1.      Entrata in vigore del Codice della Crisi e disciplina transitoria

L’art. 389 del Codice della Crisi (di seguito anche solo “Codice”) detta il regime di entrata in vigore delle disposizioni ivi contenute, distinguendo tra quello di entrata in vigore del Codice nel suo complesso e quello di alcune specifiche disposizioni.

Il Codice, in forza del comma 1 del citato art. 389, entra in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione in G.U. e, dunque, il prossimo 15 agosto 2020.

Accanto al regime di entrata in vigore generale valevole per tutte le disposizioni, si distingue, come anticipato, un regime riservato soltanto ad alcune norme; e segnatamente agli artt. 27, comma 1, 350[1], 356, 357, 359, 363[2], 364, 366[3], 375, 377, 378, 379[4], 385, 386, 387 e 388[5].

Nello specifico, tali disposizioni entreranno in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella G.U. del Codice della Crisi (e, dunque, il prossimo 16 marzo 2019).

La disciplina transitoria è poi dettata nel successivo art. 390 del Codice.

In base al comma 1 di quest’ultima disposizione, i ricorsi per la dichiarazione di fallimento e per le proposte di concordato fallimentare, per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, per l’apertura del concordato preventivo, per l’accertamento dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa e le domande di accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento depositate prima dell’entrata in vigore del Codice (dunque prima del 15 agosto 2020) sono definiti secondo le disposizioni della vigente Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267)  e della Legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento (Legge 27 gennaio 2012, n. 3).

Inoltre, la disciplina di cui alla vigente Legge Fallimentare e alla Legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento continuerà ad applicarsi, in forza di quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 390, alle procedure suindicate ancora pendenti alla data del 15 agosto 2020 e alle procedure che conseguono dalla definizione dei ricorsi o delle domande che devono essere definite secondo la “vecchia disciplina”.

Ne consegue che le procedure che si apriranno (tenendo in considerazione la data di presentazione del relativo ricorso) fino al 15 agosto 2020 o che, a quella data, risulteranno ancora pendenti, resteranno disciplinate, in ogni caso, fino alla loro chiusura, dalle norme dettate dalla vigente Legge Fallimentare e dalla Legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento.

Per quanto specificamente rileva in questa sede, dal regime appena delineato deriva che, per le procedure alle quali si applicano le “vecchie norme”, i requisiti di nomina a curatore, commissario giudiziale, liquidatore e quelli per assolvere alle funzioni di attestatore, resteranno invariati rispetto al passato, in quanto soggetti all’applicazione della “vecchia” ma ancora vigente disciplina sino alla conclusione della procedura.

2.      L’albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza (art. 356 del Codice della crisi)

Alla luce di quanto sin qui esposto discende che troverà applicazione, fino al 15 agosto 2020 e per le procedure ancora pendenti a quella data, l’art. 28 della Legge Fallimentare per quanto attiene le modalità e i requisiti di nomina a curatore, commissario giudiziale, liquidatore e attestatore.

Tale ultima conclusione non muta nemmeno alla luce del fatto che, l’art. 356 del Codice rubricato “Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza”, entra in vigore sin da subito, ovverosia a partire dal 16 marzo 2019.

Il regime di entrata in vigore, per così dire, anticipato al 16 marzo p.v. non si applica, infatti, alle norme che disciplinano le modalità di nomina.

Ad esempio, l’art. 125 del Codice che “rinvia” all’art. 356 del Codice, ai fini della nomina a curatore nella nuova procedura di liquidazione giudiziale, non entra in vigore immediatamente, ma segue il regime ordinario di entrata in vigore al 15 agosto 2020.

Inoltre, la norma istitutiva dello stesso albo (art. 356 del Codice), che formalmente entrerà in vigore il 16 marzo p.v., non potrà comunque trovare concreta applicazione fintanto che non venga emanato il regolamento che ne disciplina il relativo funzionamento.

Il successivo art. 357 del Codice, infatti, rimette ad un decreto del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3 della legge n. 400/1988 entro il 1° marzo 2020, il compito di determinare le regole di funzionamento dell’albo.

Il suddetto regolamento dovrà, infatti, stabilire le modalità di iscrizione, sospensione e cancellazione all’albo nonché le modalità di esercizio da parte del Ministero della giustizia del potere di vigilanza sugli iscritti. Il decreto dovrà, infine, stabilire il contributo da versare ai fini dell’iscrizione e del suo mantenimento[6].

Appare evidente, quindi, che l’albo, istituito a partire dal 16 marzo 2019, è destinato a non essere attivato fino all’adozione del decreto che ne disciplina il relativo funzionamento.

