La disciplina delle procedure concorsuali deve essere riformata. La riscrittura di una materia così delicata e centrale per la vita economica del Paese non può però avvenire in maniera frammentata, disordinata e con interventi occasionali. I commercialisti sono pronti ad assistere Governo e Parlamento nella fase di revisione del sistema, ma è indispensabile che la politica manifesti quella volontà di fare le cose con organicità e sistematicità che finora è mancata, abbandonando per sempre l’approccio episodico ed emergenziale. Tanti, troppi sono infatti i cantieri aperti da cui passa la riforma.
Dopo la manovra della scorsa estate che ha visto la declinazione delle proposte e delle offerte concorrenti, oltre a significative modifiche sulle diposizioni vigenti (D.L. n. 83/2015), un tentativo di riforma organica è stato effettuato dalla Commissione Rordorf. Il gruppo di lavoro, istituito dal ministero della Giustizia all’inizio del 2015, ha terminato i suoi lavori il 29 dicembre dello stesso anno con la predisposizione di uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle crisi di impresa e dell’insolvenza. Testo, quest’ultimo, che il Consiglio dei Ministri ha approvato il 10 febbraio 2016 e che sta lentamente iniziando il suo cammino parlamentare alla Camera (AC n. 3671).

Recentemente è stato pubblicato anche il decreto legge n. 59 del 3 maggio 2016 con misure, tra l’altro, volte ad incidere, per un verso, sulla disciplina della revoca del curatore che non rispetti i termini per la predisposizione del progetto di riparto e, per altro verso, sulle regole di funzionamento del comitato dei creditori.
Da ultimo, non va dimenticato che al Senato è in discussione un disegno di legge recante modifiche al Codice civile ed al concordato preventivo (AS n. 2211), con interventi sui compensi dei curatori, sul rafforzamento della revocatoria fallimentare e sull’esclusione della prededuzione per gli onorari dei professionisti impegnati nell’assistenza del debitore in caso di concordato dichiarato inammissibile (o quando alla domanda prenotativa non faccia seguito la presentazione del piano, o ancora in caso di rinuncia del proponente).

«Si tratta di una situazione confusa, caratterizzata da un’alluvione normativa che non gioverà al sistema, ma darà origine ad una stratificazione di provvedimenti disomogenei e disarticolati», osserva Maria Rachele Vigani, consigliere nazionale della categoria delegata alla materia, «nonostante la proposta elaborata dalla Commissione Rordorf rappresenti un tentativo di riforma omogeneo, completo e condiviso con le Istituzioni, le categorie professionali ed i rappresentanti di imprese e creditori, che dovrebbe conoscere esiti positivi. In linea generale, se ne condivide l’impostazione in quanto in essa si tenta di dare coerenza e unità sistematica ai numerosi interventi sparsi in leggine di settore o recepite nella legge fallimentare in tempi diversi. Anche nella Rordorf restano però alcuni passaggi che sono per noi “critici”».

Tra questi la previsione che “sacrifica” il concordato liquidatorio rispetto al concordato con continuità, relegandolo a misura residuale ogni volta in cui vengano assicurate risorse che incrementino in modo apprezzabile l’attivo (tali cioè da rendere maggiormente conveniente per i creditori la procedura concorsuale rispetto alla liquidazione ordinaria). Secondo il CNDCEC, infatti, «i dati evidenziano che anche il concordato liquidatorio (specie se misto) ha dato prova di buoni risultati». Così come il cosiddetto “progetto Common”, introdotto per conseguire massima trasparenza ed efficienza delle operazioni di liquidazione dell’attivo. A parere della categoria, «le operazioni di liquidazione nell’ambito del mercato unitario telematico nazionale, infatti, non sarebbero affatto semplificate, né poco dispendiose».

