Arriva direttamente dalle tavole rotonde sul Made in Italy, all’interno del convegno nazionale  di Agrigento “Commercialisti e imprese. Un binomio per la crescita”, la proposta di creare un Albo per le imprese del Made in Italy, con accesso su richiesta delle stesse imprese interessate ed in possesso di determinati requisiti.

“L’istituzione dell’Albo”, ha affermato Achille Coppola, segretario del Consiglio nazionale dei commercialisti, “risponde all’esigenza di contribuire alla crescita e alla sostenibilità economica del Paese. L’Italia, infatti, ha un patrimonio culturale, turistico, della moda ed agrogalimentare che rappresenta una risorsa straordinaria per le imprese. Secondo la nostra proposta, le imprese interessate dovrebbero svolgere la propria attività nell’ambito della moda, del turismo, della cultura, dell’agroalimentare e in ogni altro settore in cui l’Italia eccelle, usufruendo di agevolazioni fiscali specifiche”.

I Commercialisti, da sempre impegnati nell’affiancare le piccole e medie imprese, si propongono quindi come interlocutori privilegiati nei confronti di un comparto così strategico per il futuro del Paese. Non solo per gli aspetti contabili, fiscali o doganali, ma anche e soprattutto per accompagnare le imprese e gli altri operatori economici del settore nel rivedere i propri modelli di business. Per questo motivo, il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento “Il Cluster Made in Italy”, che rientra nel progetto Attività d’impresa del CNDCEC per il rafforzamento dei contenuti specifici della professione.

Nella proposta dell’Albo per le imprese del Made in Italy, Fabio Cigna, componente del gruppo di lavoro Made in Italy” e consigliere dell’Ordine dei commercialisti di Cuneo ha avuto un ruolo significativo.  Le proposte che invece riguardano le agevolazioni finanziarie per il mondo produttivo sono state approfondite da Liliana Speranza, altro componente del suddetto gruppo di lavoro e consigliere dell’Ordine dei commercialisti di Napoli.

I REQUISITI

Secondo la proposta dei Commercialisti, le imprese che volessero accedere all’Albo del Made in Italy dovrebbero avere sede in Italia ed essere detenute per almeno il 67% da soci residenti in Italia. Le imprese, o gruppi di imprese, dovrebbero inoltre avere un fatturato compreso tra 250mila e 25 milioni di euro.

Un’altra caratteristica dovrebbe essere la predisposizione alle esportazioni intra ed extra UE, con almeno il 20% dei ricavi costituito da esportazioni (in cui rientrerebbe anche il fatturato realizzato all’interno del Paese nei confronti di soggetti esteri al fine di agevolare anche i settori del Turismo e della Cultura).

LE AGEVOLAZIONI

Il Consiglio nazionale dei commercialisti sta lavorando anche sulle definizione di agevolazioni fiscali specifiche per le imprese iscritte all’Albo del Mady in Italy. La prima riguarderebbe la creazione di un meccanismo premiante da calcolare sul costo di acquisto dei beni immobili, terreni e fabbricati, iscritti nell’attivo delle imprese come, ad esempio, il meccanismo del credito d’imposta. La seconda riguarderebbe una nuova agevolazione specifica; in particolare collegata ad investimenti per immobilizzazioni immateriali riconducibili a Internazionalizzazione (comprese le spese capitalizzate per la partecipazione a fiere internazionali, marchi, spese per la comunicazione), Tecnologia (brevetti, licenze e personalizzazioni software), Aggregazione (costi di impianto e ampliamento, costituzione e consulenza per i processi di aggregazione).

RILANCIARE I CLUSTER

Nel corso delle tavole rotonde sul Made in Italy si è parlato anche della necessita di rilanciare i Cluster, le infrastrutture permanenti per il dialogo tra università, enti pubblici di ricerca e imprese e tra centro e territori ai quali viene affidato il compito di ricomposizione di strategie di ricerca e Roadmap tecnologiche condivise su scala nazionale.

Il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano e Giuseppe Laurino

“Affinché l’indirizzo strategico dei Cluster si possa riflettere positivamente sulla competitività delle imprese, sull’occupazione e sui professionisti che operano per le imprese nei territori”, ha affermato il Consigliere nazionale Giuseppe Laurino, va considerato il principale fattore: il tempo”. Dal Decreto MIUR n. 214 del 13/03/2018, in cui sono state approvate le linee guida per la redazione del Piano di Azione triennale dei Cluster Tecnologici Nazionali, a tutt’oggi, i 12 Cluster sono ancora in attesa del D.M. di riconoscimento per la presentazione del piano triennale di azione a cui sarà assegnato un co-finanziamento per le attività di animazione, progettazione, formazione e sviluppo. Questo ritardo potrebbe comportare gravi conseguenze per le imprese dei comparti interessati, determinando un rallentamento nella crescita, in una dinamica imprenditoriale e professionale estremamente globalizzata”.

Come ricordato da Michele Pisante, Ordinario all’Università di Teramo, a livello europeo la politica relativa alle organizzazioni dei Cluster si è consolidata dieci anni fa, nel 2008, e, fino ad oggi, ha conosciuto un’evoluzione che apre ad essi interessanti prospettive future. In Italia, agli iniziali otto Cluster tecnologici, se ne sono aggiunti di recente altri quattro, in modo da coprire tutte le dodici aree definite dalla Strategia Nazionale di Specializzazione intelligente (SNSI) e riprese dal Programma nazionale della Ricerca (PNR) 2015-2020. I Cluster, attraverso aggregazioni pubblico-private, sono definiti come

Nel disegno politico e legislativo italiano, “I Cluster tecnologici nazionali svolgono quindi prioritariamente una funzione di coordinamento tra ricerca pubblica e ricerca privata e tra governo e politiche territoriali, condivisa con le principali rappresentanze industriali, senza assumere alcun ruolo di agenzia intermedia di finanziamento”.

Le 12 Aree di specializzazione sono suddivise in quattro gruppi: 4 “Aree prioritarie” (Aerospazio; Fabbrica intelligente; Agrifood; Salute); 4 “Aree ad alto potenziale” (Design, creatività e Made in Italy; Chimica verde; Cultural heritage; Blue growth); 2 “Aree in transizione” (Smart, Secure and Inclusive Communities; Tecnologie per gli Ambienti di Vita); 2 “Aree consolidate” (Energia; Mobilità sostenibile).

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