3.      Requisiti di iscrizione all’albo ex art. 356 del Codice della crisi

L’immediata istituzione dell’albo sarebbe volta a consentire, a partire dal momento in cui sarà emanato il decreto interministeriale di cui all’art. 357 del Codice (regolamento di funzionamento), l’iscrizione dei soggetti che siano in possesso o abbiano maturato i requisiti ivi richiesti.

Ai fini del primo popolamento dell’albo, l’art. 356 del Codice, nella sua attuale formulazione, consente l’iscrizione di coloro che siano in possesso dei requisiti di cui all’art. 358, comma 1, lett. a), b) e c) del Codice[7] e possano documentare di essere stati nominati alla data del 16 marzo 2019 curatori, commissari giudiziali o liquidatori in almeno quattro procedure negli ultimi quattro anni (art. 356, comma 2, secondo periodo del Codice)[8]. Tali soggetti risultano, altresì, esonerati dagli obblighi formativi che dovranno invece essere assolti in via generale da tutti gli altri professionisti che vogliano ottenere l’iscrizione all’albo[9] in base all’attuale formulazione dell’art. 356 del Codice.

In tal modo il legislatore sembrerebbe aver voluto consentire l’iscrizione di almeno una parte dei professionisti, così da garantire alla data di entrata in vigore del Codice – seppur con le criticità di cui si dirà nel prosieguo – la possibilità di attingere al neo istituito albo nonostante i gravosi obblighi formativi imposti ai fini dell’iscrizione.

Alla data del 15 agosto 2020, infatti, come anticipato, tutte le norme del Codice entreranno in vigore, e, per le nomine relative alle procedure che si apriranno a partire da quella data, l’autorità giudiziaria dovrà necessariamente attingere, ai fini della nomina a curatore, commissario giudiziale, liquidatore e attestatore, all’albo di cui all’art. 356 del Codice.

È quindi essenziale che, a quella data, ne sia garantita la corretta istituzione, il funzionamento e soprattutto il necessario popolamento.

Tuttavia, il testo così definito ha generato alcuni dubbi in merito al regime appena delineato.

Se, infatti, per la nomina a curatore non si pongono particolari dubbi in merito all’obbligo per il giudice di attingere all’albo di cui al citato art. 356, stante la chiara formulazione dell’art. 125 del Codice che stabilisce che la nomina a curatore nella liquidazione giudiziale avvenga “osservati gli artt. 356 e 358”, la stessa chiarezza non si riscontra nelle altre disposizioni che disciplinano le nomine a commissario giudiziale e a liquidatore.

Per quanto riguarda al commissario giudiziale del concordato preventivo, gli artt. 44, 47, 92 e 286 del Codice, infatti, non rinviano esplicitamente all’albo di cui all’art. 356, né tantomeno alle disposizioni di cui all’art. 125.

Quanto al liquidatore, l’art. 114 rinvia al solo art. 358 del Codice.

Pertanto la necessità per l’autorità giudiziaria di dover attingere all’albo di cui all’art. 356 deve dedursi esclusivamente dal contenuto della stessa disposizione laddove la stessa prevede che “è istituito presso il Ministero della Giustizia un albo dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste dal codice della crisi e dell’insolvenza…[omissis]”.

Tuttavia, il mancato rinvio espresso all’art. 356 del Codice nelle norme che si occupano della nomina a commissario giudiziale e liquidatore potrebbe portare anche alla diversa interpretazione in base alla quale il giudice non sia affatto obbligato ad attingere dall’albo di cui all’art. 356, ma sia libero di nominare anche soggetti che non vi risultino iscritti, purchè in possesso dei requisiti di nomina di cui all’art. 358 del Codice.

In altre parole, manca nell’attuale impianto del Codice una norma che imponga al giudice di nominare il commissario giudiziale o il liquidatore tra i soli professionisti iscritti nel neo istituito albo[10].

4.      L’art. 352 del Codice della crisi

Per completezza è opportuno segnalare un ulteriore aspetto problematico.

L’art. 352 del Codice, rubricato “Disposizioni transitorie sul funzionamento dell’OCRI”, nella sua attuale formulazione prevede che, sino all’istituzione dell’albo di cui all’art. 356 del Codice, i componenti del collegio di cui all’art.17 I° comma lett. a) e b) costituito a seguito di una segnalazione di allerta siano individuati tra i soggetti iscritti nell’albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili o nell’albo degli Avvocati, i quali abbiano svolto funzioni di commissario giudiziale, attestatore o abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase dell’apertura o tre accordi di ristrutturazione dei debiti che siano stati omologati.

Tra i vari profili problematici posti dalla disposizione in esame, deve preliminarmente osservarsi che, a causa del relativo regime di entrata in vigore, le disposizioni ivi contenute non potranno in concreto mai trovare applicazione.

