Una “pagella fiscale” della XVII Legislatura di cui tener conto nei mesi a venire, chiunque sarà chiamato a governare il Paese. L’ha stilata la Fondazione nazionale dei commercialisti, analizzando le cifre della pressione fiscale nel quinquennio 2013 – 2017. Anni nei quali il carico fiscale esercitato sul PIL è passato dal 43,7% al** 41,9%**: una riduzione di 1,8 puntipercentuali che, sul PIL 2017 (pari a 1.717 miliardi di euro), si traduce in valori assoluti in una minore pressione fiscale pari a 30,4 miliardi di euro.

Nel dettaglio, la ricerca dei commercialisti evidenzia come le entrate tributarie che hanno fatto registrare le più significative riduzioni in termini di incidenza sul PIL sono state ovviamente quelle che, nel corso della Legislatura, sono state fatte oggetto di specifici interventi di riduzione del prelievo fiscale. Innanzitutto l’IRAP (- 0,85% sul PIL, pari a – 14,5 miliardi di euro), su cui influisce in particolare la sopravvenuta deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile. Poi l’IRPEF (- 0,82% sul PIL, pari a – 14,1 miliardi di euro), su cui influisce in particolare il “bonus 80 euro”. I contributi sociali (- 0,60% sul PIL, pari a – 10,3 miliardi di euro), sui quali influiscono in particolare gli incentivi del “pacchetto jobs act” riconosciuti nella forma di decontribuzione a favore dell’impresa. Infine, l’IRES (- 0,58% sul PIL, pari a – 9,9 miliardi di euro), su cui influiscono in particolare la riduzione dell’aliquota dal 27,5% al 24% e il pacchetto di incentivi di “Industria 4.0”.

Le riduzioni IRAP/IRPEF/IRES, sottolineano i commercialisti, sono in massima parte strutturali, mentre quella dei contributi sociali è riconducibile a provvedimenti una tantum.

Tra le entrate tributarie che, in controtendenza al dato complessivo, hanno evidenziato un trend di crescita in termini di incidenza sul PIL, si registrano l’IVA (+ 0,3% sul PIL, pari a + 5.2 miliardi di euro) e la cedolare secca sugli affitti (+ 0,5% sul PIL, pari a + 0,9 miliardi di euro), ma si tratta di aumenti connessi a positivi fenomeni di emersione e, per l’IVA, al cambiamento delle regole di riscossione (split payment), piuttosto che di inasprimento vero e proprio della tassazione.

Inasprimento della tassazione che si riscontra invece nel settore dei giochi (+ 0,5% sul PIL, pari a + 0,9 miliardi di euro) e soprattutto nel sottobosco della miriade di tributi minori e tariffe di regioni ed enti locali (+ 1,31% sul PIL, pari a + 22,5 miliardi di euro).

Nel complesso, dunque, le politiche fiscali portate avanti nella XVII Legislatura hanno ridotto la pressione fiscale esercitata sul PIL, ma con risultati fortemente asimmetrici rispetto alle diverse platee di contribuenti. Lo studio dei commercialisti evidenzia il saldo fortemente positivo per le imprese con una buona base occupazionale, per le quali è stato possibile fruire a pieno dei positivi interventi su IRAP, IRES e contributi sociali. Per i lavoratori dipendenti a basso reddito, che hanno potuto bilanciare l’inasprimento della tassazione locale con il “bonus 80 euro”, il saldo è invece più o meno in pareggio. Saldo tendenzialmente negativo, infine, per pensionatilavoratori autonomi e ceto medio in generale che ha subito l’inasprimento della tassazione locale senza alcuna apprezzabile contropartita, al netto della esenzione della prima casa dalla TASI.

Secondo il presidente del Consiglio nazionale della categoria, Massimo Miani, “si tratta di un quadro importante da avere chiaro per chiunque si troverà a governare nei prossimi mesi. In questo passaggio così delicato per il nostro Paese, non bisogna disperdere quanto di buono è stato fatto laddove è stato fatto, e bisogna impegnarsi per dare la giusta e doverosa priorità a interventi mirati verso chi è stato sino ad oggi trascurato”.

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