La definizione della legislazione applicabile al rapporto di lavoro – e conseguentemente gli adempimenti a carico del datore di lavoro – è sempre più influenzata dal diritto dell’Unione Europea, così come testimoniato dalla vicenda dei lavoratori c.d. “non residenti Schumacker”.

Volendo ripercorrere brevemente le tappe di tale percorso, si osserva come sino alla pronuncia della Corte di Giustizia nel caso Schumacker (Corte Giust., 14 febbraio 1995, causa C-279/93), gli interventi del legislatore comunitario nella materia tributaria dell’imposizione diretta delle persone fisiche erano praticamente assenti, dal momento che, diversamente da quanto accaduto per altri rami del diritto nel quale l’intervento comunitario è risultato più incisivo, quale quello della sicurezza sociale, in più occasioni gli Stati membri si sono dimostrati riluttanti a conferire apposite competenze.

Sulla base delle prerogative offerte dal diritto dell’Unione, la Corte di Giustizia è intervenuta in materia tributaria adottando un approccio indiretto, censurando le discriminazioni dirette, indirette, o le semplici restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori. La previsione dell’art. 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ha così costituito la base normativa per poter agire sugli ordinamenti tributari di quegli Stati membri che operassero discriminazioni manifeste o dissimulate, applicando, senza giustificazione, a situazioni analoghe norme diverse ovvero criteri identici a fattispecie differenti.

Il caso di scuola è ormai rappresentato dal caso Schumacker – dal quale deriva la disciplina fiscale oggetto di commento – il primo di una serie di interventi della Corte di giustizia volti a censurare le differenze di trattamento fiscale in situazioni comparabili. Come riconosciuto dalla stessa Corte, i principi generali non ostano alla previsione di discriminazioni in base alla residenza fiscale del contribuente, ma l’approccio deve essere modificato laddove i soggetti non residenti producano o ricavino nello Stato di occupazione la parte ponderante delle proprie risorse imponibili, trovandosi in una condizione comparabile con quella dei residenti.

In tale ultima circostanza, trattandosi di situazioni analoghe soggette a norme diverse, per la Corte lo Stato membro in cui il soggetto esercita la propria occupazione deve applicare il medesimo regime fiscale, riconoscendo al non residente le agevolazioni previste per il residente.
Sulla base dei principi statuiti dalla Corte, il 25 aprile 2013 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura infrazione n. 2013/2027) per incompatibilità dell’ordinamento fiscale con i principi comunitari, segnatamente della disciplina disposta dall’art. 24 del T.U.I.R. in materia di tassazione dei soggetti non residenti. Con una serie di interventi legislativi il legislatore italiano ha provveduto ad integrare l’art. 24 con il comma 3-bis) prevedendo che ai c.d. non residenti Schumacker, ovvero quei soggetti non residenti fiscali che producano nel territorio italiano almeno il 75 per cento del reddito complessivamente realizzato, si debba estendere il medesimo regime di determinazione dell’imposta riconosciuto ai soggetti residenti in Italia sulla base delle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23 del T.U.I.R. Ciò a condizione che lo stesso lavoratore non goda di analoghe agevolazioni fiscali nello Stato di residenza ed in nessun altro Paese diverso da questo.

Dal momento che le condizioni quali-quantitative specifiche di individuazione del non residente Schumacker, così come previste dalla legge, possono essere certificate esclusivamente dallo stesso lavoratore, il riconoscimento degli oneri deducibili dal reddito complessivo, delle detrazioni d’imposta lorda, nonché delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all’art. 12 del T.U.I.R., non può essere disposto autonomamente dal sostituto d’imposta, ma richiede la produzione di una serie di informazioni previste dal decreto 21 settembre 2015 del Ministero dell’economia e delle finanze. In particolare, i c.d. non residenti Schumacker, titolari di redditi di lavoro dipendente o di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, devo attestare, mediante una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445/2000, le seguenti informazioni:

lo Stato di residenza fiscale;
la produzione in Italia di almeno il 75 per cento del reddito complessivamente conseguito nel periodo d’imposta, assunto al lordo degli oneri deducibili e comprensivo dei redditi prodotti anche al di fuori dello stato di residenza;
il mancato godimento nel Paese di residenza, ed in nessun altro Paese diverso da questo, di benefici fiscali analoghi a quelli richiesti nello Stato italiano;

i dati anagrafici ed il grado di parentela del familiare per il quale si intende fruire della detrazione di cui all’articolo 12 del T.U.I.R., con l’indicazione del mese nel quale si sono verificate le condizioni richieste e del mese in cui le predette condizioni sono cessate;

la circostanza che il familiare per il quale si chiede la detrazione possiede un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili e comprensivo dei redditi prodotti anche fuori dello Stato di residenza, riferito all’intero periodo d’imposta, non superiore a 2.840,51 euro.
In presenza di tale documentazione, che costituisce parte integrante della dichiarazione di spettanza di cui all’art. 23, co. 2, lett. a) del D.P.R. n. 600/1973, il sostituto d’imposta può applicare il medesimo regime di determinazione dell’imposta dovuta dai lavoratori residenti.

Adempimenti specifici sono inoltre previsti per la compilazione della Certificazione Unica “CU 2016”, per la quale sono stati previsti gli appositi campi 43 e 44.

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