“La presenza degli extracomunitari nel mercato del lavoro è evidentemente un tema politicamente delicato e critico nel nostro Paese e nel dibattito europeo. Ma si tratta anche di un tema che oltre a risposte politiche, che non ci competono, ha bisogno di risposte tecnico – professionali. Noi commercialisti viviamo quotidianamente presso le aziende e nei territori. Questo segmento consulenziale e di adempimenti correlati è presidiato dalla nostra professione in modo assolutamente rilevante e rappresenta un’area di specializzazione sulla quale il Consiglio nazionale dei commercialisti sta investendo. Questa nostra funzione essenziale necessita di un approccio coerente anche a livello legislativo che porti al suo pieno riconoscimento”. Lo ha affermato il presidente nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, nel suo indirizzo di saluto al Convegno nazionale della categoria dedicato al tema extracomunitari, che si concluderà domani a Roma. Miani ha sottolineato come “esistono ancora delle anomalie nell’assetto delle competenze e funzioni riconosciute alla nostra professione. Le nostre istanze e proposte di correttivi sono state presentate, ora aspettiamo le risposte della politica”.

I NUMERI DEI COMMERCIALISTI DEL LAVORO

Il presidente dei commercialisti ha ricordato come “da sempre la categoria si occupa di fatto e di diritto della materia del lavoro. Anzi, considerato che il Commercialista si occupa di tutti gli aspetti della consulenza aziendale quali strategie aziendali, organizzazione aziendale, accordi commerciali, politiche di bilancio, fiscali e tributarie, gestione della crisi aziendale, finanziamenti agevolati, egli può effettivamente prestare, in tale materia, non solo assistenza per quanto riguarda gli adempimenti, ma una vera consulenza di supporto per il management aziendale”.

“Non si ha sufficiente contezza dell’attività svolta dai Commercialisti in tale ambito – ha proseguito – e dell’utilità che deriva dal raccordo tra questa area di specializzazione con altre attività caratterizzanti che svolgono i nostri iscritti. Diversamente dai consulenti del lavoro che concentrano su questo segmento l’intera attività, nel caso nostro, è un segmento della consulenza aziendale e consente quindi un’efficace sinergia con le altre aree aziendali”.

I commercialisti che si si occupano di consulenza in ambito giuslavoristico sono circa il 25% dei quasi 119.000 iscritti. In base ai dati rilevati dall’INAIL, nel mese di luglio 2017 (ultimi dati ufficiali disponibili), i Commercialisti registrati nel sistema informatico dell’Istituto erano 29.743; le ditte attive da questi gestite (tramite delega all’Istituto) ammontano a 1.166.500 e per 946.818 è stata trasmessa la dichiarazione dei salari.

In base ai dati rilevati dall’INPS, i Commercialisti registrati nel portale dello stesso Istituto, come intermediari per le posizioni lavoratori dipendenti e parasubordinati, senza considerare quindi tutti i colleghi che si occupano di artigiani e commercianti, ammontavano a 22.264 e avevano in delega 1.100.809 posizioni.

EXTRACOMUNITARI RISORSA, MA TUTTI RISPETTINO LA LEGGE

Il focus della prima giornata di lavori del convegno è stato sulla presenza degli extracomunitari nel mercato del lavoro del nostro Paese. Secondo il consigliere nazionale delegato alla materia del lavoro, Roberto Cunsolo, “i dati diffusi nei mesi scorsi dal Ministero del lavoro dimostrano che gli stranieri nel mercato del lavoro italiano rappresentano un fenomeno sostanzialmente contenuto, che potrebbe essere governato in una prospettiva di maggiore sostenibilità per il sistema Paese. Bisogna quindi sgombrare il campo da approccio ideologico al tema migranti e lavorare per una piena integrazione. Allo stesso tempo, come commercialisti del lavoro, quotidianamente al fianco delle imprese, avvertiamo un malessere diffuso dovuto alla presenza di imprese fantasma, gestite anche da extracomunitari. Una situazione di irregolarità che va affrontata”.  “Gli imprenditori italiani, il popolo delle partite iva che ogni giorno lottano con la burocrazia e la pressione fiscale – ha proseguito – chiedono il rispetto delle regole. O, quantomeno, che siano uguali per tutti. Bisogna che la competizione sia leale. Per questo, noi proponiamo un deterrente contro il fenomeno delle imprese fantasma gestite da extracomunitari”. La proposta lanciata da Cunsolo è quella condizionare il permesso di soggiorno dell’imprenditore straniero, o del titolare di partita iva, al possesso della regolarità contributiva e dall’esistenza di condizioni lavorative dignitose oltre che rispettose degli standard di trattamento economico e normativo del nostro paese. “Nella lotta all’economia sommersa che ogni anno causa una emorragia irrefrenabile a quella regolare – ha concluso – la difficoltà nell’accertare fenomeni illegali non può essere una giustificazione nel tollerarli”.

Nella sua relazione, Cunsolo ha poi sottolineato come “il numero di ingressi di extracomunitari nel nostro Paese è inferiore alle effettive necessità e i decreti che si sono susseguiti con cadenza annuale non sembrano emanati con attenzione al funzionamento reale del mercato del lavoro”. Secondo il delegato all’era lavoro dei commercialisti “permane l’esigenza di una migliore programmazione dei flussi di ingresso per consentire un accesso regolare al mercato del lavoro. Questa dovrebbe essere accompagnata da politiche di tutela della legalità e di migliore integrazione dei lavoratori stranieri. Come è noto il fenomeno del caporalato resiste ancora come forma principe del mercato del lavoro in edilizia e, soprattutto, in agricoltura e colpisce in particolar modo i lavoratori migranti”.  “L’alta incidenza percentuale di lavoratori extracomunitari impiegati in agricoltura, edilizia e lavori domestici – ha concluso Cunsolo – conferma la tendenza dei lavoratori italiani al rifiuto di lavori maggiormente gravosi, oltre che sottoqualificati rispetto al proprio percorso formativo.  La presenza di lavoratori stranieri sta contribuendo ad alleggerire il rapporto tra popolazione in età pensionabile e popolazione in età lavorativa, con effetti positivi sulla tenuta del sistema pensionistico”.

 

 

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