Il 2016 si è aperto con una legge di Stabilità che, in materia fiscale, segna una forte discontinuità rispetto alle manovre degli ultimi anni.
Il decennio appena trascorso è stato infatti caratterizzato da manovre fiscali “restrittive”, che hanno fatto impennare la pressione fiscale nel nostro Paese (misurata dall’Istat in percentuale del PIL) dal 39,1% del 2005 al 43,4% del 2014.
La Banca mondiale, che nel calcolo del tax rate tiene conto anche dei contributi a carico del datore di lavoro e della quota del TFR, ha calcolato nel 2015 un prelievo addirittura pari al 65,35% dei profitti.
La Legge di Stabilità 2016 sembra finalmente invertire la rotta e porre le basi, si spera, per un deciso e duraturo ritorno alla crescita ed allo sviluppo del nostro Paese.
L’abolizione della TASI sull’abitazione principale (escluse quelle di lusso), i maxi-ammortamenti, la riduzione al 5% dell’imposta sostitutiva per le neo-attività nel regime forfettario, il taglio dell’lRES al 24%, anche se posticipato al 2017, sono interventi di natura espansiva, che rappresentano quel raggio di luce in fondo al tunnel che da tempo ci si attendeva di scorgere e che, ci si augura, siano solo il primo passo per misure ancora più coraggiose.
Segno che l’economia sta lentamente ripartendo, che il clima sta probabilmente cambiando.
Segnali positivi che, tuttavia, hanno bisogno di essere sostenuti, rafforzati, per ripristinare un clima di maggiore fiducia che ridia slancio e competitività alle nostre imprese e, più in generale, all’economia nel suo insieme.
Alcune misure sono state, peraltro, approvate anche in seguito alle proposte che il Consiglio nazionale dei commercialisti ha presentato nel corso del recente Congresso nazionale di Milano e ribadito nel Tavolo che il MEF ha attivato proprio per la formazione della Legge di stabilità, in cui per la prima volta anche la nostra Professione è stata invitata ad offrire il proprio contributo.
Mi riferisco, in particolare, all’estensione anche ai Professionisti della possibilità di beneficiare dei maxi-ammortamenti sui nuovi beni strumentali, ma anche all’anticipazione al 2016 dell’applicabilità delle nuove sanzioni amministrative, alla riproposizione delle misure agevolative per l’assegnazione dei beni ai soci, nonché all’anticipazione della possibilità di emettere le note di credito IVA all’apertura delle procedure concorsuali, anche se, su quest’ultimo punto, sarebbe stata preferibile un’efficacia delle nuove norme al 1° gennaio di quest’anno, anziché del 2017, come invece previsto dalla legge. Ovviamente, non è tutto oro ciò che luccica.

Termini di accertamento
Tra gli interventi che, a nostro parere, meritano un ripensamento vi è, innanzitutto, quello sui termini di accertamento. Se è vero, infatti, che è stato eliminato il raddoppio dei termini per le violazioni oggetto di denuncia penale per uno dei reati tributari di cui al D.Lgs. 74/2000 (disciplina, peraltro, già modificata, in sede di riforma dal decreto sulla certezza del diritto), è stato anche previsto un ampliamento dei termini ordinari di rettifica delle dichiarazioni dei redditi e dell’Iva al 31 dicembre del quinto anno successivo (in luogo del quarto anno) ovvero al 31 dicembre del settimo anno successivo in caso di dichiarazione omessa o nulla (in luogo del quinto anno).
Mentre prima esisteva, dunque, un regime differenziato che penalizzava gli evasori che commettevano reato, attualmente, invece, non vi è più alcuna distinzione.
Se questo è il senso delle modifiche, non sembra corretto né razionale che, per ridurre i termini di accertamento (invero fin troppo ampi) per i contribuenti che abbiano assunto condotte (potenzialmente) rilevanti sotto il profilo penale, si allunghino i termini di accertamento indistintamente per tutti i contribuenti, anche quelli che hanno sempre rispettato le regole.
D’altra parte, quattro anni per rettificare le dichiarazioni presentate dai contribuenti è, senza dubbio, un periodo sufficiente per esperire i controlli con la dovuta diligenza ed analiticità.
L’ampliamento dei termini rischia, inoltre, di andare contro quelle esigenze di certezza del diritto e quel clima di fiducia Fisco-contribuenti che pure rappresentano i capisaldi della riforma appena attuata e dei più recenti interventi in materia fiscale.
Per i termini ordinari, si auspica pertanto un ritorno alla vecchia disciplina, sicuramente maggiormente in linea con le predette finalità.

