I commercialisti italiani, in sostanziale sintonia con la professione a livello mondiale, consolidano il proprio ruolo come consulenti di fiducia delle PMI. Questo un primo spaccato che emerge dai risultati del sondaggio globale sui piccoli e medi studi professionali, condotto dall’IFAC (International Federation of Accountants). Per il quinto anno consecutivo, con questa iniziativa rivolta ai professionisti di tutto il mondo, l’IFAC presenta un quadro aggiornato delle principali opportunità e sfide che i piccoli e medi studi di commercialisti e le pmi loro clienti si trovano ad affrontare a livello globale.
“La salute del settore delle PMI rappresenta un barometro della vitalità dell’economia di una nazione nonché del commercio a livello globale”. Questo è il motivo per cui Fayezul Choudhury, il CEO di IFAC, guarda con attenzione ai dati sulle PMI emersi da questo sondaggio. Secondo Choudhury, infatti, uno degli obiettivi di IFAC è supportare tali attività economiche attraverso gli organismi membri, quali il Consiglio nazionale dei commercialisti (CNDCEC), e contribuire così a sostenere la stabilità e la crescita.

Il sondaggio si è svolto tra ottobre e novembre 2015 ed è stato presentato in 22 lingue (inclusa la traduzione in italiano del CNDCEC) raccogliendo 6.725 risposte in 169 paesi. Le aree geografiche maggiormente rappresentate nelle risposte sono l’Europa, con il 41%, seguita da Asia (26%) ed Africa (15%). Rispetto ai singoli paesi, l’Italia anche quest’anno ha contribuito significativamente al sondaggio, risultando il secondo Paese europeo con il maggior numero di risposte (392, ossia il 6% del totale). Il 45,7% dei partecipanti è rappresentato da studi individuali ed il 30,4% da studi con non più di cinque soci o collaboratori. A livello internazionale, invece, le percentuali sono rispettivamente il 39% e il 32%. A motivo della maggiore partecipazione di alcune aree geografiche rispetto ad altre, è opportuno segnalare che i risultati potrebbero riflettere in maniera più accentuata le caratteristiche di una parte della popolazione degli studi professionali a livello globale o di una singola area geografica.

Di seguito si riportano in sintesi i dati più rilevanti emersi dal sondaggio, a livello mondiale e con riferimento alla specifica situazione italiana. Il documento con i risultati riguardanti l’Italia, tradotto dal CNDCEC, è pubblicato sul sito www.commercialisti.it, mentre i risultati completi del sondaggio sono presentati nella pubblicazione IFAC Global SMP Survey – 2015 Results presente sul sito del CNDCEC e sul sito di IFAC.

La prospettiva dei professionisti sulle PMI
Complessivamente, i professionisti coinvolti nel sondaggio prestano i loro servizi a più di ottocentomila clienti, dei quali dunque conoscono bene l’attività ma anche le principali difficoltà. Per il 2015 queste sono state rappresentate soprattutto dall’incertezza economica (61%) e dall’aumento dei costi (58%). In Italia, al primo posto nella classifica delle preoccupazioni delle imprese di minori dimensioni, c’è l’incertezza economica (81,4%), seguita dalla difficoltà di accedere al credito (77,3%), dai costi crescenti (67,4%) e dalla concorrenza (67,1%). Ai fini delle percentuali, sono stati considerati coloro che hanno qualificato la difficoltà come “alta” o “molto alta”.

Il sondaggio 2015 ha introdotto due nuovi quesiti sulle PMI. Il primo riguarda la specifica attività in ambito internazionale eventualmente svolta dalle piccole e medie imprese. In 74 casi su 100, le attività delle PMI si concentrano sull’import/export. In Italia tale rapporto sale a circa 93 imprese su 100. Il secondo riguarda invece il confronto tra il fatturato delle PMI nel 2015 e nel 2014: il 41% delle PMI assistite dai commercialisti a livello mondiale ha registrato una diminuzione del fatturato, in particolare in Medio Oriente e in Asia, mentre per il 31% delle imprese si è registrato un aumento, soprattutto in Africa e nell’America Centrale e Meridionale. In Italia il quadro è decisamente diverso in quanto, su 100 imprese, 60 hanno assistito ad una riduzione del proprio fatturato nel corso del 2015 e solo l’11,5% l’ha visto aumentare.

Le maggiori difficoltà per i commercialisti
La ricerca di nuovi clienti (47%) ed il doversi tenere al passo con nuovi regolamenti e leggi (44%) rappresentano le due maggiori sfide per gli studi di commercialisti in tutto il mondo. Ulteriori difficoltà molto sentite sono l’esigenza di differenziarsi dalla concorrenza (43%) e la spinta al ribasso dei compensi (41%). Considerando l’area geografica di provenienza, i continui sviluppi normativi rappresentano una grossa sfida soprattutto per gli studi professionali del Centro e Sud America (63%) e dell’Europa (54%), con una tendenza confermata rispetto ai risultati del 2014, ma anche in Nord America (41%) ed in Oceania (44%). La ricerca di nuovi clienti è risultata una grossa preoccupazione in Medio Oriente (56%) ed in Africa (51%) anche se, in quest’ultimo continente, la preoccupazione maggiore è costituita dall’aumento dei costi (56%).

