E’ in capo agli amministratori l’obbligo di cancellazione dal Registro delle imprese del sindaco dimissionario. E dovranno farlo obbligatoriamente entro 30 giorni dalla cessazione dell’incarico pena una conseguenza di ordine sanzionatorio, connessa all’applicazione dell’art. 2630 del Codice civile, ed un’altra di carattere pubblicitario che riguarda l’avvio del procedimento di iscrizione d’ufficio, a seguito della segnalazione da parte dello stesso sindaco.

Lo afferma il Ministero dello Sviluppo economico con la circolare n. 33871 del 9 febbraio 2016, rispondendo ad un quesito del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili in merito agli aspetti pubblicitari relativi alla cancellazione dal Registro delle imprese del sindaco cessato.

A dettare le regole è l’articolo 2400 del Codice civile che colloca in capo agli amministratori l’obbligo di procedere non solo alla nomina, ma anche alla cessazione dei sindaci, sanzionandoli in caso di ritardo od omissione. Senza dimenticare il conflitto che viene a porsi proprio tra l’art. 2400 e la tutela del mercato che è assicurata attraverso la funzione di tutela dell’affidamento rimessa al Registro delle imprese, le cui informazioni devono perciò essere perfettamente aderenti alla realtà.

“Malgrado la norma fosse già fissata dal legislatore – afferma Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti – capita frequentemente il caso del comportamento inerte dell’organo amministrativo, i cui effetti si ripercuotono direttamente nella sfera di interessi del sindaco cessato che formalmente si trova a permanere nello stato attivo contro la propria volontà e contro lo stato di fatto realmente verificatosi. Esprimiamo quindi profonda soddisfazione perché la circolare del Mise fa chiarezza su una questione che da anni metteva in difficoltà la nostra categoria”.

“La mancata cancellazione – sottolineano Raffaele Marcello e Andrea Foschi, consiglieri nazionali dei commercialisti delegati alla materia – crea infatti danno al sindaco per la discrasia tra la situazione sostanziale, che riguarda la cessazione dalla carica, e quella pubblicitaria che risulta dal Registro delle imprese. Danno talora anche di rilevante portata se si pensa al caso di cessazione volontaria per dissidi insanabili con l’amministrazione o per casi di insolvenza non sufficientemente valutata dall’organo amministrativo. Siamo dunque molto soddisfatti per questa vittoria e per la prontezza con cui il Mise ha risposto al quesito del Consiglio nazionale, salvaguardando l’attività di tanti colleghi grazie ad un chiarimento definitivo della situazione”

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