Depenalizzazione di quasi tutte le fattispecie; semplificazione degli obblighi di registrazione con la soppressione del registro dei professionisti; alleggerimento del carico sanzionatorio. Questi sulla carta i principi cardine oggetto della revisione della normativa di prevenzione del riciclaggio (e del finanziamento al terrorismo internazionale). Solo sulla carta però, perché nella realtà si attende da tempo una revisione della legge antiriciclaggio (dlgs 231/2007) con l’attuazione di tali principi che tarda ad arrivare, arenata nelle stanze del dipartimento del Tesoro. Nel frattempo, però, l’Europa non è stata a guardare e ha appena approvato, pubblicandola in Gazzetta Ufficiale, la quarta direttiva europea relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, chiedendo ai Paesi membri di recepirla entro il 2017.
Eppure quel tavolo tecnico istituito presso il ministero dell’Economia, presieduto dal sottosegretario Enrico Zanetti e composto da rappresentanti del ministero della Giustizia, Guardia di Finanza, Uif (Ufficio informazione finanziaria), notai, avvocati e commercialisti aveva fatto ben sperare, sia nei tempi che negli obiettivi: ridisegnare il sistema sanzionatorio e di monitoraggio degli adempimenti richiesti dai professionisti. Il tutto considerando che la normativa attuale non ha mai portato i risultati sperati.

I limiti della attuale normativa
Il principio guida è chiaro: sebbene la normativa antiriciclaggio rappresenti una pietra miliare nel tentativo di radicare la cultura della pulizia del denaro, la sua applicazione nei confronti dei professionisti in quasi dieci anni di operatività ha denunciato, da subito, limiti e contraddizioni evidenti. Troppi adempimenti, talvolta duplicati, troppe sanzioni per violazioni formali, e con forte connotazione punitiva anche in ambito penalistico e, in definitiva, l’inevitabile effetto di produrre un numero di segnalazioni scarno e per di più con limitati effetti di rappresentazione reale e realistica del fenomeno.

Alcuni numeri
Secondo i dati forniti annualmente dalla Guardia di Finanza relativi alla lotta al riciclaggio nel 2014 ad opera del Nucleo speciale polizia valutaria, che recepisce dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, sono state oltre 85mila le operazioni sospette arrivate. Di queste, oltre 28mila sono divenute oggetto di approfondimento investigativo. Al termine dello screening effettuato dalla Guardia di Finanza sul territorio nazionale, delle 85.581 segnalazioni analizzate, sono stati 28.352 i casi di approfondimento investigativo. Il grosso delle operazioni sospette è scaturito da anomalie riscontrate dagli operatori sul mercato: innanzitutto nell’utilizzo del contante (nel 19,36% dei casi); in secondo luogo, nell’operatività posta in essere da soggetti indagati (8,22%); e, a seguire, nella reiterazione di operatività già segnalata, nell’impiego anomalo delle carte prepagate e nell’utilizzo di conti personali e non d’impresa. Ma chi ha segnalato? L’82,72% delle segnalazioni è giunto dalle banche, mentre il 12,95% è avvenuto ad opera degli intermediari finanziari. Raddoppia il peso delle segnalazioni da parte dei professionisti che, ciò nonostante, rappresentano solo il 4,66% del totale. In merito alle 75.877 segnalazioni trasmesse dall’Uif, oggetto di approfondimento, il 99,87% ha riguardato fenomeni di riciclaggio, per un totale di attività segnalate di oltre 150 miliardi di euro.

