Con l’approvazione alla Camera del disegno di legge delega, avvenuto lo scorso 25 maggio, inizia a delinearsi concretamente la c.d. riforma del Terzo Settore. Il provvedimento (A.S. 1870), esaminato dalla Commissione 1° (Affari costituzionali) del Senato , è stato approvato dall’assemblea di Palazzo Madama nella seduta del 30 marzo 2016.
Trasmesso alla Camera in seconda lettura, il provvedimento  (A.C. 2617-B), esaminato dalla XII Commissione affari sociali che ne ha concluso l’esame senza modifiche, è stato licenziato in via definitiva dalla Camera nel testo trasmesso dal Senato nella seduta del 25 maggio 2016.

Quanto sopra ha confermato le rassicurazioni del sottosegretario del Welfare Luigi Bobba, il quale aveva previsto la rapida conclusione dell’iter parlamentare per effetto della conferma, da parte di Montecitorio, del testo approvato dal Senato Pertanto, l’iniziativa di “riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale”, avviata dall’esecutivo nel 2014, ha raggiunto in data 25 maggio il primo check-point con il testo definitivo della delega al Governo, lasciando quindi il campo al secondo step, avente ad oggetto l’elaborazione dei decreti delegati.
Infatti, si sottolinea che il “testo” in questione (pur essendo definito “riforma”) introduce esclusivamente delle linee guida per la revisione organica della disciplina riguardante il volontariato, la cooperazione sociale, l’associazionismo, le fondazioni e le imprese sociali, essendo rimesso ai decreti legislativi di attuazione l’effettiva (nuova) regolamentazione della materia.

Passando alla sostanza della riforma, questa, operativa entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui sopra, si pone l’obiettivo di revisionare la disciplina contenuta nel Titolo II del Libro I del Codice Civile in materia di associazioni, fondazioni ed altri organismi non lucrativi di diritto privato, dotati o meno della personalità giuridica, nonché il restyling della disciplina dell’impresa sociale e del servizio civile nazionale.
La principale novità in questo senso è la redazione di un codice destinato appositamente agli organismi di cui sopra, il c.d. “Codice del Terzo Settore”, che andrà a raccogliere tutte le norme e le disposizioni ad essi destinate.

Ciò premesso, il Testo unico sul Terzo settore segna un’importante concentrazione di poteri, soprattutto in termini di vigilanza, amministrazione e controllo, in capo al Ministero del Lavoro, seppur con il coinvolgimento ed il raccordo di un nuovo organismo di consultazione rappresentativo dei soggetti coinvolti (c.d. “Consiglio Nazionale del Terzo Settore”) nonché un rafforzamento del ruolo dei Centri di servizi per il volontariato. I Csv, quindi, in virtù della riforma, potranno essere gestiti non solo dalle organizzazioni di volontariato bensì anche dagli altri enti del Terzo settore, verso i quali (ivi comprese le cooperative sociali) potranno prestare i propri servizi di assistenza e supporto.

Nell’intento di semplificare l’attuale situazione, già nell’art. 1 pare evidente la volontà del legislatore di uniformare la disciplina in oggetto mediante la formulazione di una “definizione normativa” di Terzo Settore (finora presente solo in dottrina e giurisprudenza), intendendo come tale il “complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”. La definizione, anche se più ampia rispetto a quella del progetto originario, permette di escludervi quegli organismi che, pur senza scopo di lucro, siano portatori di interessi particolari (partiti e associazioni politiche, sindacali, professionali e di categoria).

Tra i punti più significativi del testo in commento si segnala, nell’intento di garantire la massima trasparenza ed informazione (anche verso i terzi) sulle attività svolte, l’implementazione degli oneri pubblicitari relativamente ai bilanci ed altri “atti fondamentali dell’ente” (anche attraverso la pubblicazione sul proprio sito internet), compensi ed emolumenti corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo nonché l’individuazione di criteri che consentano di distinguere, nella tenuta contabile e dei rendiconti, la diversa natura delle poste in relazione al perseguimento dell’oggetto sociale.
Il provvedimento, inoltre, ha posto le basi per l’istituzione di un “Registro unico nazionale”, del “Consiglio nazionale del Terzo settore” e di un fondo, presso il Ministero del Welfare, volto a finanziare specifici progetti di interesse generale.

Infine, onde evitare di cadere in facili euforie, si ricorda che lo stesso legislatore (art. 1 comma 6, “dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”) non ha lasciato spazio alla possibilità di introdurre nuove ed ulteriori agevolazioni fiscali rispetto a quelle già in essere, dovendo, quindi, sostanziarsi una riforma a “costo zero”.
Considerato il tecnicismo richiesto dalla seconda fase dei lavori di riforma, si auspica un concreto coinvolgimento dei commercialisti nella definizione dei decreti delegati in quanto, sostanzialmente, tali soggetti saranno i primi ad essere coinvolti nell’applicazione delle nuove regole, sia nelle attività di assistenza e consulenza degli enti non commerciali sia in quelle di controllo contabile.
Si attendono, quindi, novità importanti anche per l’attività professionale dei colleghi che operano in contatto con le eterogenee realtà del Terzo settore, una volta che la riforma –oramai attesa da lustri – prenderà vita e sarà finalmente resa operativa.

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