La misura ritenuta più problematica resta però quella recata dall’articolo 6, comma 1, lettera f) del disegno di legge delega, laddove si stabilisce il criterio generale di determinazione dei poteri del Tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo facoltà di verificare nel merito la realizzazione economica dello stesso. «Si tratta di un’opzione non condivisibile», ammonisce Vigani, «che segnerebbe un ritorno al passato, anche a fronte di una pronuncia delle Sezioni Unite piuttosto chiara al riguardo: spetta all’attestatore il giudizio di fattibilità economica del piano o dell’accordo, in virtù della professionalità specifica che egli vanta. Qualsiasi differente previsione costringerebbe il Tribunale, ancorché sezione specializzata, a dover nominare un CTU per esprimere valutazioni prognostiche circa la fattibilità del piano e la veridicità dei dati aziendali. Non si condividono, infine, ipotesi volte a creare nuovi albi all’interno di categorie professionali già regolamentate dal nostro ordinamento».

Sempre a proposito del disegno di legge delega, è positivo il commento della categoria sulle misure che riguardano la procedura di allerta e composizione della crisi, con un rafforzato ruolo degli Organismi di composizione (OCC). «È giusto evidenziare che la definitiva formulazione del disegno di legge recepisce, in larga misura, le proposte del CNDCEC», aggiunge Felice Ruscetta, consigliere nazionale delegato alle materie concorsuali. Si tratta, a ben vedere, di tre differenti procedimenti (o sub procedimenti): uno strettamente negoziale, gestito dalla sezione specializzata che verrà istituita presso gli Organismi di composizione della crisi, di cui alla legge n. 3/2012; i restanti due, di allerta vera e propria, intesa come procedura di segnalazione e di tempestiva emersione di segnali (sintomi) di crisi».

Con riferimento alla procedura di composizione della crisi, la delega elimina termini fuorvianti o quanto meno ambigui che riecheggiavano recenti modifiche avvenute nell’ambito degli istituti di Adr (vale a dire il “wording”, riconducibile alla negoziazione assistita, materia che non rientra tra le competenze degli OCC, che sarà sostituito con il riferimento alle trattative).
Mentre, per quanto concerne la procedura di composizione della crisi vera e propria – quella gestita dagli organismi di composizione negoziale – il CNDCEC esprime soddisfazione rispetto ai contenuti del disegno di legge n. 3671: «Si è delineata una procedura che potrebbe enfatizzare la necessità di acquisire professionalità adeguate e preparate nella gestione delle crisi di imprese, anche se alcune perplessità sorgono in merito al meccanismo di chiusura della procedura, che vede la ricomparsa di un nuovo professionista attestatore della situazione patrimoniale del debitore nel caso in cui il tentativo di composizione fallisca;», chiosa Ruscetta, «all’allerta sarà dedicata un’apposita sezione specializzata dell’OCC, che avrà un ruolo centrale nel sistema di composizione della crisi.

Riteniamo che solamente l’istituzione di sezioni specializzate, in cui risultino iscritti professionisti con competenze specifiche nella materia aziendale e nelle materie giuridiche, possa garantire il funzionamento del meccanismo di emersione anticipata della crisi».
È opportuno ricordare che l’invito ad una riforma organica della disciplina dell’insolvenza, che in Italia trova le sue fondamenta in una legislazione del 1942, arriva anche a livello internazionale, soprattutto da parte dell’Unione Europea (raccomandazione n. 2014/135/UE della Commissione del 12 marzo 2014 e regolamento UE 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, varato il 20 maggio 2015). Sollecitazioni analoghe pervengono pure dai princìpi della model law, elaborati in tema di insolvenza dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (Uncitral), alla quale hanno partecipato i rappresentanti di molti Paesi anche in ambito extraeuropeo (tra cui gli Stati Uniti d’America). Un set di regole e prassi operative che, in caso di recepimento, garantirebbe il riconoscimento reciproco dei provvedimenti giurisdizionali emessi dai giudici dei rispettivi Paesi.

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