Il perché di una modifica
Gli addetti ai lavori sono concordi nel considerare il sistema sanzionatorio contenuto nella normativa in vigore poco orientato alla reale attività svolta dai professionisti in materia di monitoraggio e segnalazione delle operazioni ritenute sospette.
Il tavolo tecnico, operativo dallo scorso ottobre, aveva infatti l’obiettivo principale di rivedere il sistema sanzionatorio sia per depenalizzare le fattispecie contraddistinte da un mero inadempimento formale (limitando la comminazione della sanzione penale ai soli casi di utilizzo di dati o documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti da parte del professionista), sia per modificare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste in relazione alle singole fattispecie. Il tutto rimodulando in maniera più puntuale la sanzione, rapportandola al grado di responsabilità e alla capacità patrimoniale della persona fisica o giuridica autrice della violazione.
Ma una delle prime bozze prodotte da quel tavolo non è andata giù alle categorie professionali.
La ragione? Semplice: la depenalizzazione degli errori formali, da sanzioni penali ad amministrative, aveva come contropartita un aumento sostanziale delle sanzioni pecuniarie.
In sostanza se le sanzioni penali sono restate solo sulle condotte fraudolente, gli importi sono invece lievitati non poco. Basti pensare, per esempio, che con l’attuale normativa gli estremi della sanzione per un determinato comportamento – come l’omessa adeguata verifica – andavano da una forbice minima di 2.500 euro a una massima di 10mila nella bozza, mentre nella nuova ipotesi di bozza tale importi risultano notevolmente superiori.
Lo stesso vale per l’omessa segnalazione, oggetto di una previsione sproporzionata anche rispetto alla disposizione attualmente vigente (l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria comminata al professionista che ha omesso la segnalazione deve individuarsi tra l’1 e il 40% dell’importo dell’operazione non segnalata), già ritenuta eccessivamente elevata per i professionisti, considerata la loro realtà dimensionale (per struttura, organizzazione e capacità patrimoniale) rispetto a quella di altri soggetti destinatari della normativa.
E quello delle sanzioni non è un particolare di poco conto. Secondo Attilio Liga, consigliere nazionale dei commercialisti con delega all’antiriciclaggio, infatti, «uno dei punti deboli, in termini di efficacia, della normativa antiriciclaggio è costituito proprio dalla comminazione di sanzioni pecuniarie ingenti, a fronte di illeciti di scarso disvalore giuridico, perché scaturiscono da inadempimenti di natura formale». Per questo, la rideterminazione degli importi delle sanzioni individuati nella bozza di articolato proposto dal Mef non è stata reputata adeguata al conseguimento degli obiettivi. «Gli importi delle sanzioni previsti – molto più elevati, nei minimi e massimi edittali, rispetto a quelli attualmente individuati dalla normativa – non appaiono proporzionali alla gravità delle condotte. E questo, se confermato nel testo definitivo, rischia di vanificare l’intervento di revisione».
Oltretutto le sanzioni non tengono conto delle differenze tra un singolo professionista o – per esempio – un istituto bancario, visto che la norma parla di persona fisica in senso ampio. Dimenticando però che la realtà degli studi professionali di piccole e medie dimensioni non è paragonabile a quella degli istituti bancari e degli altri soggetti cui la normativa antiriciclaggio era destinata originariamente e l’irrogazione di una sanzione, per l’ipotesi di omessa segnalazione di operazione sospetta, può avere pesanti ricadute sulle sorti stesse dell’attività professionale.
Secondo i professionisti coinvolti (notai e avvocati, oltre che commercialisti), con un innalzamento delle sanzioni di questo tipo si tradisce uno degli obiettivi dichiarati del tavolo tecnico e cioè la adeguatezza della sanzione rispetto alla tipologia del soggetto verso il quale la stessa è applicata, in virtù di quel principio generale di proporzionalità sancito dall’art. 3 del dlgs 231/07. Nel sistema delineato dalla riforma, oltretutto, le sanzioni amministrative riguarderebbero esclusivamente i comportamenti negligenti e colposi, poichè – per il principio di specialità – i comportamenti dolosi e fraudolenti sono puniti dalle nuove sanzioni penali previste: le relative entità appaiono, a maggior ragione, del tutto sproporzionate rispetto alla gravità dei fatti, al disvalore della condotta e soprattutto alle potenzialità economiche degli studi professionali destinatari (specie quelli di piccole dimensioni).
Per questi motivi la bozza è tornata nuovamente all’esame del Tesoro, su espressa richiesta del sottosegretario Zanetti, affinché si provveda ad una riformulazione delle sanzioni, anche e a maggior ragione tenendo conto di quanto prevede il testo della quarta direttiva, che propone di fornire una vasta gamma di misure e sanzioni amministrative tali da consentire agli Stati membri e alle autorità competenti di considerare le differenze tra i diversi soggetti tenuti al rispetto degli obblighi antiriciclaggio in termini di dimensioni, caratteristiche e settori di attività.

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