Anche in Italia tenere il passo con la nuova normativa e regolamentazione si impone come la preoccupazione maggiore per il 70,2% dei commercialisti, considerando coloro che hanno qualificato la difficoltà come “alta” o “molto alta”. Seguono l’esigenza di differenziarsi dalla concorrenza (60,4%), il ritardo nei pagamenti degli onorari (57,4%) e la ricerca di nuovi clienti (56,4%).

Come nel 2014, anche nel 2015 la regolamentazione e la concorrenza sono i fattori di contesto considerati con maggiore attenzione, in quanto si prevede un loro impatto significativo sull’attività professionale nell’arco dei prossimi cinque anni. Per questo arco temporale, in Italia, pur confermandosi la rilevanza del contesto normativo (64,5%) si impone anche con criticità l’esigenza di far fronte ed adeguarsi alle nuove richieste dei clienti (66,4%). Una notevole rilevanza assume anche la questione dell’immagine e del ruolo della professione come interlocutore qualificato per le istituzioni, che viene segnalata dal 53,1% dei professionisti italiani, rispetto a un dato generale dei professionisti a livello mondiale del 35%. Inoltre, sempre a livello internazionale, si può osservare che la credibilità della professione è identificata come un fattore critico soprattutto tra gli studi di dimensioni minori (si osserva infatti un progressivo aumento del valore percentuale, partendo dal 27% degli studi con più di 21 collaboratori fino al 38% dei titolari unici).

Risultati e prospettive future degli studi di commercialisti
È stato chiesto ai commercialisti di indicare se il fatturato dell’anno 2015, rispetto al 2014, fosse aumentato o diminuito nelle singole aree di attività. Dai risultati emerge, da una parte, un aumento del fatturato proveniente dai servizi di consulenza (32%) e, dall’altra, una diminuzione dei servizi di revisione ed assurance (per il 28% dei commercialisti). Nel nostro Paese sono invece diminuiti i servizi di tenuta della contabilità (39,8%) e quelli di revisione (35,2%), mentre sono aumentati quelli di consulenza (29,1%). Approfondendo l’attività svolta da coloro che hanno risposto al sondaggio, la consulenza dei commercialisti italiani è richiesta soprattutto per fusioni, valutazioni e due diligence (58,2%) e solo in second’ordine per la pianificazione fiscale (39,3%), che costituisce invece il servizio di consulenza maggiormente richiesto a livello mondiale (52%).

Considerando le prospettive per il 2016, il trend “ottimistico” osservato nel 2014 si è di fatto ridotto. Le previsioni dei commercialisti a livello mondiale per il 2016 presentano un quadro più conservativo, con aumenti per una fascia di studi professionali che va dal 35% al 44%, rispetto allo stesso dato nel 2014 (dal 39% al 50%). Nelle previsioni, i servizi di consulenza aziendale (44%) costituiscono l’area di attività che contribuirà maggiormente ad accrescere il fatturato dei professionisti per l’anno 2016. Anche in questo caso si tratta di un dato complessivo che unisce coloro che hanno risposto che questi servizi sarebbero “cresciuti moderatamente” e “cresciuti in modo significativo”. Anche per l’Italia ci si attende una crescita soprattutto dei servizi di consulenza nel 2016 (per il 28,5%) ed una riduzione dei servizi di tenuta della contabilità (per il 36,7%).

Solo il 28% dei professionisti fa già parte di un network, un’associazione od un’alleanza, mentre circa il 24% sta valutando se optare per questa scelta. Le percentuali scendono a 22,7% e 20,7% nel caso italiano. Coerentemente con i risultati del 2014, l’apertura ad un network è stata segnalata principalmente dagli studi di maggiori dimensioni e con clientela internazionale. Interrogati sui vantaggi che se ne possono trarre, i professionisti a livello mondiale indicano la possibilità di attrarre nuovi clienti (36%) e di ampliare i servizi già offerti ai clienti esistenti (34%). I professionisti italiani sono in linea con tali indicazioni, cui assegnano rispettivamente l’81,2% e il 56,5% di preferenze. Tuttavia è interessante notare che, per i nostri professionisti, un valido motivo per affiliarsi è il poter ricorrere ad assistenza tecnica e gestionale per le attività dello studio, intendendosi anche la condivisione di metodologie, software e manuali comuni: infatti il 51,2% dei commercialisti ha risposto in tal senso, rispetto ad un corrispondente dato internazionale del 30%.

Per maggiori informazioni sull’attività dello “Small and Medium Professional Practices Committee” (SMPC) di IFAC e per visionare i risultati completi del presente e dei passati sondaggi, è possibile consultare la pagina web www.ifac.org/SMP. Per informazioni sui dati italiani delle passate edizioni del sondaggio e sulle attività internazionali per i professionisti, inviate una richiesta a traduzioni@commercialisti.it.

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