Dalla semplificazione fiscale a quella normativa; dal focus sui bilanci di esercizio e consolidati al ruolo strategico del professionista nella digitalizzazione di alcuni atti e a garanzia del nuovo sistema di appalti e di concessioni: da questi temi (ma non solo) si aprirà il Congresso Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili “Semplificare per crescere. I commercialisti, energia per lo sviluppo”.
La tradizionale assise di categoria quest’anno si tiene a Milano e punta i riflettori su uno dei cavalli di battaglia dei commercialisti (che innanzitutto passano dal fisco): le semplificazione.

Già a partire dallo scorso mese di luglio la categoria è presente ad un tavolo tecnico in tema di semplificazioni in materia tributaria, istituito presso il MEF per iniziativa del viceministro Luigi Casero. Ad inizio settembre, inoltre, il CNDCEC ha presentato alcune osservazioni all’Esecutivo in vista dell’emanazione della prossima Legge di Stabilità 2016.

«È la prima volta che i commercialisti vengono coinvolti dal Governo nei lavori preparatori della manovra di stabilità;» – commenta Luigi Mandolesi, consigliere nazionale delegato alla fiscalità – «si tratta di un fatto certamente positivo, segno che qualcosa sta cambiando nei rapporti tra politica e professionisti». Molteplici gli ambiti di intervento toccati dal documento trasmesso al MEF: in materia di società di comodo, per esempio, si propone la riapertura dei termini relativi allo scioglimento agevolato delle società (o loro trasformazione in società semplice); come pure la disapplicazione della disciplina in tema di società non operative alle società che esercitano un’impresa commerciale (senza più far riferimento, quindi, all’attuale meccanismo basato su coefficienti predeterminati da applicare alla media triennale dei ricavi).

«Le nostre osservazioni riguardano anche i regimi fiscali agevolati per i soggetti di minori dimensioni;» – prosegue Mandolesi – «l’obiettivo è quello di rendere permanente quanto previsto dal D.L. n. 98/2011 per i cosiddetti “minimi”. Tale regime ha riscosso finora un notevole successo e riteniamo che possa ben coesistere con il nuovo regime forfetario introdotto dalla legge n. 190/2014». Le proposte del CNDCEC riguardano poi gli studi di settore, ritenuti dalla categoria ormai superati per professionisti e lavoratori autonomi, come pure l’annosa questione dell’esclusione da IRAP dei soggetti privi di autonoma organizzazione.

«Un altro punto a cui teniamo molto» – conclude Mandolesi – «consiste nella proroga automatica dei termini di presentazione delle dichiarazioni/comunicazioni fiscali – nonché dei termini di versamento – ogni qual volta gli applicativi necessari all’effettuazione degli adempimenti vengano pubblicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate in ritardo. Si tratta di una norma di buon senso che attuerebbe le previsioni dello Statuto del contribuente».

Le mozioni congressuali che saranno approvate al termine dell’appuntamento di Milano conterranno anche alcune proposte di intervento a correzione delle previsioni attuative della delega. Ma l’evento meneghino sarà l’occasione anche per fare il punto su un altro tema fondamentale per la professione: il recepimento della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci di esercizio e consolidati, avvenuto con il D.Lgs. n. 139/2015 e in vigore dal 1° gennaio 2016.

«Questa revisione del codice civile per le disposizioni in materia di bilancio delle società che applicano le norme nazionali segna un passaggio direi epocale, poiché l’ultima riscrittura organica delle norme inerenti la predisposizione dei conti annuali risale addirittura al 1991;» – commenta Raffaele Marcello, consigliere CNDCEC con delega su principi contabili, principi di revisione e sistema dei controlli – «è evidente che la riforma riguarderà la pressoché totalità degli studi professionali, poiché interessa da vicino le piccole e medie imprese, con cui tutti noi siamo quotidianamente a contatto. In questa prospettiva ritengo cruciale da subito che la nostra categoria studi ed analizzi le nuove previsioni, per non farsi “sorprendere” – in sede di redazione dei bilanci 2016 – da situazioni che, invece, sono preliminarmente identificabili».

Per capire l’importanza operativa di tali novità è sufficiente pensare alle spese di ricerca ed alle spese di pubblicità, che a partire dai bilanci 2016 non saranno più iscrivibili nell’attivo patrimoniale. «Le società che sono lontane dall’aver completato il processo di ammortamento o capitalizzano tali spese nei bilanci 2015 dovranno eliminare quelle poste dallo stato patrimoniale nel bilancio 2016;» – aggiunge Marcello – «pertanto è indispensabile valutare subito se detta eliminazione non rischi, per esempio, di intaccare in modo pericoloso il patrimonio. Questo è solo un esempio per ricordare la necessità di esaminare attentamente le novità, considerato che le modifiche contabili possono avere ripercussioni di natura giuridica (per esempio l’attivazione delle procedura di cui agli artt.2446, c.c.), gestionali (ricapitalizzazione e/o distribuzione di utili) e fiscali (per la determinazione della base imponibile) assai rilevanti».

