Tenere in considerazione il tema della fallibilità degli enti no profit. E’ questa una delle principali proposte contenute in un documento redatto dalla Commissione “no profit” del Consiglio Nazionale dei commercialisti sul testo di legge di riforma del Terzo settore approvato dalla Camera dei deputati e attualmente oggetto di analisi da parte della Commissione “Affari Costituzionali” del Senato. Secondo i commercialisti, il disegno di legge porta ad avere un ordinamento disciplinato del Terzo settore. A tale fine, afferma il presidente del Consiglio nazionale della categoria, Gerardo Longobardi, “le responsabilità possono essere individuate meglio”. “Vi sono circostanze – spiega Longobardi – in cui gli enti del Terzo settore possono assumere una rilevanza assai significativa dal punto di vista dimensionale. Soprattutto in tali situazioni, la previsione di una disciplina sulla fallibilità e, quindi, sull’accesso alle varie forme delle procedure concorsuali, appare opportuna, al fine di garantire adeguatamente i soggetti che, a diversi livelli, interagiscono con tali enti, contribuendo a rendere più chiari i rapporti e le conseguenze derivanti da un eventuale stato di crisi o di insolvenza”.

Più in generale, visto il rilevante impatto che le modifiche che saranno introdotte con la riforma avranno in termini operativi, i commercialisti chiedono di “prevedere dettagliate norme transitorie, che garantirebbero di gestire al meglio i profili tecnici e applicativi delle disposizioni”. In questa ottica, considerato che le Categorie professionali saranno fortemente interessate dai nuovi adempimenti previsti dalla normativa, “sarebbe fondamentale – afferma Longobardi – disporre che la previsione di tali norme di transizione siano inserite nella legge delega, facendo riferimento anche a una preliminare consultazione con gli Ordini professionali”.

Il documento redatto dai commercialisti sottolinea poi come nella riforma del No profit i principi di pubblicità e trasparenza “devono essere trainanti per la stesura e l’organizzazione delle norme”. “In questa ottica – è la posizione di Longobardi – l’ipotesi contenuta nel testo del ddl di istituire un “Registro unico del Terzo settore” presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non ci trova d’accordo”. “Crediamo – prosegue il presidente della categoria – che vada invece preservata la positiva esperienza ventennale del Registro delle imprese delle Camere di commercio, che fornisce già oggi le adeguate garanzie di funzionalità e trasparenza”. In materia di pubblicità e trasparenza i commercialisti propongono di prevedere condizioni agevolative anche in termini di costo per il deposito degli atti degli enti privati del Terzo settore. “Così facendo – spiega Longobardi – in considerazione dell’operatività corrente delle Camere di commercio, i costi complessivi della tenuta del Registro delle imprese sarebbero sicuramente inferiori rispetto alla definizione di una struttura nuova e il raggiungimento dello scopo pubblicistico risulterebbe più veloce e semplificato”.

Per i commercialisti, infine, “un appropriato sistema di enti privati del Terzo settore non può neppure prescindere dalla previsione di adeguati strumenti di rendicontazione e controllo”. “La rendicontazione per gli enti no profit – sottolinea il Consigliere nazionale delegato alla materia, Sandro Santi – è un obbligo morale, prima ancora che normativo. Rendere conto dell’attività svolta, infatti, è insito nella natura stessa degli enti che possono operare, nella stragrande maggioranza dei casi, solo grazie agli sforzi della società civile e degli enti pubblici, che delegano a tali strutture il perseguimento di scopi ideali e di interesse generale”.

“La rendicontazione finanziaria – prosegue Santi – delinea lo stato di salute di un’azienda, mentre la rendicontazione non finanziaria ambisce a illustrare i risultati e l’impatto sociale ottenuto, le modalità di svolgimento dell’attività, l’organizzazione e l’orientamento futuro. Le due tecniche di rendicontazione si completano e integrano tra loro nelle realtà non lucrative. Per questo motivo, a livello di legge delega, è importante chiarire tale prospettiva e prevedere, quale ulteriore integrazione informativa, la predisposizione del documento comunemente definito “relazione di missione”.

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