“L’urgenza di approvare il testo prima della chiusura della legislatura ha fatto purtroppo perdere l’occasione di migliorare ulteriormente l’impianto complessivo di una riforma comunque importante per il nostro Paese. Ha prevalso un’ottica punitiva sull’amministratore giudiziario che, nell’ambito del ridotto numero di incarichi, sarà chiamato a gestire i beni in assenza di “reti di protezione” e con un bagaglio normativo privo di strumenti gestionali efficaci”. E’ quanto affermano i due consiglieri nazionali dei commercialisti delegati alle funzioni giudiziarie, Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, commentando l’approvazione del nuovo codice antimafia, avvenuta la scorsa settimana. “Nel corso del lungo iter parlamentare del testo – spiegano i due consiglieri – ci siamo sempre battuti affinché la riforma rispondesse a logiche di concreto ed efficace funzionamento complessivo del sistema. Su questo fronte il nostro impegno proseguirà e da questo punto di vista apprezziamo l’impegno del Sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli, che ha recentemente espresso un giudizio positivo sulle nostre proposte di modifica al testo, affermando che potranno essere recepite in futuro”.

“Siamo convinti – affermano – che l’aggressione al patrimonio sia un fondamentale mezzo di contrasto, anche alla criminalità organizzata, assai più incisivo delle pene detentive. La riforma approvata, però, è molto incentrata sulla fase di destinazione dei beni confiscati, tralasciando ciò che avviene prima della confisca, durante la importantissima fase di gestione dei beni”.

Mancano del tutto, secondo i commercialisti, norme che dal sequestro, transitando per la delicatissima fase di esercizio provvisorio, consentano di “traghettare efficacemente la gestione “per conto di chi spetta” verso la confisca o la restituzione all’avente diritto, supportando gli attori del procedimento, ossia il Giudice Delegato e l’amministratore giudiziario”. La categoria denuncia anche “la mancanza di norme di agevolazione fiscale, bancaria e giuslavoristica delle imprese sequestrate e confiscate (rinviandosi su tale ultima tematica ad un successivo decreto attuativo) e quella di una disciplina che consenta la regolarizzazione amministrativa dei beni dal punto di vista urbanistico-catastale, dei condoni, della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Giancola e Tedesco criticano inoltre “l’approvazione della norma nota come “ammazza amministratori giudiziari” che limita a tre gli incarichi aziendali introducendo delle evidenti disparità di trattamento con altri professionisti (es. curatori fallimentari, custodi, etc)”. “Questa previsione – commentano – oltre ad offrire spunti di incostituzionalità ed illogicità, risulta fortemente penalizzante per il professionista che debba specializzarsi. Un numero limitato di incarichi, certamente non può agevolare la settorializzazione della professione che, oltre alla specializzazione professionale, presuppone anche un’articolata e costosa struttura organizzativa di supporto”.

Desta la perplessità della categoria anche la nuova disciplina che consente di nominare amministratore giudiziario di “aziende di straordinario interesse socio-economico” i dipendenti della società pubblica Invitalia S.p.A. nonché di scegliere per il medesimo ruolo i dipendenti dell’Agenzia dei beni confiscati. “Riteniamo – affermano Giancola e Tedesco – che stante l’elevato tecnicismo della materia, l’amministratore giudiziario debba essere un libero professionista qualificato quale il dottore commercialista e non possa coincidere con un dipendente pubblico e/o di una società partecipata”.

È diventata poi legge la proposta emendativa formulata dai commercialisti (art. 35-bis) che consente di escludere la responsabilità civile dell’amministratore giudiziario, del coadiutore e dell’amministratore della società sequestrata, per gli atti di gestione compiuti nel periodo di efficacia del provvedimento di sequestro (comma 1°) e che introduce una moratoria di sei mesi per i controlli della pubblica amministrazione consentendo al contempo all’amministratore giudiziario di sanare eventuali situazioni irregolari riscontrate.

“Si tratta – concludono Giancola e Tedesco – di una norma a tutela della categoria importantissima ma “monca”, giacché la proposta dei Commercialisti ne estendeva l’applicazione anche alla responsabilità penale. Sul punto ci aspettiamo dalla politica una seria riflessione giacché come sovente accade, l’amministratore giudiziario viene calato in un contesto ambientale e operativo rischioso e delicato senza le adeguate “reti di protezione” e in tale contesto viene chiamato a rispondere, anche penalmente, per condotte poste in essere in precedenza dai soggetti destinatari della misura”.

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