Che per ora la ripresa non bagna fino in fondo le coste campane ne è convinto anche Ambrogio Prezioso, presidente dell’Unione industriali di Napoli . «Se l’Italia in tredici anni ha perso 120 mila imprese con un milione 150 mila occupati », afferma, «la crisi è stata più grave nel Mezzogiorno. Secondo i dati Svimez, infatti, il 70% dei disoccupati generati negli anni della crisi è meridionale, mentre il tasso di partecipazione al lavoro è pari al 40% rispetto al 64% del Nord. Il tasso di occupazione femminile, invece, con il suo 33% è inferiore non solo al 50% circa del Centro-Nord, ma anche al 43% della Grecia». Cosa fare allora per ripartire? «Dobbiamo rimuovere gli ostacoli che frenano lo sviluppo», continua il presidente degli industriali, «come l’eccesso di burocrazia, il peso esorbitante del fisco, un asfissiante cuneo fiscale, l’inefficienza della giustizia civile e il costo dell’energia. In particolare, per il nostro territorio, una grande opzione di sviluppo è rappresentata dalla valorizzazione dei giacimenti culturali, in una visione che integri industria della cultura, turismo e ambiente. Inoltre, bisogna partire dalla ripresa del manifatturiero per il cui successo l’innovazione è la leva fondamentale di sviluppo. Occorre dunque una politica che promuova e sostenga l’innovazione perché il fatturato delle aziende innovatrici ed esportatrici è cresciuto nel 2014 dell’1,2% mentre quello delle aziende meno dinamiche si è attestato intorno allo 0,3%».

Per questo motivo, Unindustria di Napoli punta a far comprendere a quelle imprese che ancora non lo hanno fatto l’importanza di trasformarsi in pmi innovative ovvero in soggetti economici con forti potenzialità di crescita che possono imprimere rapidamente un impulso determinante alla capacità competitiva dell’Italia. In questo cambiamento, però, non basta affidarsi alla lungimiranza e al proattivismo delle singole aziende o delle filiere produttive, ma è fondamentale il ruolo del commercialista che, sfruttando le policy a supporto dell’innovazione delle pmi previste dall’Investment Compact, è in grado di veicolare le agevolazioni fiscali e le semplificazioni che puntano a valorizzare le piccole e medie imprese innovative.

Non a caso, nelle scorse settimane, si è tenuta a Napoli la terza tappa di #Territoridigitali, il roadshow nazionale con cui Confindustria Digitale si propone di avviare un’azione sistemica per stimolare e aiutare le pmi italiane a intraprendere un percorso di innovazione tecnologica e crescita competitiva. L’iniziativa itinerante – che ha già interessato Trieste e Reggio Calabria e che fino al 2016 toccherà numerosi comuni italiani in diverse regioni – è stata caratterizzata da un approccio strettamente operativo, finalizzato ad aiutare imprenditori e manager a capire come trasformare la propria azienda in un’impresa digitale, anche attraverso la discussione su diverse tecnologie innovative capaci di cambiare il modo di fare business.
Oltre che sull’innovazione, gli industriali di Napoli puntano, in collaborazione con l’Università Federico II, sulla formazione per permettere ai giovani di avvicinarsi più velocemente e consapevolmente al mondo del lavoro, in una provincia con uno dei tassi di disoccupazione più alti in Italia.

«In una società sempre più caratterizzata da un’economia basata sulla conoscenza e l’informazione», concludono gli industriali, «dove il sapere diventa fattore di produzione economica ed opportunità di crescita sociale, una formazione più innovativa, aperta, costruita sulle competenze, una formazione che riconosca il valore del know-how delle imprese e che, attraverso la ricerca, favorisca la competitività, rappresenta sicuramente un contributo determinante per l’occupazione dei giovani, la produttività delle imprese ed il rilancio dell’economia».

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