“L’investigazione economico-finanziaria per l’individuazione delle ricchezze nascoste al fisco ha sicuramente fatto, negli ultimi anni, passi da gigante grazie all’uso sempre più intenso di strumenti informatici e banche dati. Ma l’utilità del patrimonio informativo esistente è attenuata dal fatto che le informazioni sono parcellizzate e la consultazione d’insieme non sempre è assicurata. E’ quindi urgente rendere le diverse banche dati sempre più interoperabili, accorpandole in un solo data base la cui consultazione sia in grado di offrire una visione unitaria per soggetto”. E’ quanto affermato dal presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, nel corso del convegno “L’investigazione economico-finanziaria per l’individuazione delle ricchezze nascoste al fisco”, svoltosi oggi a Roma presso la sede della Guardia di Finanza.

“E’ auspicabile – ha proseguito Longobardi – che veda al più presto la luce il progetto avviato nel 2014, per l’adozione di standard informatici destinati a creare le premesse per la definizione di un unico format trasmissivo”. Una prospettiva che, secondo il presidente dei commercialisti “porterebbe vantaggi anche per la Pa, in quanto il flusso delle informazioni potrebbe divenire patrimonio non solo dell’Amministrazione finanziaria, ma di tutte le Amministrazioni, nel rispetto ovviamente della Privacy. L’auspicio è che il legislatore fiscale contribuisca a tale processo, attuando la delegificazione degli adempimenti ormai superflui, ma in ogni caso onerosi solo per noi commercialisti”.

Il presidente dei commercialisti italiani è intervenuto anche sui Panama Papers, affermando che “chi si è affidato a cinici consiglieri fraudolenti e, non avvalendosi della voluntary discolsure, ha spostato le proprie disponibilità da Ginevra a Panama è sciocco e volgare. Dovrebbe essere consapevole che dal 30 settembre 2015 per schivare il reato di autoriciclaggio potrà sì utilizzare le disponibilità economiche non oggetto di voluntary a Panama, ma solo per pagarsi le vacanze in quello Stato caraibico o per metterle in un puff, seguendo un noto esempio di cronaca degli anni ’90”. “La voluntary disclosure approvata dal Parlamento italiano e terminata nel dicembre dello scorso anno – ha proseguito Longobardi – è stata l’ultima spiaggia per chi deteneva disponibilità finanziarie all’estero, e mal gliene incolse a chi non ha aderito, restando insensibile ai molti appelli che anche la nostra categoria ha lanciato nei mesi scorsi”.

Longobardi ha ricordato come “da qualche anno a questa parte la sensibilità internazionale ha cambiato atteggiamento verso l’occultamento di ricchezze nei paradisi fiscali. Questi ultimi sono divenuti di fatto una nuova categoria di Stati canaglia”. Secondo il presidente dei commercialisti “per evitare il ripetersi a livello nazionale e internazionale di fenomeni di occultamento di ricchezze non dichiarate, è evidente che occorre proseguire e, semmai, rafforzare il percorso intrapreso già da qualche anno dall’OCSE circa gli standards sullo scambio automatico di informazioni tra Stati. A ciò va aggiunta un’azione incisiva sulla transparency bancaria, ossia sulle regole che impongono alle banche di verificare la trasparenza della titolarità e della provenienza dei fondi da loro gestiti”. “Questa maggiore trasparenza si tramuterebbe – ha detto – in una maggiore tutela del risparmio nonché dell’economia “pulita”, generando circuiti finanziari trasparenti (di serie A) contrapposti ai residuali circuiti finanziari non trasparenti (di serie B), in cui potrebbero rafforzarsi le misure speciali di contrasto all’economia illecita”. L’obiettivo finale a cui tendere è, ha concluso Longobardi “un sistema di piena libertà economica a condizione di una totale trasparenza che premi i comportamenti fully compliant, vale a dire i comportamenti rispettosi delle regole”.

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