Monsignor Giuseppe Giudice è stato consacrato vescovo della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno esattamente cinque anni fa. Dal suo osservatorio privilegiato, che segnali arrivano dal territorio?
Il territorio è stretto tra due realtà più grandi: Napoli e Salerno. Possiamo definirla una terra di passaggio poco estesa ma densamente popolata, e questo comporta il condensarsi di tante situazioni e problemi non espressamente visibili, ma molto presenti nel sottobosco. Dal punto di vista economico ho l’impressione che ci siano dei segnali di ripresa, ma ancora molto deboli, in particolare per la mancanza di lavoro per i giovani. Segnali migliori li coglierei in alcune attenzioni che provengono dalle imprese del territorio, però sono impercettibili e non sempre capaci di dare l’impulso determinante.

Solidarietà è un termine che ricorre spesso nei suoi interventi, soprattutto rispetto ai giovani che non hanno lavoro. Qual è la situazione occupazionale nell’Agro nocerino-sarnese?
La presenza dei giovani è massiccia; non si ha l’esodo come accade in altre zone del Sud perché le grandi città e le principali università sono vicine e facilmente raggiungibili. Questa presenza massiccia, però, non sempre coincide con la loro occupazione. Incontrando e parlando con tanti di loro, anche preparati dal punto di vista culturale, si coglie la fatica a restare sul territorio. Molti hanno il grande sogno di poter contribuire alla ripresa di questa terra, ma spesso si devono accontentare di lavoretti o situazioni marginali.
La parola solidarietà non sempre è coniugata con un’economia che ha perso la primitiva vocazione agricola, è stata un po’ illusa con la vocazione industriale ed oggi costringe molti giovani a reinventarsi il futuro. La fatica di questa terra, piaga del Sud, è anche il non guardare con positività alle occasioni od alle possibilità di un lavoro fatto insieme come quello cooperativo, la cui accezione tante volte da noi ha un valore negativo. Certamente questo fenomeno favorisce anche la fuga dei cervelli od il rimanere dei giovani “occupati” presso le famiglie.

La Diocesi di Nocera ha un Consiglio per gli Affari economici che si è dotato di un Collegio dei revisori dei conti. Il Consiglio nazionale dei commercialisti, i cui iscritti svolgono anche la funzione di revisione, sostiene da sempre che il collegio rappresenta un insostituibile strumento di garanzia. Cosa ne pensa?
L’attenzione al mondo economico, da sempre presente nella realtà ecclesiale, oggi è chiamata ancora di più alla trasparenza ed alla capacità gestionale. L’economia per la Chiesa e per le sue realtà ha certamente una finalità diversa da ciò che avviene nel mondo laico. La Chiesa non demonizza l’economia od i soldi, ma da sempre sa che sono strumenti da ben utilizzare per una finalità sempre più alta. Il profitto non è il fine dell’economia ecclesiale. Essa ha lo scopo di distribuire i beni e di utilizzarli per il sostentamento e la vita delle comunità. La funzione dei revisori è certamente un aiuto per far sì che i “conti tornino” e la realtà economica sia utilizzata secondo le norme, per un fine di solidarietà.

Lei ha investito molto in comunicazione: un nuovo sito internet, una pagina Facebook che piace a 10 mila persone, il mensile Insieme ed il corso di giornalismo Io scrivo rivolto ai fedeli. Per quale motivo?
La comunicazione per la Chiesa è un mandato che viene dal Signore. Gesù ci ha detto di parlare sui tetti, di comunicare e, da sempre, l’evangelizzazione ha cercato mezzi nuovi per arrivare a tutti. Senza la comunicazione oggi parleremmo soltanto all’interno delle nostre realtà, ben sapendo che c’è una comunicazione tra le mura domestiche ed una comunicazione sulla piazza. I pregi ed i difetti li possiamo trovare proprio nel confondere ciò che va detto all’orecchio e ciò che deve essere detto sui tetti. Ogni comunicazione ha bisogno di riservatezza e pudore. Ogni Vangelo o Buona Notizia deve essere gridato anche dai tetti, specialmente per denunciare situazioni di ingiustizia che calpestano la dignità degli uomini e delle donne. La Chiesa ci ricorda che la comunicazione non è fatta dagli strumenti, ma dalle persone che si servono degli strumenti.

Nel 2014 papa Francesco ha incontrato i commercialisti italiani. Per il Pontefice, la professione rappresenta un servizio per la società se il professionista coltiva un’etica dell’economia, della finanza e del lavoro.
L’incontro di papa Francesco con i commercialisti italiani entra nella scia dell’evangelizzazione ed è in sintonia con tutto il magistero della Chiesa. Bisogna leggere con attenzione l’Evangelii Gaudium e la Laudato sii per cogliere l’etica dell’economia, della finanza e del lavoro.
Più di una volta il Papa ha ripetuto che senza lavoro non c’è dignità ed è importante ricomprendere un’economia a servizio dell’uomo e del bene di ogni uomo. Una finanza che serva il progresso dell’uomo e dell’umanità ed un lavoro che diventi collaborazione all’opera di Dio. In modo provocatorio mi piace dire e chiedermi: il commercialista è solo un tecnico od un uomo ed un cristiano? Tenendo presente questo, cambia la prospettiva. È anche vero che ogni cristiano è un cittadino ed è saggezza saper coniugare insieme le due appartenenze.

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