Prevedere che i crediti d’imposta derivanti dagli interventi ammessi al superbonus possano essere riportati a nuovo, ai fini del loro utilizzo in compensazione, sino al sesto periodo di imposta successivo a quello di competenza. È una delle proposte avanzate dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso di una audizione tenutasi oggi presso la Commissione finanze e tesoro del Senato in merito all’Indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta. Secondo i commercialisti, la cui delegazione era composta dal tesoriere del Consiglio nazionale, Salvatore Regalbuto e dal coordinatore dell’area fiscalità della Fondazione nazionale della categoria, Pasquale Saggese, “questa soluzione operativa ha il pregio, rispetto all’attuale situazione normativa, di consentire di non modificare le condizioni di sconto applicate dalle banche ai cedenti in sede di acquisto, ma al tempo stesso di incidere positivamente sulla capacità di acquisto dei crediti da parte delle banche, che possono in tal modo ampliare le stime dei propri plafond di acquisto, rispetto a quelle attualmente formulate con un approccio ultra-prudenziale. Con la riportabilità sino al massimo al sesto anno successivo, viene nella sostanza confermato l’orizzonte temporale di “diluizione” da 4 a 10 anni prevista dall’attuale formulazione normativa”

Al fine di consentire lo sblocco dell’ingente stock di crediti rimasti incagliati nei cassetti fiscali di imprese e privati cittadini, i commercialisti hanno proposto anche che “almeno per i crediti d’imposta relativi alle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura relative ad interventi eseguiti fino al 31 dicembre 2022, sia previsto un meccanismo transitorio e straordinario che consenta agli operatori finanziari (banche, assicurazioni, ecc.) di ampliare la capacità di acquisizione di crediti mediante la compensazione con le imposte che la generalità dei loro clienti versano per il loro tramite, per una quota ritenuta ragionevole e sostenibile”. Una proposta, ha sottolineato Regalbuto, “peraltro già condivisa dalle principali associazioni delle banche e dei costruttori edili”. Regalbuto ha proposto poi di eliminare il limite al numero massimo di cessioni che le banche e gli altri operatori qualificati possono effettuate. “Il sistema bancario – ha spiegato – offre ampie garanzie contro il rischio di frodi, avendo fin dall’origine implementato procedure subordinate a rigorose e selettive due diligence che, seppur non previste normativamente, sono divenute ormai prassi consolidata e che vanno ad aggiungersi ai controlli preventivi (visto di conformità e attestazione e asseverazioni tecniche e di congruità dei costi) nonché ai presìdi antiriciclaggio già previsti per legge”.

“Quanto prospettato – ha proseguito – è indispensabile per superare l’attuale stallo nella monetizzazione dei crediti evitando che misure adottate nel pieno dell’emergenza pandemica per sostenere e rilanciare l’economia, e per le quali lo Stato ha allocato rilevanti risorse, si trasformino, come peraltro sta già avvenendo, in un micidiale boomerang economico e sociale per famiglie e imprese”.

Sempre in materia di bonus edilizi, dai commercialisti è stata inoltre rimarcata la necessità che si “intervenga rapidamente con provvedimenti di prassi e di interpretazione autentica in merito ai numerosi dubbi applicativi, che a distanza di oltre due anni e mezzo dall’introduzione delle nuove norme, ancora non sono stati dipanati, trai i quali il perimetro di applicazione temporale e oggettivo del requisito SOA per le imprese affidatarie di lavori superiori a 516.000,00 euro”.

Infine, è stato posto l’accento sulla necessità di stabilizzare le misure agevolative connesse al piano Industria 4.0 e sull’opportunità di estendere a tali agevolazioni la facoltà di optare per lo sconto in fattura e la cessione a terzi del credito di imposta, ricordando che tale impegno era già stato assunto dal Governo Draghi. “E’ quanto mai opportuno che venga rimesso all’ordine del giorno – ha concluso Regalbuto – in quanto i vantaggi per le imprese sarebbero notevoli, tra cui quelli di monetizzare più velocemente il credito d’imposta; accelerare la transizione ecologica e tecnologica; aumentare la capacità di finanziamento; migliorare la produttività; ridurre il rischio di credito del sistema bancario; indirizzare l’eccedenza di liquidità presente negli istituti di credito nell’economia reale; creare nuova occupazione soprattutto giovanile, tenuto conto che gli investimenti in digitalizzazione e innovazione tecnologica sono proprio quelli di maggiore interesse per i giovani”.

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