L’art. 9, commi da 1 a 6, del disegno di legge di stabilità per il 2016 ha riproposto il regime agevolato per l’assegnazione o la cessione ai soci di beni immobili e mobili registrati non strumentali per destinazione e per la trasformazione in società semplice delle società commerciali, operazioni da effettuarsi entro il 30 settembre 2016. Tale disciplina era stata in precedenza introdotta dalla legge n. 244 del 2007, ma nella relazione di accompagnamento si precisa che la normativa in esame prende le mosse da quella precedentemente prevista nell’art. 29 della legge n. 449 del 1997, successivamente integrata dalla legge n. 28 del 1999. A differenza del passato mancano, però, specifiche disposizioni ai fini dell’IVA, che non sono state inserite onde evitare problemi di incompatibilità con le direttive dell’Unione europea. Non è, inoltre, necessario effettuare lo scioglimento della società per fruire dei benefici previsti.

I beni agevolati sono gli immobili strumentali per natura, quelli costituenti beni-merce e gli immobili-patrimonio (compresi quelli locati dalle società di gestione immobiliare), nonché i beni mobili registrati non utilizzati come strumentali nell’attività propria dell’impresa (sono, quindi, esclusi, ad esempio, gli autoveicoli delle società di noleggio e delle autoscuole e i taxi).
La trasformazione agevolata riguarda le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di tali beni. Al riguardo si ritiene che tale condizione vada verificata alla data della delibera di trasformazione e che assuma rilevanza la situazione di fatto, al di là dell’oggetto societario. Inoltre tutti i soci devono risultare iscritti al libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2016 (o entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge se il titolo di trasferimento ha data certa anteriore al 1° ottobre 2015).

Le quote di partecipazione dei singoli soci possono, invece, variare anche dopo tali date. Per le società di persone la qualifica di socio deve risultare da un titolo idoneo avente data certa, e per le società a responsabilità limitata si ritiene vada fatto riferimento al deposito dell’atto nel registro delle imprese.
Sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o posseduti all’atto della trasformazione ed il loro costo fiscalmente riconosciuto si applica l’imposta sostitutiva dell’8 ovvero del 10,5 per cento se le società sono considerate non operative in almeno due dei tre periodi precedenti (occorre, a tal fine, avere riguardo al test di operatività o all’esito del monitoraggio delle perdite nel quinquennio precedente ed alle cause di esclusione e di disapplicazione automatica, nonché all’esito dell’eventuale istanza di interpello). E’ inoltre ridotta alla metà l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa. Le riserve in sospensione d’imposta annullate sono assoggettate all’imposta sostitutiva del 13 per cento.

E’ possibile determinare il valore normale degli immobili sulla base del valore catastale: in tale ipotesi l’eventuale mancanza di base imponibile non impedisce di fruire del beneficio (circolare 40/E del 2002). In caso di cessione dei beni ai soci non è mai configurabile una minusvalenza ai fini fiscali.
I maggiori problemi interpretativi si pongono in merito alla previsione in base alla quale nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni dell’art. 47 del TUIR.

Stante il tenore letterale della norma parrebbe, quindi, che il valore normale dei beni non costituisca utile in natura per i soci e che l’imposizione venga posticipata al momento della cessione della partecipazione perché il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. Non sarebbero, inoltre, applicabili le presunzioni riguardanti la distribuzione delle riserve di utili.

Va, però, considerato che la precedente legge n. 449 del 1997 aveva previsto la disapplicazione dell’allora art. 41 del TUIR, il cui testo divergeva apprezzabilmente da quello dell’attuale art. 47. In base alla menzionata affermazione della relazione di accompagnamento – secondo la quale l’attuale normativa è ispirata a quella del 1997 – potrebbe, quindi, ritenersi che le disposizioni che affermano la natura reddituale delle assegnazioni di utili o di riserve di utili vadano disapplicate limitatamente all’ammontare degli stessi che eccede (eventualmente) l’imponibile assoggettato dalla società ad imposta sostitutiva.

Nella circolare n. 40/E del 2002 l’Agenzia delle Entrate aveva, infatti, affermato che per il socio il costo fiscalmente riconosciuto del bene coincide con il valore normale determinato dalla società e che la differenza tra quest’ultimo e la plusvalenza assoggettata ad imposta sostitutiva costituisce un dividendo se l’assegnazione è avvenuta a fronte della distribuzione di utili ovvero riduce il costo della partecipazione se sono distribuite riserve di capitale. In pratica, gli utili sarebbero esonerati dall’imposizione soltanto fino a concorrenza del maggior valore dei beni assoggettato ad imposizione dalla società.

Quest’ultima soluzione si basa, come detto, su un’interpretazione logico-sistematica, che consente, tra l’altro, di evitare disparità di trattamento tra i soci persone fisiche (per i quali si applicherebbe, secondo l’interpretazione letterale della norma, la completa detassazione degli utili derivanti dalle assegnazioni) ed i soci soggetti all’IRES, per i quali non risulta disapplicato il disposto dell’art. 89, comma 2, del TUIR (che prevede l’imposizione dei dividendi conseguiti anche in caso di assegnazione). Si rileva, inoltre, che adottando l’interpretazione letterale, se il valore normale dei beni assegnati, al netto dei debiti accollati, è superiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, si porrebbe la questione dell’imposizione del cosiddetto “sottozero”, trattandosi di un differenziale assimilabile al dividendo.

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