I commercialisti dicono no ad una ripetuta e frammentata manutenzione di una materia tanto delicata come quella concorsuale. Il decreto legge n. 83/2015 predisposto dal Governo, pur contenendo alcune misure condivisibili volte ad una generale migliore soddisfazione dei creditori, presenta «significative criticità» sia nel metodo, sia nei contenuti. Al punto che il Consiglio nazionale ha inviato nei giorni scorsi alla commissione Giustizia della Camera, ove il provvedimento è all’esame per l’iter di conversione, un documento che avanza numerose proposte di modifica.
«Riteniamo sbagliato questo continuo proliferare di provvedimenti sulla legge fallimentare, peraltro emanati a poca distanza gli uni dagli altri», spiega Maria Rachele Vigani, consigliere nazionale della categoria delegata alla materia. «Data la difficile congiuntura della nostra economia, la materia concorsuale in questo momento è vitale per il Paese. Andrebbero garantite certezza e stabilità delle norme. Invece riscontriamo un susseguirsi di interventi spot che non fanno altro che aumentare i dubbi e la discrezionalità tra chi, professionisti e magistratura in primis, è chiamato quotidianamente a interpretare e applicare tali disposizioni».
Il DL 83/2015, peraltro, è intervenuto proprio mentre presso il ministero della Giustizia un’apposita commissione di esperti stava ultimando i propri lavori per redigere una legge delega di riforma della materia. «Questo intervento a più mani comporta il rischio di accavallamenti e disomogeneità operative», prosegue Vigani. «Nel testo, in taluni casi, si continua a confondere crisi (concetto aziendalistico) e insolvenza (concetto giuridico); in altri vengono lesi i diritti dei creditori minori; in altri ancora viene eliminata la figura autonoma e indipendente – per noi indispensabile – dell’attestatore. Insomma, riteniamo ci sia molto da fare per migliorare il decreto legge e arrivare a quegli obiettivi che noi per primi riteniamo condivisibili».
Considerazioni critiche sono arrivate dal Consiglio nazionale dei commercialisti anche per quanto riguarda le modifiche all’art. 28 della legge fallimentare, laddove viene introdotto il concetto di «adeguatezza della struttura organizzativa e di risorse» del curatore per l’assunzione dell’incarico al fine del rispetto dei tempi previsti nel programma di liquidazione. «Tale intervento va a penalizzare in maniera significativa molti colleghi, soprattutto i più giovani», aggiunge Felice Ruscetta, consigliere nazionale delegato alle materie concorsuali. «In questo modo si va esattamente nella direzione opposta alla strada che stiamo cercando di percorrere, finalizzata ad una consulenza di sempre maggiore qualità ed alla specializzazione. Come Consiglio nazionale abbiamo approvato un importante progetto sulle scuole di formazione. Ma norme di questo tenore vanno a favorire le strutture organizzate, a discapito dei professionisti che non hanno grossi studi ma possiedono tutte le competenze e le conoscenze necessarie per portare avanti efficacemente la procedura».
Nel documento inviato alla commissione Giustizia di Montecitorio, perplessità vengono espresse pure sulla nuova disciplina in materia di proposte concorrenti nel concordato preventivo. L’articolo 2 del provvedimento, infatti, introduce la possibilità di dar seguito ad offerte concorrenti nell’ambito di un procedimento competitivo, qualora il commissario ritenga la proposta di acquisto dell’azienda presentata nel piano depositato dal debitore non corrispondente al miglior soddisfacimento dei creditori.
«In questo modo si va quasi ad espropriare delle sue facoltà l’imprenditore che presenta proposta», prosegue Ruscetta, «con il rischio che l’azienda possa essere acquisita da un creditore o che comunque le proposte concorrenti diventino un’arma di pressione sul soggetto in crisi. Tutto ciò ci appare in contrasto con le direttive Ue, oltre che di dubbia legittimità costituzionale».
In tale contesto, per restare fedeli all’obiettivo del legislatore, il Consiglio nazionale ha tuttavia proposto una riformulazione della norma, limitando la praticabilità delle offerte concorrenti ad alcuni casi specifici.
Da ultimo, ma non per importanza, nel documento trasmesso al Parlamento i commercialisti auspicano l’elaborazione di una disciplina autonoma per il concordato con continuità pura o di risanamento (inclusa l’ipotesi di “continuità mista”, cioè quando vi siano da liquidare beni fuori dal perimetro aziendale, non funzionali alla prosecuzione). «La procedura potrebbe chiamarsi “procedura di risanamento” al fine di distinguerla più nettamente dal concordato preventivo, che resterebbe come procedura concorsuale di carattere liquidatorio», propone il Consiglio nazionale. «L’obiettivo di fondo deve essere sempre quello di salvare le aziende e i posti di lavoro, non quello di chiuderle, seppur nel miglior modo possibile per i creditori».

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