POS professionisti
Un secondo intervento che meriterebbe qualche accorgimento è quello relativo all’obbligo che incombe su imprese, esercenti al minuto e professionisti di accettare pagamenti effettuati tramite POS.
Al fine, evidentemente, di favorire la tracciabilità dei pagamenti, la Legge di stabilità 2016, da una parte, prevede la possibilità di pagare con bancomat o carte di credito anche importi inferiori a 5 euro (eliminando quindi il previgente limite di 30 euro) e, dall’altra, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia, la disciplina “dell’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie …, anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito …”.
Orbene, a parte la singolarità della devoluzione ad una norma di rango secondario per la fissazione del regime sanzionatorio applicabile, in aperta violazione del principio di legalità costituzionalmente previsto, la misura non sembra neppure ben coordinata con la previsione, inclusa nella medesima Legge, che innalza l’asticella per l’utilizzo del contante a 3.000 euro.
Pur condividendo la necessità di rispondere contemporaneamente all’esigenza di combattere l’evasione fiscale e di non comprimere i consumi, occorre, a nostro parere, rivedere la norma sui soggetti obbligati a dotarsi di POS.
Tale obbligo dovrebbe infatti essere circoscritto, al più, ad imprese, esercenti al minuto e professionisti con attività rivolta ad una clientela di consumatori finali.
Per coloro che invece si rivolgono ad una clientela di sostituti d’imposta obbligati alla ritenuta sui pagamenti che effettuano, l’ulteriore obbligo di tracciare detto pagamento con il POS risulta, evidentemente, poco utile ai fini del contrasto all’evasione.
Si pensi, per fare un esempio, a tutti i giovani professionisti che svolgono la loro attività all’interno dello studio del proprio “dominus” e che fatturano unicamente al professionista titolare dello studio (che sicuramente non eroga i compensi ai propri collaboratori con il bancomat).
Ma si pensi anche a tutti i Professionisti con attività rivolta esclusivamente nei confronti di imprese e di altri professionisti che fatturano compensi sempre soggetti a ritenuta.
Almeno per tali soggetti dovrebbe dunque prevedersi l’esclusione dall’obbligo di dotarsi del POS, risolvendosi quest’ultimo, in tali casi, in un accessorio inutile e costoso.

Proposte
Fin qui, quello che c’è. Non va dimenticato, tuttavia, quello che, a nostro parere, manca nella manovra appena approvata.
Si tratta di proposte “a costo zero” per le casse dello Stato, ma prioritarie per noi Commercialisti, presentate sia ai Tavoli presso il MEF sulle semplificazioni fiscali e sulla Legge di Stabilità sia al Tavolo permanente con l’Agenzia delle Entrate.
Innanzitutto la definizione di un nuovo calendario delle scadenze fiscali, con tempi certi e meglio distribuiti nel corso dell’anno, che ci consenta di svolgere l’attività con la dovuta diligenza professionale.
In tale contesto, abbiamo proposto, in conformità allo Statuto del Contribuente, la proroga automatica di 60 giorni dei termini di dichiarazione e versamento, nei casi di ritardo nella pubblicazione dei software applicativi e/o dei provvedimenti attuativi della disciplina, necessari per l’adempimento.
Una sorta di clausola di salvaguardia contro i potenziali “abusi” di un sistema fiscale “disattento” nei confronti dei contribuenti, che assicurerebbe tempi certi e congrui a tutti gli adempimenti fiscali.
Un ulteriore intervento di buon senso sarebbe la sospensione feriale, dal 1° al 31 agosto, dei termini amministrativi a carico del contribuente. Sospensione che trova giustificazione nel recente proliferare di comunicazioni e di richieste da parte del Fisco, a ridosso della pausa estiva (nel 2015, oltre ai consueti preavvisi di irregolarità sulle dichiarazioni, sono state recapitate, tra giugno e luglio, oltre 200.000 nuove comunicazioni per favorire la compliance).
Trattandosi di una situazione destinata a ripresentarsi ogni anno, la soluzione definitiva del problema non può quindi che passare per via normativa.
Proposte che, se accolte, rappresenterebbero un importante segno di civiltà per un Fisco più giusto e collaborativo e che speriamo possano tramutarsi in norme nei prossimi “veicoli” legislativi messi in cantiere dal Governo.

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