II. Trust e imposte dirette

III.a Obblighi contabili
Ai sensi dell’art. 13 lett. b) e g) del d.P.R. 600/73, i trust sono stati inclusi tra i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, e nello specifico, sia quelli aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (libri e registri ex art. 14 e segg.), sia quelli che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, libri e registri ex art. 20, e, relativamente alle attività commerciali esercitate, libri e registri ex art. 14 e segg. ovvero ex art 18 (imprese minori), nel caso di non supero del limiti di ricavi di euro 15.493,71 per le attività di prestazione di servizi, ed euro 25.822,84 per le altre attività.

E’ opportuno che il trust adotti anche il “Libro degli eventi del trust”, libro volontario previsto dalla prassi italiana, dove il trustee annoterà tutti gli accadimenti significativi che abbiano interessato il trust medesimo ovvero il suo patrimonio.
Il trust è obbligato a dotarsi di codice fiscale o anche partita iva, iscriversi al registro delle imprese, e adempiere agli obblighi Irap (trust commerciali). E’ tenuto alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi nei modi e nei tempi stabiliti per i soggetti Ires, nonché dei sostituti di imposta, ove tenuti.

Non sono considerati operanti sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni e dei redditi (circ. 61/E 2010 Agenzia delle Entrate). E’ il caso dei trust nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti del settlor al fine di realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni e dei redditi. Se pertanto il potere di gestire e disporre dei beni permane in capo al disponente, e quindi non si verifica il reale spossessamento di questi, il trust deve considerarsi inesistente (sham trust) dal punto di vista impositivo sui redditi, ed è solo una figura interposta rispetto al disponente, di conseguenza i redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente medesimo.
Se l’atto istitutivo del trust assegna dei poteri ed autonomia al settlor di modo che il trustee ha solo una mera funzione di “ordinaria amministrazione” del trust, è dibattuto sotto il profilo tributario se ricorra il disposto di cui al comma 3 dell’articolo 37 del d.P.R. 600/73. Sul punto, per giurisprudenza costante, si ritiene che nei casi in cui non si realizza una effettiva degradazione dell’interesse del disponente sui beni trasferiti in trust, quest’ultimo è nullo e non produce l’effetto segregativo che gli è proprio.

III.b Il presupposto oggettivo e l’elemento territoriale
Un altro elemento dell’imposizione del trust è il presupposto oggettivo, costituito dal possesso in capo al trust, ai sensi dell’articolo 72 del TUIR, di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate all’art. 6 e cioè: redditi fondiari, di capitale, da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, da impresa, redditi diversi. Dovranno essere considerati pertanto, tutti i redditi dei beni trasferiti in trust rientranti nelle anzidette categorie.

Con riferimento all’elemento territoriale, ai sensi dell’art. 58 c. 3 d.P.R. 600/73 i soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza, nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività. Al pari delle persone fisiche (art. 3 Tuir), per i trust residenti vige la tassazione di tutti i redditi posseduti, sia italiani che esteri.

Quanto stabilito per le persone fisiche non residenti (art. 23 Tuir), vale anche per i trust non residenti ( artt. 75–151-153 Tuir) e cioè la tassazione dei redditi prodotti in Italia.
È di fondamentale importanza stabilire la residenza di un trust, poiché in caso di residenza in Italia, tutti i suoi redditi ovunque prodotti sono imponibili in Italia. Per individuare la residenza di un trust ai sensi del coacervo degli artt. 73 c. 3 Tuir e 58 d.P.R. 600/73, si potrà fare riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

Vige la seguente norma antielusiva, ai sensi del c.3 del citato articolo 73, i trust esteri istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni, e comunque non inclusi nella white list (d.m. 4.9.96 e succ.), sono considerati residenti in Italia qualora almeno un disponente e un beneficiario siano residenti in Italia; si considerano altresì residenti i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni, quando siano posti in essere da parte di un soggetto residente in Italia a favore del trust, atti di trasferimento di diritti di proprietà su beni immobili, o di trasferimento di diritti reali immobiliari ovvero vincoli di destinazione sugli stessi. (cd. Attrazione della residenza).

Tale disciplina antielusiva trova applicazione solo nel caso siano residenti in Italia i beneficiari effettivi del reddito, (a nulla rilevando la residenza dei beneficiari del fondo in trust) ed è applicabile ai trust con beneficiari individuati, i cui redditi, quindi, sono imputati per trasparenza.
Come conseguenza della presunzione di residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti i redditi del trust, ovunque prodotti, sono imponibili in Italia secondo il principio del worldwide taxation principle. Si segnala comunque il regime opzionale cd branch exemption introdotto dall’art. 14 del d. Lgs 147/2015.

Ove compatibili, anche le disposizioni in materia di estero-vestizione delle società previste dall’art. 73 del TUIR, commi 5-bis e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella white-list, per i quali non trova applicazione la specifica presunzione di residenza di cui all’art. 73, comma 3 del Tuir.

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