Il numero dei documenti trasmessi telematicamente dai contribuenti o dai loro intermediari tramite i servizi telematici dall’inizio dell’anno fino ad inizio ottobre 2017 è già di 156,4 milioni. Numero che equivale, su base annua, a 204,6 milioni, qualora, come plausibile, il trend di crescita rilevato nei primi nove mesi dell’anno si manterrà costante anche nell’ultimo trimestre. Sono le cifre fornite oggi in audizione presso la Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria dal presidente dei commercialisti italiani, Massimo Miani. Se tale tendenza troverà conferma, nel 2017 si registrerà dunque un sensibile incremento rispetto al 2016 del numero di documenti inviati telematicamente pari al 15,44% (in valore assoluto, +27.367.076 documenti). Incremento che rispetto al 2014 risulta addirittura pari al 100% (nel 2014, i documenti trasmessi sono stati infatti 102.301.862, con un incremento in valore assoluto di 102.311.361 documenti), da cui si evince che soltanto nell’ultimo triennio (2014-2017) i documenti inviati al Fisco sono sostanzialmente raddoppiati.
A ciò va aggiunto il fatto che in tale statistica non sono compresi i documenti inviati all’Agenzia delle Entrate tramite il Sistema di Interscambio (SdI), sul quale sono veicolate tutte le fatture emesse in formato elettronico (poco meno di 30 milioni quelle nei confronti della PA nel solo 2016), nonché le nuove comunicazioni IVA relative alle liquidazioni periodiche (circa 12 milioni in un anno) e ai dati delle fatture emesse e ricevute, compresi i dati dei corrispettivi.

“In tale contesto”, ha detto Miani, “i Commercialisti hanno certamente rivestito un ruolo di primo piano, se si considera che nel 2016 circa il 43% dei 177,2 milioni di documenti, ossia 76,1 milioni, sono stati trasmessi da Commercialisti ovvero da associazioni o società di servizi contabili costituite dagli stessi. Un contributo decisivo allo sviluppo del Fisco telematico che negli anni si è andato consolidando, come confermato del fatto che nel 2000 la quota di documenti trasmessi dai Commercialisti era pari a circa il 30% del totale (13,7 milioni di documenti), sufficiente in ogni caso per posizionare la nostra Professione di gran lunga al primo posto della classifica degli intermediari abilitati”.

“Si può ben comprendere”, ha affermato Miani, “come sia giusto parlare di un vero e proprio boom, negli ultimi anni, degli invii telematici a carico dei contribuenti e dei loro intermediari, che sta generando problematiche e criticità sempre più difficili da gestire e superare”.

“A questo punto”, ha affermato, “serve una seria riflessione sull’effettiva utilità per le esigenze di controllo del Fisco di accumulare nell’Anagrafe Tributaria dati sempre più analitici e numerosi. Recentemente la Corte dei Conti, nella sua relazione su “L’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari ai fini dell’attività di controllo fiscale”, ha rilevato che “a distanza di oltre due anni dalle modifiche introdotte con la legge di stabilità per il 2015, e di oltre cinque anni dall’obbligo di elaborare liste selettive, nessun contribuente è stato selezionato attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quale soggetto a maggior rischio di evasione, né è stata ancora avviata la fase sperimentale, sicché non v’è dubbio che la norma sia stata totalmente disattesa dall’Agenzia delle Entrate e che “deve, altresì, prendersi atto che il Ministro dell’economia e delle finanze, pur titolare dei poteri di indirizzo e vigilanza, non è mai intervenuto attraverso specifiche indicazioni affinché l’Agenzia provvedesse, prima, ad elaborare le liste selettive e, poi, ad effettuare analisi del rischio evasione, nonché a riferire al Parlamento, come dovuto per espressa previsione normativa”. Dalla relazione della Corte dei Conti, ha sostenuto Miani, “emerge dunque con evidenza la realtà di un’Anagrafe tributaria già oggi sovradimensionata rispetto alla effettiva capacità dell’Agenzia delle Entrate di utilizzare proficuamente i dati derivanti dagli obblighi comunicativi posti a carico di contribuenti e intermediari per finalità di contrasto all’evasione fiscale. Anziché richiedere l’invio di nuovi e sempre più analitici dati, è oggi necessario concentrarsi su quelli già presenti, che sono già di per sé molto utili per l’individuazione dei soggetti a maggior rischio di evasione, sempre che evidentemente siano utilizzati nel modo più efficace ed opportuno”.

Si torni al vecchio spesometro
Nel corso dell’audizione, Miani ha a lungo affrontato anche il tema spesometro. “Va ripristinato il vecchio adempimento”, ha detto, “prevedendo “l’obbligo di comunicare i dati delle operazioni rilevanti Iva con periodicità annuale ed in forma semplificata”, con “facoltà di aggregare i dati per singolo cliente/fornitore ed escludendo le operazioni attive di importo unitario inferiore a 3.000 euro, al netto dell’Iva, lasciando, infine, la possibilità di utilizzare per la trasmissione il servizio telematico Entratel”. Il presidente nazionale della categoria professionale ha, inoltre, ricordato i recenti disagi legati all’adempimento fiscale, quando, cioè, “gli intermediari in possesso di credenziali di accesso Entratel, inserendo sul portale dell’Agenzia delle Entrate ‘Fatture e Corrispettivi’ il codice fiscale di un qualsiasi soggetto obbligato allo ‘Spesometro’, anche diverso dai propri clienti, erano in grado di visualizzare, stampare e modificare tutti i documenti inviati” da tale soggetto, “pur non avendone alcun titolo”. Il sito, pertanto, ha aggiunto Miani, “non garantiva la doverosa protezione dei dati personali inviati, che pertanto sono rimasti per molti giorni accessibili anche a soggetti non autorizzati alla loro visione e al loro utilizzo”. E’, dunque, “necessario” considerare l’obbligo “di natura sperimentale per tutto il 2017”, con conseguente “totale disapplicazione delle sanzioni per le violazioni eventualmente commesse, tenuto conto dei disservizi e delle oggettive difficoltà, in parte ancora da risolvere”, ha sostenuto il presidente dei commercialisti.

Fatturazione elettronica sperimentale
Al centro del confronto in audizione anche il tema “fattura elettronica”. I commercialisti, ha spiegato Miani, pur non contrari in linea di principio all’accelerazione sul punto, restano convinti che “la gran parte delle piccole e piccolissime imprese del nostro Paese non sono pronte per affrontarlo al meglio”. Dopo i clamorosi disservizi verificatisi con lo spesometro, per Miani sarebbe dunque preferibile, “prima di estendere ulteriormente l’obbligo di fatturazione in formato elettronico anche ai rapporti ‘business to business’, prevedere “un periodo di sperimentazione in cui poter collaudare le procedure e permettere ai soggetti interessati di dotarsi degli strumenti necessari”.

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