Commercialisti in campo per la missione Sud. Il rilancio e lo sviluppo del Mezzogiorno sono temi prioritari per l’economia e la vita del Paese. Ma per affrontare una questione aperta ormai da 150 anni non è sufficiente cavalcare l’onda dei Fondi Ue, che valgono qualcosa come 100 miliardi di euro, tra le vecchie risorse ancora bloccate e le somme legate al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020. Limitarsi ad allocare tali fondi – sebbene nella maniera più efficiente possibile – senza prima risolvere le storiche problematiche che affliggono il Meridione sarebbe pressoché inutile. Per questo motivo la Commissione proposte per il Mezzogiorno del Consiglio nazionale dei commercialisti sta mettendo a punto un documento programmatico, che sarà finalizzato nel mese di dicembre, in concomitanza cioè con il Masterplan governativo per il rilancio di un’area del Paese ormai alle prese con un «sottosviluppo permanente». Mentre l’economia italiana sta uscendo, seppur a fatica, dalla peggiore congiuntura economica del dopoguerra, il Mezzogiorno ancora non vede segni significativi di ripresa.

Il rapporto Svimez presentato a luglio 2015, d’altra parte, è impietoso. Il 2014 ha rappresentato per il Sud il settimo anno consecutivo di recessione (-1,3%), portando il divario della ricchezza prodotta pro capite rispetto a quella del Nord ai livelli di 15 anni fa. Nel periodo 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati del 13% e gli investimenti delle imprese del 59%. Il trend negativo ha avuto un forte impatto anche a livello reddituale, se è vero che quasi due contribuenti su tre nel Mezzogiorno presentano un reddito medio inferiore ai 12 mila euro annui, contro il 28,5% dei cittadini del Centro-Nord. Un cittadino su tre, ha concluso il rapporto, è a rischio povertà. Un quadro macroeconomico addirittura peggiore di quello della Grecia.

«La questione del Mezzogiorno è un argomento di estrema complessità, che sarebbe velleitario pensare di risolvere in un sol colpo;» – commenta Achille Coppola, segretario del Consiglio nazionale dei commercialisti – «nessuno ha la bacchetta magica. Con una programmazione attenta ed efficiente potrebbe essere possibile però ottenere risultati importanti in tempi ragionevoli, sempre tenendo conto, per esempio, che la Germania dopo l’unificazione ha impiegato 20 anni per integrare e far crescere l’area più arretrata del Paese».

La categoria è al lavoro per redigere una serie di proposte legate in prima battuta all’utilizzo dei fondi strutturali, ma non solo. «Limitarsi a distribuire a pioggia questo fiume di denaro che arriverà nei prossimi anni senza prima preoccuparsi di mettere a posto il quadro generale sarebbe una follia.» – prosegue Coppola – «Naturalmente i fondi ci sono e devono essere ben utilizzati. E’ indispensabile una cabina di regia forte. Su questo non ci piove. Riteniamo sia però necessario prima mettere a disposizione degli operatori economici e dei cittadini quelle pre-condizioni intrinseche di un paese civile e moderno».
La prima – e più importante, secondo Coppola – non riguarda né investimenti materiali né complessi modelli economici. «L’azione prioritaria è rafforzare il civismo nel Mezzogiorno» – aggiunge il segretario nazionale – «incentivare quel senso di legalità, del bene pubblico, della sostenibilità e del rispetto per il territorio che oggi purtroppo in molte aree si è perso. E’ uno sforzo culturale non da poco, che però deve essere al centro dell’azione di governo».

Un processo che dovrebbe in primis riguardare la politica e la Pubblica Amministrazione. «La classe dirigente degli ultimi decenni negli enti territoriali ha fornito troppi esempi di inadeguatezza, soprattutto nelle regioni del Sud.» – continua Coppola – «Riteniamo che ciò sia figlio di un peccato originale, di un approccio stato-centrico che per decenni ha tollerato (ed anzi supportato) una politica debole nel Mezzogiorno ed orientata solo al consenso elettorale. E’ tempo di cambiare passo e di far tornare lo Stato e gli enti locali al loro ruolo di programmazione e controllo, lasciando l’esecuzione ai privati».

