Oltre il 40% dei commercialisti italiani esercita la professione in forma aggregata e negli ultimi 5 anni le società tra professionisti (STP) sono cresciute del 137,2% (27,4% all’anno). Nella categoria emerge dunque una forte spinta all’aggregazione, alla quale non corrispondo però modelli adeguati di organizzazione. Le aggregazioni professionali sono infatti mediamente molto piccole e i commercialisti che esercitano la professione in una STP sono meno del 3% del totale degli iscritti, mentre solo il 20% esercita in uno studio associato. Tra le forme di aggregazione, hanno un certo peso gli studi condivisi e i commercialisti che esercitano in studi aggregati ma nella forma di collaboratore di studio. Nel caso degli studi associati, il numero dei soci non supera le 2,5 unità.

Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca della Fondazione nazionale della categoria “L’evoluzione della professione di Commercialista. Organizzazione e specializzazione professionale”, pubblicata in formato E-Book . Lo studio presenta i dati e le analisi di alcune indagini statistiche svolte tra il 2018 e il 2021. In particolare, l’E-book presenta in dettaglio i dati dell’ultima indagine statistica nazionale condotta tra il 2018 e il 2019 offrendo una rappresentazione analitica dei risultati per macroarea territoriale, genere e classi di età. Inoltre, lo stesso E-book presenta i risultati dell’indagine statistica sul software utilizzato negli studi professionali ed un approfondimento dei dati sulle Società tra professionisti iscritte all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili dal 2017 al 2021.

Un focus particolare della ricerca è dedicato poi al tema della specializzazione professionale del commercialista e dello studio professionale. La ricerca mostra come, accanto agli studi professionali che svolgono in prevalenza assistenza contabile e fiscale, che secondo l’indagine non superano il 31% del totale, esiste una significativa quota di studi, pari a quasi il 57%, che svolge contestualmente anche un’attività specialistica, e una quota importante, pari al 12%, di studi che dipende poco o per niente dall’assistenza contabile e fiscale e svolge prevalentemente attività specialistiche La prevalenza di studi che affiancano l’attività specialistica a quella di assistenza contabile e fiscale è omogena sia sul piano territoriale, che di genere ed età.

“Questa ricerca – afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio – dimostra che il commercialista che svolge solo adempimenti contabili e fiscali in realtà non esiste. I dati mostrano chiaramente come a quelle contabili e fiscali, i commercialisti affianchino ormai da tempo anche altre competenze, con una spiccata tendenza alla specializzazione. Esiste ancora, però, una quota significativa di studi che svolgono in prevalenza attività di base. Si tratta di attività che vanno comunque promosse, facilitando gli investimenti necessari alla migliore organizzazione dell’attività professionale e impegnandosi a semplificare il quadro normativo e migliorare i rapporti tra professionisti e amministrazione finanziaria”.

Secondo de Nuccio, inoltre, “questa ricerca dimostra chiaramente come la professione necessiti di interventi urgenti che facilitino le aggregazioni professionali e il riconoscimento delle specializzazioni. In tema di Società tra professionisti è urgente intervenire per risolvere alcune problematiche fiscali che da tempo poniamo all’attenzione del legislatore, a cominciare dalla neutralità del regime fiscale relativo ai conferimenti in caso di operazioni straordinarie tra studi professionali. Sulle specializzazioni, siamo determinati nel chiederne il riconoscimento sulla base di un nuovo progetto che intende rilanciare le nostre Scuole di alta formazione, collegandole in maniera più stretta alla formazione universitaria”.

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