In tale ottica il Consiglio nazionale ha recentemente partecipato ad un progetto sull’attivazione di un osservatorio sui bilanci per lo studio dell’applicazione delle regole contabili, anche nella prospettiva di comprendere – a livello empirico – l’impatto di determinate previsioni normative e tecniche sui bilanci delle società non quotate. «La nostra attenzione sulla rendicontazione finanziaria si accompagna ad un rinnovato interesse per la rendicontazione non-finanziaria,» – chiosa Marcello – «un campo in cui – anche a fronte della recente pubblicazione da parte dell’International Integrated Reporting Council (IIRC) sul bilancio integrato – la nostra professione può trovare stimoli ed opportunità di crescita nuovi».

Il ruolo del dottore commercialista, però, non si ferma a questi ambiti per così dire tradizionali ma, in virtù delle competenze che il legislatore gli ha attribuito, può essere determinante anche in un comparto solo apparentemente estraneo alla professione: quello cioè degli appalti pubblici e delle concessioni, in questi ultimi mesi al centro dell’attenzione. L’occasione la fornisce il disegno di legge delega in tema di contratti di concessione ed appalti pubblici (in attuazione delle direttive 23/24/25 UE del Parlamento Europeo), attualmente in discussione in Parlamento, che – nel proporre una rimodulazione (accanto ad una semplificazione) della legislazione in materia – apre involontariamente nuovi spazi in cui la figura del commercialista può diventare strategica.

Un esempio in questo senso è l’albo nazionale dei commissari di gara, che dovrebbe insinuarsi proprio nelle zone d’ombra tra pubblico e privato, lì dove è più facile trovare infiltrazioni da parte di attività criminose finalizzate alla sottrazione di denaro pubblico. Ed è sufficiente fare una piccola panoramica del settore per comprendere quanto questa figura può rivelarsi strategica. Gli investimenti in infrastrutture sono crollati, con conseguente decrescita dovuta alla mancata realizzazione delle infrastrutture. Un dato su tutti: solo l’8% dei lavori delle grandi opere indicate 14 anni fa è stato realizzato ed appena il 4,3% di queste grandi opere è stato concluso. Nel frattempo il costo medio è lievitato del 40%. «La figura del commissario in questo contesto,» – spiega Achille Coppola, segretario del consiglio nazionale – «per competenze e saperi, può essere ricoperta dal dottore commercialista considerando che i piani economico-finanziari sono alla base dei contratti di concessione. Le iniziative in concessione infatti» – prosegue Coppola – «vanno verificate sia in merito alla sussistenza delle condizioni necessarie per utilizzare lo strumento (valutazione ottimale allocazione dei rischi e previsione dell’impatto sul bilancio; remunerazione attribuita al concessionario; clausole di revisione dello stesso piano economico-finanziario e molto altro) sia periodicamente attraverso idonee procedure che riportano, per esempio, indicatori di performance sintetici. Ecco quindi che in questo senso la figura del commercialista diventa strategica nella validazione del progetto. In questo modo,» – chiude quindi il segretario – «in un sistema come quello attuale – decisamente bancocentrico -, cerchiamo anche di fare nuova finanza, attività che come professionisti esperti del fisco abbiamo tutte le carte in regola per poter svolgere».

Ma al Congresso Nazionale i riflettori saranno anche puntati su di un tema particolarmente delicato nel mondo professionale – quello, cioè, delle competenze dei commercialisti in chiave digitale -con principi guida che si confermano ormai come filo conduttore della categoria: semplificare gli adempimenti, modernizzare le operazioni (solo alcune) e quindi ridurre i costi. Tutto a vantaggio dei contribuenti. Come raggiungere questi obiettivi? Affidando anche ai commercialisti quella che, nel passato, era un’attività propria della categoria e che invece negli ultimi tempi è diventata di esclusivo appannaggio dei notai: la sottoscrizione degli atti, dagli affitti alle cessioni di azienda. «Ma guai a pensare che i commercialisti vogliano sottrarre lavoro ad altri professionisti;» – tiene a precisare Roberto Cunsolo, tesoriere del Consiglio nazionale – «il punto semmai è semplicemente riconoscere al commercialista una competenza che già possiede, a vantaggio del cittadino che in questo modo risparmierà un costo ed un adempimento in più».

«Puntiamo» – aggiunge ancora il consigliere nazionale – «a rendere possibile chiedere al commercialista di ultimare la sua prestazione professionale aggiungendovi il corollario del deposito presso il registro delle imprese dell’atto che egli – professionista cui lo Stato riconosce comprovata competenza in ambito societario – ha contribuito a redigere, verificandone la conformità alla legge ed allo statuto, senza bisogno di ulteriori passaggi. Del resto è il commercialista che sviluppa l’atto, si occupa dei risvolti di natura fiscale e del calcolo per l’avvio di un’impresa».
«Dunque» – conclude Cunsolo – «si tratta di una proposta che, nel rispetto della libertà di scelta del contribuente, tende ad incentivare la libera concorrenza del mercato a sostegno della crescita economica del Paese. E lo fa senza pregiudicare la sicurezza dei dati ed il rispetto della normativa civilistica, fiscale ed antiriciclaggio, garantiti dall’intervento del commercialista».

 

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