivi di crescita. L’Italia, infatti, è oggi in una pericolosa “terra di mezzo e di nessuno”.

L’allarme lanciato da Miani è che presto l’Italia non patirà più soltanto la delocalizzazione delle filiere produttive a basso valore aggiunto e basso contenuto tecnologico verso Paesi che garantiscono livelli salariali e costo del lavoro nettamente inferiore. Senza adeguate risposte, a questo fenomeno si aggiungerà la delocalizzazione delle filiere produttive ad alto valore aggiunto e ad alto contenuto tecnologico verso gli Stati Uniti e verso altri Stati che adotteranno strategie fiscali simili alla loro. E l’annuncio del Presidente francese Macron di un pacchetto di riduzione delle imposte sulle imprese per 18 miliardi di euro dimostra che altri nostri competitor sono già in marcia per adeguarsi e non rimanere spiazzati. Rispetto all’accelerazione fiscale impressa dagli Stati Uniti, non dalla prima isoletta paradisiaca che passa servono misure assai incisive o lo smottamento verso l’estero sarà rapido e irreversibile.

Il presidente dei commercialisti ha concluso il suo intervento affrontando il tema della fatturazione elettronica e della sua obbligatorietà a partire dal 1° gennaio 2019. Miani ha chiesto una moratoria sulle sanzioni, definendola “il minimo sindacale che la politica dovrà concedere”. Moratoria che è arrivata da lì a poche ore con la scomparsa delle sanzioni per i primi sei mesi di applicazione della e-fattura, attraverso un correttivo alle norme sull’Iva previsto nella bozza di decreto legge fiscale collegato alla manovra di bilancio 2019.

“Il Consiglio Nazionale – ha spiegato Miani – ha lavorato molto durante questo anno, gomito a gomito con l’Agenzia delle Entrate e le società di software e aiuterà i colleghi a farsi trovare pronti. Il punto è che saranno molti nostri clienti a non essere affatto pronti e poco ci consolerà poter rivendicare di averlo detto quando si determineranno prevedibili problemi operativi che sfuggono a chi, come le Istituzioni e le società di software, ha meno consapevolezza di noi della realtà amministrativa di tante piccole imprese”.

“Lo sviluppo tecnologico e la digitalizzazione offrono anche opportunità in termini di trasparenza, accesso ai dati in tempo reale, semplificazione e lotta all’evasione. L’importante – ha concluso Miani – è non trasformare le opportunità in tragedie di massa”.

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