“Gli obiettivi strategici individuati nel Piano per il miglioramento del mercato del lavoro contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza trovano la nostra condivisione. E’ giusto puntare sulla valorizzazione delle nuove tipologie di apprendistato, sul rafforzamento delle politiche attive del lavoro e sul rilancio dell’occupazione giovanile e femminile”. Lo ha affermato il Consigliere nazionale dei commercialisti con delega alle tematiche del lavoro, Roberto Cunsolo, nel corso dell’audizione presso la Commissione lavoro della Camera in merito al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

“Attraverso uno stanziamento di risorse pari a 12,62 miliardi, il PNRR intende favorire l’occupazione femminile e giovanile oltre al rafforzamento delle politiche attive del lavoro. Per il raggiungimento di queste finalità – ha spiegato Cunsolo – crediamo sarebbe determinante la valorizzazione delle tre tipologie di apprendistato, disciplinate dagli artt. 41 ss. del d. lgs. n. 81/2015. Negli ultimi anni la disciplina dell’apprendistato è stata oggetto di ripetuti interventi di modifica e di integrale riscrittura. Nuovi interventi sono da scongiurare, mentre sarebbe opportuno l’introduzione di misure di attuazione e semplificazione. In tale prospettiva, occorre implementare l’offerta formativa pubblica e armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali idonee a consentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali. Inoltre, sul piano dell’amministrazione dei rapporti di lavoro, si reputa necessaria  una migliore intelligibilità degli obblighi formativi posti in capo ai datori di lavoro al fine di evitare che i rapporti di apprendistato professionalizzante possano essere censurati per violazione dei doveri contrattuali di formazione e addestramento. Anche gli adempimenti amministrativi prodromici alla instaurazione di un rapporto di apprendistato professionalizzante andrebbero razionalizzati e uniformati su tutto il territorio nazionale. Si pensi alla possibilità di accentramento delle comunicazioni obbligatorie e di invio dei piani formativi individuali attraverso un unico canale informativo. Per ciò che concerne, invece, l’apprendistato di primo e di terzo tipo, la diffusione dell’istituto passa dalla istituzione di un adeguato sistema incentivante per tutti i soggetti coinvolti nel rapporto: istituzioni formative; famiglie e imprese”.

Per i commercialisti andrebbe “valutata l’introduzione di un nuovo contratto di lavoro a contenuto formativo per la riqualificazione di soggetti a rischio di esclusione dal mercato del lavoro, sostenuto da agevolazioni di tipo economico e normativo”. Per la categoria il rafforzamento delle politiche attive del lavoro e della formazione di occupati e disoccupati passa da “una razionalizzazione e riorganizzazione degli enti e degli organismi che svolgono compiti in materia di servizi per l’impiego e politiche del lavoro”. “Bisogna valorizzare – ha sostenuto Cunsolo – il ruolo dei sistemi bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva maggiormente rappresentativa, nonché il ruolo degli enti esponenziali di rappresentanza delle categorie professionali abilitate dalla legge alla gestione degli adempimenti in materia di lavoro, individuati dall’art. 1, l. n. 12 del 1979”.

La proposta dei commercialisti in proposito è quella di “una revisione dei regimi particolari di autorizzazione per lo svolgimento a livello nazionale dell’attività di intermediazione e politiche attive che superi le incongruenze rinvenibili nella disciplina di cui all’art. 6, comma 2, d. lgs. n. 276/2003. Questo favorirebbe l’azione delle fondazioni costituite nell’ambito dei consigli nazionali di tutte le categorie che esercitano la professione nella materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, con una chiara implementazione dei servizi per il lavoro”.

Circa le misure volte a favorire l’occupazione femminile, quelle in tema di imprenditorialità trovano il favore dei commercialisti, seppure “nella consapevolezza che queste debbano essere accompagnate da azioni complementari in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In proposito, aggiungono i commercialisti, “si potrebbe fare tesoro dei risultati ottenuti attraverso le norme sperimentali di incentivo alla contrattazione aziendale nonché le misure introdotte dall’art. 9, comma 3, l. n. 53/2000, per il sostegno ai titolari di impresa e ai lavoratori autonomi che necessitino di una sostituzione per durante i periodi di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo”.

Da ultimo, l’istituto del lavoro agile (smart working) ha mostrato secondo i commercialisti “la sua centralità in un mercato del lavoro sempre più digitalizzato. Indubbiamente si mostra quale strumento ottimale per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, purché siano risolte le forti criticità connesse al suo utilizzo. Senza un accordo individuale che definisca le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile e in mancanza di una disciplina normativa protettiva di dettaglio, sono aumentati i rischi di “isolamento” del lavoratore “agile”. “D’altro verso – ha concluso Cunsolo –  la valorizzazione dello smart working non potrà prescindere dalla istituzione di un sistema di incentivi per l’adeguamento degli strumenti e degli ambienti destinati al lavoro agile”.

 

 

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