Il passaggio parlamentare è un’occasione da non sprecare per migliorare il disegno di legge che modifica il Codice antimafia. E’ quanto affermato dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso di un’audizione svoltasi oggi presso la Commissione Giustizia del Senato. Secondo i commercialisti, il disegno di legge, già approvato alla Camera, accanto a numerosi interventi risolutivi delle criticità presenti nell’attuale Codice antimafia, contiene anche problematicità da superare. Le norme sulle quali la categoria chiede interventi migliorativi sono soprattutto quelle relative al ruolo dell’amministratore giudiziario e ai criteri della sua nomina e al ruolo dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (A.N.B.S.C.).
“Nel DDL – afferma il presidente nazionale della categoria, Gerardo Longobardi – sono state inserite delle previsioni che penalizzano fortemente l’amministratore giudiziario, una figura fondamentale per garantire un’efficace gestione dei beni. Non si comprende – se non in un’ottica punitiva – per quale motivo l’amministratore nelle misure ex art. 34 debba assumere su di sé senza percepire emolumenti, come prevede il testo, le gravose e aggiuntive responsabilità connesse agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali”. Altra norma contestata dalla categoria è quella che prevede che il singolo amministratore giudiziario possa assumere un numero di incarichi aziendali “comunque non superiore a tre”. Una disposizione che, afferma Longobardi “risulta mal formulata, illogica e affetta ab origine da illegittimità costituzionale e che esprimere un’evidente diffidenza verso la categoria degli amministratori giudiziari e verso il tribunale che li nomina”.
“Riteniamo – prosegue il presidente dei commercialisti – che tale approccio non rappresenti il metodo più efficace per arginare abusi e concentrazioni sostanziali di incarichi; anche perché rimette inopinatamente la trasparenza ad una rotazione cieca”. Longobardi chiede di tornare alla proposta formulata dalla Commissione Antimafia alla Camera “che mirava all’introduzione di un opportuno e necessario limite qualitativo, e non quantitativo, al cumulo degli incarichi”. Un’opzione che “renderebbe più trasparenti le scelte dei Tribunali nel conferimento degli incarichi, senza ingabbiarli in meccanismi rigidi e inadatti alla complessità delle funzioni svolte”. Critiche sono state espresse anche sull’introduzione di una nuova tipologia di amministratore giudiziario quale quella del dipendente della società INVITALIA S.p.A., cui andrebbero gli incarichi nei casi in cui il sequestro o la confisca riguardino “aziende di straordinario interesse socio-economico”. “Pur apprezzando lo sforzo di coinvolgere la società INVITALIA S.p.A. nel processo di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati – commenta Longobardi – riteniamo che, stante l’elevato tecnicismo della materia, l’amministratore giudiziario debba essere necessariamente un libero professionista qualificato (avvocato o dottore commercialista) e non possa coincidere con un dipendente pubblico e/o di una società partecipata, anche per i possibili conflitti di interesse che potrebbero in concreto configurarsi”. Per questo motivo il Consiglio Nazionale “pur ritenendo utile creare una “rete” di rapporti tra l’amministratore giudiziario e gli enti istituzionali preposti, propone che il dipendente della società INVITALIA S.p.A. possa eventualmente assumere l’incarico di coadiutore dell’amministratore giudiziario, incarico questo di minore impegno e portata”.
Per quanto riguarda l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il Consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla funzioni giudiziarie, Maria Luisa Campise ha invitato a considerare la proposta del Consiglio nazionale “purtroppo non recepita dalla Camera”, relativa alla necessità di traslare le competenze dell’Agenzia alla confisca definitiva. Per Campise “pur prevedendo di lasciare all’Agenzia nazionale le competenze di ausilio e supporto in costanza di procedura giudiziaria, essa dovrebbe assumere la competenza gestoria e quella relativa alla destinazione dei beni soltanto con la confisca definitiva”. “Siamo convinti che l’Agenzia – spiega Campise –, viste le scarse risorse umane a sua disposizione, non possa concretamente gestire l’imponente mole di beni che la magistratura sequestra e confisca ogni anno, che secondo gli ultimi dati ufficiali ammontano a circa 140 mila unità. La nostra proposta – conclude – punta a far funzionare meglio un organismo così determinante nella lotta alle mafie quale l’Agenzia. Lo abbiamo detto chiaramente in audizione, le nostre sono proposte per il buon funzionamento del sistema, non corporative. E l’audizione ci lascia molto soddisfatti per la competenza e la volontà di ascolto manifestataci dal Senatore Nico D’Ascola e da tutta la Commissione Giustizia del Senato da lui presieduta”
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