L’art. 352 del Codice, infatti, pur recando “disposizioni transitorie” destinate ad operare sino all’istituzione dell’albo, nella sua attuale formulazione, entra in vigore soltanto a partire dal 15 agosto 2020. L’albo, invece, verrà istituito (formalmente) già a partire dal 16 marzo 2019 e il relativo decreto di funzionamento, come visto, dovrebbe essere adottato entro il 1° Marzo 2020.

L’unico caso in cui l’art. 352 del Codice potrebbe, quindi, trovare applicazione, stante la sua attuale formulazione, si realizzerebbe nella patologica ipotesi in cui, alla data del 15 agosto 2020, l’albo non risultasse non ancora operativo (ad es. a causa della mancata adozione del decreto che ne disciplini il relativo funzionamento)[11].

In tale patologica situazione troverebbe, quindi, applicazione, ai soli fini della costituzione del collegio dell’OCRI di cui all’art. 17 del Codice, la regola dettata dall’art. 352 del Codice, mentre, diversamente, per tutti gli altri incarichi, venendo meno la vecchia disciplina, non più applicabile agli incarichi assegnati a far data dal 15 agosto 2020, troverebbero esclusiva applicazione le norme contenute nell’art. 358 del Codice.

Per altro bisogna osservare anche il disallineamento tra l’art. 17 del Codice, che richiede che tutti i membri del collegio dell’OCRI siano iscritti all’albo, e l’art. 352, che opportunamente permette che il membro c.d. ‘amico’ possa essere individuato al di fuori dai soggetti iscritti nell’albo.

5.      Decreti correttivi al Codice della Crisi e notazioni conclusive

I segnalati difetti di coordinamento rilevati nelle norme appena esaminate potrebbero trovare soluzione nell’ambito dei decreti integrativi e correttivi che saranno emanati dal Governo, in attuazione della delega già definitivamente approvata dal Parlamento ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, entro due anni dall’entrata in vigore del Codice stesso.

Il profilo sicuramente più problematico dell’attuale disciplina è il rapporto tra gli artt. 352 e 356 del Codice, nella parte in cui vengono diversamente individuati i requisiti professionali che dovrebbero connotare i soggetti destinati ad ricoprire le funzioni di curatore, commissario giudiziale, liquidatore, attestatore, advisor e componente del collegio dell’OCRI.

A ben vedere, partendo dall’analisi dell’originaria bozza di decreto legislativo, presentata dal Governo per il necessario parere parlamentare, appare evidente come nell’impianto originario del Codice i professionisti, nella fase transitoria, antecedente alla effettiva operatività dell’albo di cui all’art. 356, avrebbero dovuto essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 352 del Codice. L’art. 356 della bozza di decreto, invece, non conteneva alcuna norma volta a regolare la fase antecedente all’operatività dell’albo stesso.

È quindi tale diversa ratio legis che deve essere valorizzata anche alla luce dell’evidente irragionevolezza di consentire (sebbene solo ai fini del primo popolamento) l’immediata iscrizione nell’albo dei soggetti che documentino di essere stati nominati curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali, escludendo immotivatamente quei professionisti che abbiano assunto le funzioni di attestatore, o che abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso alle procedure, a giusta ragione ricompresi, invece, nell’art. 352 del Codice.

Va, da ultimo svolta una riflessione in merito alla finalità perseguita dal Legislatore di esentare taluni professionisti, ritenuti maggiormente esperti, dagli obblighi formativi imposti ai fini della iscrizione all’albo. La predetta finalità risulta essere messa in discussione dalla inidoneità del criterio “dell’assegnazione” di soli quattro incarichi negli ultimi quattro anni, previsto dalla norma.

A ben vedere, infatti, il limitato lasso temporale preso in considerazione dalla disposizione in oggetto potrebbe obbligare all’adempimento formativo anche professionisti che operano nell’ambito delle procedure concorsuali da molto tempo e, che, dunque, sicuramente vantano grande esperienza in materia.

Tali professionisti, infatti, a causa dei meccanismi di rotazione imposti dai diversi tribunali potrebbero non aver ricevuto alcun incarico negli ultimi anni o, comunque, aver ricevuto un numero di incarichi inferiore rispetto a professionisti più giovani.

Il periodo preso in considerazione dalla norma, pertanto, dovrebbe essere rivisto e, probabilmente, ampliato: il rischio, altrimenti, potrebbe essere quello di incorrere in una situazione che costringa all’adempimento formativo (richiesto per la iscrizione nell’albo) anche i professionisti più esperti, escludendone irragionevolmente, altri (in modo diametralmente opposto a quella che era l’intentio legislatoris).

Note

[1] L’art. 350 del Codice, rubricato “Modifiche alla disciplina dell’amministrazione straordinaria”, si occupa di coordinare la disciplina vigente, di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, con l’immediata entrata in vigore dell’art. 27, comma 1 del Codice. Quest’ultima norma, che spiega la propria efficacia a partire dal 16 marzo 2019, attribuisce alla competenza del Tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese, di cui all’art. 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, i procedimenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza e le controversie che ne derivano, relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione.

