Con il numero di giugno della Informativa Periodica dedicata al Diritto Societario, pubblicata da CNDCEC e FNC, si è inteso dare rilevanza ad una serie di recenti pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità, riservando specifica attenzione, nell’ambito della disciplina delle società di persone, alle vicende relative ai soci di società in accomandita semplice, e per quanto attiene alla disciplina delle società di capitali, alle vicende relative alla riduzione del capitale per perdite ed all’aumento di capitale sociale nelle società a responsabilità limitata.

Con riguardo alla società in accomandita semplice, viene segnalata la sentenza n. 1539 del 29 marzo 2017 del Tribunale di Catania chiamato a giudicare sulla legittimità di una deliberazione di esclusione dei soci accomandanti di una s.a.s. che avevano rilasciato la propria fideiussione alla società. Secondo i giudici, tale deliberazione è annullabile in quanto non ricorreva la violazione del divieto di immistione nella gestione della società da parte del socio accomandante, con conseguente sua assunzione della responsabilità illimitata e solidale verso i terzi ai sensi dell’art. 2320, co. 1, c.c. e con conseguente possibilità di esclusione ai sensi dell’art. 2286 c.c.. La prestazione di garanzia in favore della società, infatti non è atto gestorio e, a tal fine, viene chiarito che affinché un atto compiuto dal socio accomandante possa essere qualificato come atto di gestione, è necessario che lo stesso abbia carattere non meramente esecutivo, come nel caso in esame, ma decisionale e autonomamente orientato.

Sempre riferita alla società in accomandita semplice, seppur in ambito tributario è la sentenza della Commissione Tributaria di Caltanissetta, n. 185 del 6 febbraio 2018, chiamata a pronunciarsi sull’illegittimità di un diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria ad una richiesta di rimborso IVA presentata dal socio superstite di una s.a.s., in quanto la società era ritenuta estinta perché era decorso il termine semestrale dal decesso dell’unico altro socio, senza ricostituzione della compagine ai sensi di legge. Nella sentenza, viene confermato un orientamento oramai pacifico nella giurisprudenza della Cassazione, secondo cui la mancata ricostituzione della pluralità dei soci di una società di persone nel termine di sei mesi non già determina l’estinzione della società, ma unicamente lo scioglimento della stessa e la sua liquidazione, finalizzata alla definizione dei rapporti di credito e di debito con i terzi; ne deriva che la massa dei rapporti attivi e passivi che facevano capo alla compagine sociale anteriormente allo scioglimento conserva il proprio originario centro di imputazione. Alla luce di tali considerazioni, la sentenza ritiene legittima la richiesta di rimborso di eventuali imposte in quanto proveniente da una s.a.s. in scioglimento e dunque non ancora “estinta”.

Con riguardo alle società a responsabilità limitata, viene segnalato il primo intervento della giurisprudenza sulla prosecuzione dell’attività da parte di una società a responsabilità limitata costituita con un capitale pari o superiore a 10mila euro, ridotto al di sotto del minimo legale per perdite d’esercizio. Si tratta del decreto del Tribunale di Udine del 26 settembre 2017conseguente al rifiuto del conservatore del Registro delle imprese di iscrivere la dichiarazione di accertamento del verificarsi della causa di scioglimento ex art. 2484, co. 1, n. 4, fondato sulla considerazione che la s.r.l. poteva contare comunque su un capitale superiore ad un euro in forza delle previsioni di cui all’art. 2463, co. 4, c.c. Il giudice del registro ha invece ritenuto che al verificarsi dei presupposti indicati nell’art. 2482-ter c.c., occorre tenere ferma, per le s.r.l. che si siano costituite con un capitale non inferiore a 10.000 euro o per le s.r.l. che si siano dotate di tale capitale (minimo) durante l’esercizio della propria attività, la regola dettata nella summenzionata disposizione che impone la ricapitalizzazione, la trasformazione o in alternativa lo scioglimento della società, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2484, co.1, n. 4, c.c. In ogni caso, secondo il tribunale di Udine, le stesse società possono assumere una delibera espressa di continuazione della propria attività con il capitale “ridotto” nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 2463, co. 4 e 5, c.c.

Infine, sempre con riguardo alle società a responsabilità limitata, si segnala la recente sentenza della Suprema Corte, n. 3946 del 19 febbraio 2018, che, nel ribadire la legittimità della compensazione del debito assunto dal socio in seguito alla sottoscrizione dell’aumento di capitale (c.d. debito da conferimento) con il credito del socio derivante da un finanziamento precedentemente concesso alla società, sottolinea che in tale fattispecie non trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 2467 c.c. in tema di postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Sempre sul tema dell’ammissibilità della suddetta compensazione, l’informativa, nella sezione Prassi, segnala la recente Massima H.G.38 del Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie (1° pubbl. 9/16) che chiarisce le modalità di esercizio della suddetta compensazione, precisando che non si rende necessaria alcuna specifica autorizzazione in delibera per consentire l’attivazione della compensazione tra debiti liquidi ed esigibili, trovando applicazione la disciplina degli artt. 1241 e ss. c.c. prevista per la compensazione legale Qualora invece non ricorrano tali condizioni, secondo la citata massima, troverà applicazione la disciplina dettata in materia di compensazione volontaria di cui all’art. 1252 c.c.; in tal caso, spetterà all’organo amministrativo decidere sull’ammissibilità della compensazione volontaria, ove l’assemblea dei soci non abbia deliberato al riguardo.

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