Il 65% dei commercialisti dedica al lavoro più di otto ore al giorno, il 66% lamenta di avere poco tempo per la vita privata, percentuale che sale al 72% per le donne. La difficoltà maggiore è legata alla gestione del carico familiare rappresentato da familiari da assistere. Mentre solo l’11,5% dedica mediamente al giorno più di 5 ore all’assistenza e cura dei propri familiari, il dato sale a 74,2% per le donne. Inoltre, per il 52% del campione, i servizi socioassistenziali offerti nella zona di residenza o di lavoro sono inadeguati rispetto alle effettive necessità. Sono alcuni dei risultati che emergono dalla ricerca “Conciliazione Vita-Lavoro e Gender Pay Gap“, condotta dal Comitato nazionale pari opportunità dei commercialisti che ha predisposto un questionario al quale hanno risposto oltre 5000 iscritti all’albo dei commercialisti, veicolato dalla Fondazione nazionale dei commercialisti – Ricerca che si è occupata anche di elaborare e fornire alcune analisi dei dati. I risultati sono stati presentati oggi a Roma nel corso del Convegno dei Comitati Pari Opportunità.
La ricerca ha affrontato anche il tema della discriminazione nella carriera professionale. Solo il 17,4% del campione ha dichiarato che il problema non esiste. Per il 37%, invece, il problema c’è ma non si avverte in modo significativo, per il 23,4% il problema si avverte in particolar modo all’inizio dell’attività professionale, mentre per il 22,2% il problema si avverte con il passare del tempo. Inoltre, è emerge con evidenza come il principale fattore di discriminazione sia rappresentato dalla condizione di maternità o paternità con una maggiore accentuazione del problema per le donne rispetto agli uomini. Infine, gli intervistati dichiarano che, nelle condizioni di difficoltà dovute alla gestione dei carichi familiari, l’aiuto proviene essenzialmente da altri familiari (71,6%), quasi per niente invece da istituzioni pubbliche (0,6%) e in misura limitata da personale retribuito (20,8%).
Sulla base dei dati raccolti tramite il questionario è stata svolta una prima analisi sul tema del gender Pay Gap. I dati sembrano escludere l’ipotesi che esso sia dovuto ad una sostanziale differenza di ore lavorate tra i generi, mentre la posizione ricoperta nello studio, per la quale emergono differenze significative tra i generi, potrebbe spiegare in parte il fenomeno. Ad esempio, la percentuale di chi occupa la posizione di titolare di studio è pari al 65,2% per gli uomini e al 55,8% per le donne. Un’altra differenza di genere emerge rispetto all’età, dal momento che le donne hanno un’età media più bassa degli uomini e questo potrebbe incidere sul reddito medio professionale. Infine, è stata presa in considerazione la specializzazione professionale. È ipotizzabile che il Gender Pay Gap possa dipendere anche dal fatto che gli uomini tendono a svolgere più delle donne attività specialistiche ovvero attività a più alto valore aggiunto.
Il Convegno dei Comitati Pari Opportunità, al quale sono intervenuti, tra gli altri, il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Elbano de Nuccio, il Vicepresidente Michele de Tavonatti e il Consigliere nazionale David Moro (questi ultimi rispettivamente presidente del CPO e delegato alle pari opportunità), ha fornito l’occasione per tracciare un bilancio dell’attività finora svolta dal Comitato pari opportunità nazionale. Insediatosi nel settembre del 2023, ha pubblicato un vademecum contro la violenza economica e il bilancio di genere nazionale, elaborato seguendo le linee guida emanate dal CNPO nel marzo 2024.
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