Quale il ruolo dei commercialisti in tutto ciò? «Auspichiamo la creazione di una vera e propria rete della legalità e dello sviluppo, con la partecipazione delle Prefetture, delle Magistrature, dell’Anac, dei responsabili delle performance di ogni ente, dei sindaci dei capoluoghi e dei governatori.» – sottolinea Coppola – «L’approccio consulenziale dei commercialisti può rivelarsi fondamentale nel supportare le fasi di programmazione, analisi e monitoraggio degli enti pubblici. Rivendichiamo una forte cultura e competenza su queste tematiche, che applichiamo quotidianamente ogni volta che entriamo in un’azienda come consulenti, come amministratori o come sindaci. Ancora oggi vediamo premi di produttività erogati nelle P.A. ai dirigenti a fronte di obiettivi assolutamente ordinari, senza un vero piano di performance o di efficienza, con modelli organizzativi costruiti talvolta sulla carta ma mai realmente efficaci. Il contributo dei commercialisti può servire a modernizzare la P.A. ed a portare quelle conoscenze economico-finanziarie tanto fondamentali quanto difficili da trovare all’interno, migliorando i sistemi di governance, la qualità e veridicità dei bilanci, la selezione degli investimenti e la gestione dei fabbisogni di cassa».

Altra questione rilevante – anch’essa per Coppola una pre-condizione – è la sicurezza del territorio. Occorrono investimenti cospicui, secondo il segretario dei commercialisti, sia per la prevenzione sia per un efficace presidio territoriale. «Occorre uno Stato forte», afferma, «capace di essere efficace, efficiente ed economico».
Le proposte allo studio del Consiglio nazionale riguardano poi il Masterplan; dunque le infrastrutture, il fisco, il mercato del lavoro, la sicurezza del territorio, il turismo, la digitalizzazione. Gli interventi di dettaglio potrebbero essere molteplici: dal potenziamento del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo alla riduzione o eliminazione dell’Irap nelle regioni del Sud; dall’incremento della decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato agli incentivi per l’imprenditorialità giovanile.

«L’errore che va evitato è pretendere di poter fare tutto e di finanziare tutto, perché così di reitererebbe quella frammentazione in micro-progetti che ha già impedito il corretto utilizzo dei fondi strutturali legati alla precedente programmazione europea.» – chiosa Coppola – «Il Masterplan per il Sud dovrebbe invece focalizzarsi su quattro o cinque direttrici, scegliendo le sfide economiche più significative e rendendo appetibili tali settori anche per gli investitori esteri. A quel punto il ruolo di noi commercialisti sarà anche quello di aiutare chi vuole investire nel nostro Paese, fornendo tutta la consulenza necessaria sull’avvio di un’attività imprenditoriale, sulle opportunità offerte dall’ordinamento e sulla gestione day by day degli adempimenti».

Se non si interviene subito, le cose sono inevitabilmente destinate a peggiorare anche per un altro motivo: la fuga dei giovani più brillanti e capaci. A certificarlo è stato lo stesso rapporto Svimez 2015. «Il profondo divario tra le aspettative delle nuove generazioni in termini di realizzazione personale e professionale e le concrete occasioni di impiego qualificato sul territorio ha determinato negli anni Duemila la ripresa dei flussi di emigrazione», è il grido d’allarme lanciato dallo studio, «tra il 2001 e il 2014 sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1.667.000 meridionali, a fronte di un rientro di 923.000 persone, con un saldo migratorio netto di 744 mila unità. Di questa perdita di popolazione il 70%,526 mila unità, ha riguardato la componente giovanile, di cui 205 mila laureati».
Uno scenario che, se confrontato con quello degli ultimi 15 anni, evidenzia come a fronte di un deciso declino degli esodi di coloro che avevano un titolo di studio al più pari al diploma, «i laureati hanno tendenzialmente accresciuto il loro numero».

«E’ questo uno degli aspetti più drammatici», chiosa Coppola, «perché dal sistema di istruzione passano i cittadini di domani e da quello universitario i professionisti ed i lavoratori che contribuiscono al benessere ed alla prosperità di un paese. Le università del Sud devono recuperare il gap esistente con gli altri atenei del paese, anche attraverso sinergie e partnership con le istituzioni internazionali. In questo il Consiglio nazionale ha già realizzato iniziative importanti attraverso la stipula di accordi e protocolli sia a livello ministeriale sia con le singole università». Per l’elaborazione delle proposte definitive della categoria è impegnata, assieme al presidente e al Consiglio nazionale, anche la Fondazione Nazionale dei Commercialisti. Idee giungeranno poi dai territori grazie al coinvolgimento dei Presidenti degli Ordini, non solo di quelli del Sud d’Italia. Realtà locali dalle quali sono già arrivati spunti interessanti, come le proposte di efficientamento della gestione dei beni confiscati alle mafie e l’azione di valorizzazione dei mestieri tradizionali.

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