Secondo i principi generali del diritto, il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere o ridurre l’attività lavorativa dei propri dipendenti, per cui l’Ordinamento, qualora intervenga una situazione di impossibilità di ricevere la prestazione per causa non imputabile al datore di lavoro, ha previsto una serie di norme che garantiscono – in determinati settori ed in presenza di particolari situazioni – l’erogazione di specifiche indennità a favore dei lavoratori coinvolti in situazioni di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Un intervento di sostegno pubblico, dunque, finalizzato a sostituire od integrare la retribuzione dei lavoratori sospesi o destinatari di provvedimenti di riduzione dell’orario di lavoro – a causa delle situazioni di crisi o difficoltà tipizzate dalla legge – senza che vi sia interruzione del rapporto di lavoro. Appare utile ricordare che nella locuzione “ammortizzatori sociali” vengono abitualmente inclusi, oltre alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, Straordinaria ed in Deroga, anche talune misure dirette al reinserimento nel mondo del lavoro, attraverso assunzioni agevolate, compresi gli interventi previdenziali specifici in caso di disoccupazione e di messa in mobilità conseguenti a procedure di licenziamento collettivo.

La normativa sulle integrazioni salariali si applica ai seguenti settori:

a) imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e gas;
b) cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602;
c) imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco;
d) cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
e) imprese addette al noleggio ed alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica;
f) imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi;
g) imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato;
h) imprese addette agli impianti elettrici e telefonici;
i) imprese addette all’armamento ferroviario;
l) imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica;
m) imprese industriali ed artigiane dell’edilizia ed affini;
n) imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo;
o) imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.

Il decreto legislativo n. 148 del 2015, in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (c.d. Jobs Act), introduce rilevanti novità in materia di ammortizzatori sociali, finalizzate al riordino ed alla razionalizzazione dell’intera disciplina. Con riferimento alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, si ricorda che la stessa può essere attivata per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori od a situazioni temporanee di mercato, mentre i destinatari dei trattamenti di integrazione sono i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio. I lavoratori interessati devono possedere, presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione, fatti salvi i casi di domande relative a trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale.

Dal 24 settembre 2015 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 148/2015) il ricorso alle integrazioni salariali comporta il versamento di un contributo addizionale a carico delle imprese non più commisurato all’organico dell’impresa ma rapportato all’effettivo utilizzo del trattamento. L’applicazione di questa sorta di bonus malus (che non si applica in circostanze particolari come, ad esempio, nel caso di imprese sottoposte a procedura concorsuale) viene compensato con una generale riduzione dell’aliquota del contributo ordinario applicata alle aziende indipendentemente dal ricorso alla Cassa Integrazione. Infatti, in base alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 148/2015, le aliquote relative al contributo ordinario vengono ridotte nelle seguenti misure:

dall’1,90% all’1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti;
dal 2,20% al 2% della retribuzione per quelle che occupano più di 50 lavoratori;
dal 5,20% al 4,70% della retribuzione per le aziende del settore edile;
dal 3,70% al 3,30% della retribuzione per le aziende del settore lapideo.

Come anticipato, nel caso di ricorso alla Cassa i datori di lavoro saranno, invece, obbligati al versamento del contributo addizionale che, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe avere effetti dissuasivi sull’utilizzazione dello strumento. A tal fine il D.Lgs. 148/2015 ha previsto, a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale, le seguenti tre aliquote contributive differenziate in base al concreto utilizzo:

– 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
– 12% oltre il limite di cui sopra e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
– 15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

E’ agevole rilevare come, alla luce delle nuove disposizioni normative, il carico contributivo relativo all’addizionale rappresenti un elemento sostanziale di valutazione nell’ambito delle scelte imprenditoriali, soprattutto nel caso di programmi complessi e di lunga durata. Le aziende dovranno, inoltre, tener conto dell’impatto economico derivante sia dalla modifica della base imponibile sulla quale calcolare il contributo addizionale – che non è più costituita dall’importo delle integrazioni salariali erogate, ma dall’intera retribuzione imponibile lorda persa dal lavoratore – sia l’inclusione degli apprendisti nella sfera di applicazione della Cassa per i quali dovrà essere versata la relativa contribuzione. Una piccola rivoluzione quindi per uno strumento che, se da una parte è stato utilizzato negli anni con troppa disinvoltura al punto di assumere quasi una funzione di gestione ordinaria nel normale dispiegarsi dell’attività imprenditoriale, dall’altra ha certamente contribuito al mantenimento di tanti posti di lavoro.

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