Il 32,8% di iscritte nell’Albo nazionale e il 49,3% di iscritte nel Registro dei praticanti. Sono i numeri delle commercialiste italiane che emergono dal Bilancio di genere approvato dal Consiglio nazionale della categoria e che fotografa la professione al 1° gennaio 2019 secondo il criterio di genere. Negli ultimi otto anni, il numero delle iscritte all’Albo ha registrato un costante trend di crescita ed è indicativa in proposito la composizione dei tirocinanti dove si registra una sostanziale parità numerica.

Per quanto riguarda le fasce di età, il gap di genere si riduce sensibilmente tra i giovani iscritti all’Albo. Nella fascia under 40, infatti, le donne sono l’8,3% versus il 10,1% di uomini. Nella fascia 40-60, invece, la componente femminile rappresenta il 21,9% contro il 42,8% di quella maschile. Oltre i 60 anni, infine, a fronte del 14,3% di professionisti, le donne sono solo il 2,6%.

Dall’analisi per macroaree territoriali emerge che la più bassa percentuale di iscritte, anche tra i giovani, si riscontra al Sud dove le under 40 si attestano al 6,9% contro il 10% di uomini. La percentuale più alta spetta invece al Nordest dove la percentuale di iscritte di età inferiore a 40 anni (10,8%) è maggiore di quella dei giovani iscritti (10,5%).

La regione con la più alta componente femminile è l’Emilia-Romagna (41%), seguita da Piemonte e Umbria (39,6%), Sardegna (38,6%), Liguria (36,8%) e Basilicata (36,1%). Le regioni con la più bassa percentuale di iscritte sono invece la Campania (26,3%), il Trentino-Alto Adige (27,5%), la Valle d’Aosta (28,1%), la Sicilia (30,1%) e la Puglia (30,3%).

Il Bilancio analizza anche come cambia l’aspetto reddituale a seconda del genere e della distribuzione della popolazione sul territorio. Dai degli iscritti alle Casse di previdenza relativi ai redditi del 2017, emerge che la media Irpef femminile a livello nazionale è pari a 39.949 euro contro quella maschile di 68.616 euro. Il gap maggiore si riscontra nel Nordovest dove gli uomini guadagnano in media il doppio (100.829 euro) delle donne (50.224 euro).

Passando ad una distribuzione per genere delle cariche istituzionali, dal Bilancio emerge che il quello femminile è ben rappresentato all’interno dei Consigli degli Ordini locali, sebbene con qualche distinguo tra le cariche di presidente e consigliere, e molto meno nel Consiglio nazionale. “Negli Consigli locali – afferma Marcella Galvani, consigliere nazionale codelegato alle Politiche di genere – il genere femminile è abbastanza rappresentativo del numero delle iscritte all’Albo poiché la percentuale delle consigliere raggiunge il 28% a fronte del 33% di iscritte. Le criticità si registrano invece nel ruolo di presidente dove le donne rappresentano solo il 10,7%”.

“Anche la composizione del Consiglio nazionale – continua la consigliera del CNDCEC – appare lontanissima dalla rappresentanza di genere poiché su 21 consiglieri le donne, che peraltro non ricoprono ruoli apicali, sono solo due. Ciò è diretta conseguenza della scarsa presenza femminile alla carica di vertice a livello locale. Se la rappresentanza femminile all’interno dei Consigli degli Ordini può considerarsi numericamente accettabile, lo stesso non può dirsi infatti per il ruolo di presidente. Da sempre, il CNDCEC e gli Ordini locali sono stati governati da uomini, ma una gestione maggiormente al femminile porterebbe ad un cambio di mentalità e ad un rinnovamento legati proprio alla diversità di genere. Rinnovamento che sarebbe possibile solo se le donne si candidassero liberamente per portare avanti le loro idee, senza essere “selezionate” e quindi condizionate dagli uomini”.

“Considerato che viene eletto presidente dell’Ordine il capolista della lista più votata dagli iscritti all’Albo – spiega Galvani –, il mio auspicio è che alle prossime elezioni dei Consigli locali si candidi alla guida degli Ordini il maggior numero di donne e che almeno le donne votino le donne. In questo modo sarebbe infatti garantita un’adeguata percentuale di donne presidente senza bisogno di ricorrere alle quote rosa”.

Il Consiglio Nazionale, infine, non dimentica l’importanza della legge 120 del 2011, cosiddetta Golfo-Mosca, che assicura un’adeguata presenza del genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate, la cui stabilizzazione è stata inserita dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel proprio programma di mandato.

“La legge – conclude il consigliere Galvani – si è rivelata l’unico strumento efficace in grado di garantire negli organi di governance la presenza delle donne, che dal 2011 al 2018 è passata dal 7% circa al 36% nei cda delle società quotate e dal 6,5 al 38% nei collegi sindacali. Questi risultati evidenziano l’efficacia e, dunque, l’importanza di adottare politiche di genere per ridurre la disparità in ambito professionale, favorendo una più equa distribuzione di incarichi e funzioni. Per questo motivo, il CNDCEC condivide i due disegni di legge Bonfrisco e Conzatti per la parità di accesso tra i generi agli organi delle società quotate, che puntano a modificare il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Dlgs 58/1998), estendendo da tre a sei mandati il periodo di applicazione del principio per cui il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti”.

 

 

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