[2] Gli artt. 363 e 364 del Codice introducono, rispettivamente, in capo a INPS, INAIL e all’Amministrazione finanziaria, l’obbligo certificare le posizioni debitorie pendenti, su richiesta del Tribunale o del debitore.

[3] L’art. 366 del Codice modifica l’art. 147 del Testo unico in materia di spese di giustizia (DPR 30 maggio 2002, n. 115) emendando la disciplina sul recupero delle spese in caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale e prevedendo espressamente che “In caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, le spese della procedura e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante quando ha chiesto con colpa la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale; sono a carico del debitore persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. La Corte di appello, quando revoca la liquidazione giudiziale, accerta se l’apertura della procedura è imputabile al creditore o al debitore”. Tale disciplina trova applicazione a partire dal 16 marzo 2019 anche in caso di procedimenti ancora soggetti alla Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267) e, dunque, anche in caso di revoca dei fallimenti adottati con provvedimento emesso a norma dell’art. 18 della Legge Fallimentare.

[4] Gli artt. 375, 377, 378 e 379 del Codice si occupano di apportare le modifiche al codice civile conseguenti all’introduzione dei nuovi obblighi di “allerta”.

[5] Attraverso gli artt. 385 – 388 del Codice sono apportate alcune modifiche al decreto legislativo n. 122 del 2005, che si occupa della disciplina dedicata agli acquirenti di immobili da costruire.

[6] Già il Consiglio di Stato nel parere n. 0940 del 12 dicembre 2018 criticava l’elencazione tassativa dei contenuti del regolamento organizzativo, limitata alle modalità̀ di iscrizione, sospensione e cancellazione dall’albo e di esercizio del potere ministeriale di vigilanza, per il fatto che non venivano contemplate le “(altre) modalità organizzative che possono presumersi necessarie per l’attivazione ed il funzionamento di uno strumento nuovo (dotazione di personale, sede e incardinamento nella struttura burocratica, imputazione organica del potere di vigilanza, etc.)”. Suggeriva, pertanto, un’opportuna integrazione della norma, o quanto meno che la formulazione fosse resa non tassativa.

[7] Il riferimento è ai seguenti soggetti, elencati dall’art. 358 del Codice:

  1. a) gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro;
  2. b) gli studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse siano in possesso dei requisiti professionali di cui alla lettera a), e, in tal caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;
  3. c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

[8] Si tratterà, presumibilmente, dei soli avvocati e commercialisti in ragione del fatto che i consulenti del lavoro, come noto, non potevano avere accesso ai suddetti incarichi prima della approvazione del Codice della Crisi.

[9] Corre l’obbligo di ricordare, per quanto attiene agli obblighi formativi imposti ai professionisti che vogliano richiedere l’iscrizione nell’albo, che in forza del rinvio effettuato dall’art. 356 al solo comma 5, lettere b), c) e d) dell’art. 4 del DM n. 202 del 24 settembre 2014 e succ. mod., tutti i richiedenti dovranno assolvere all’obbligo di formazione specifica consistente nella partecipazione a corsi di perfezionamento di durata non inferiore a duecento ore e nello svolgimento di un periodo di tirocinio di durata non inferiore a sei mesi.

[10] Il Consiglio di Stato nel parere n. 940 del 12 dicembre 2018 aveva già osservato come il coordinamento tra l’art. 125 e l’art. 356 risultasse lacunoso “atteso che il rinvio del primo soltanto all’art. 358 (evidentemente dovuto alla corrispondenza tra tale previsione e l’attuale art. 28 della legge fallimentare, dettato però nel diverso contesto ordinamentale di cui sopra), potrebbe indurre in equivoco circa l’obbligo del tribunale di nominare il curatore tenendo conto dell’iscrizione all’albo, una volta che questo sia stato istituito”. Si suggeriva, pertanto, di aggiungere nell’inciso finale del comma l dell’art. 125 il rinvio anche all’art. 356. Analogo problema non è stato risolto in relazione all’attribuzione dell’incarico di commissario giudiziale e liquidatore.

[11] Si tratta di un’ipotesi non così assurda solo ponendo mente a quanto accaduto in materia di esecuzioni. La mancata adozione del decreto, non regolamentare, che avrebbe dovuto disciplinare la formazione degli elenchi dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita e il funzionamento dell’organo deputato alla vigilanza sugli iscritti, impedisce ancora oggi l’operatività del nuovo art. 179-ter disp. att. c.p.c., come modificato dal decreto legge 3 maggio 2016, n. 59.

Please follow and like us:
Pin Share
Leggi anche

STAI CERCANDO