Se la cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza coronavirus dovesse davvero partire il 16 maggio, come ipotizzato dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, andrebbero spostati in blocco al 30 settembre tutti i versamenti di ritenute, imposte sui redditi e Irap, esclusa quindi l’IVA periodica ma compresi quelli legati alle dichiarazioni. E’ quanto chiede il Consiglio nazionale dei commercialisti che aveva già formalizzato questa richiesta in un documento contenente 30 proposte di emendamenti al decreto “Cura Italia”, consegnato nelle scorse settimane alla Commissione Bilancio del Senato. Secondo i vertici della categoria guidata da Massimo Miani, lo spostamento dei termini al 30 settembre si rende ancora più urgente proprio nell’eventualità di un ulteriore prolungamento della fase di lockdown. 

Ma i commercialisti chiedono di avviare una riflessione anche su una ipotesi alternativa e più estrema: il rinvio di tutti i versamenti al 2021, compresi anche i saldi Irpef, Ires e Irap relativi al 2019. Una ipotesi – sottolineano i commercialisti – che ovviamente farebbe crescere ulteriormente il deficit del 2020, ma che consentirebbe allo Stato di incassare 40 miliardi nel 2021, utili per rendere più veloce il ritorno del deficit al di sotto del 3%.

La categoria chiede in ogni caso una ripartenza graduale, con garanzie di sicurezza minime oltre che per le strutture sanitarie e le imprese, anche per gli studi professionali. In un quadro internazionale sempre più complesso – sottolineano i commercialisti – essendo stati i primi a “chiudere”, potrebbe essere importante riaccendere per primi i motori.

Del resto la chiusura forzata del sistema produttivo ha costi altissimi. Con uno studio della Fondazione e del Consiglio nazionali della categoria, i commercialisti hanno stimato gli effetti del lockdown per ristoranti e alberghi, calcolando per le srl di questo settore un crollo nel 2020 del fatturato pari al 44,1% a livello nazionale. A livello regionale le realtà più colpite sarebbero quelle lombarda, laziale e veneta. Nei giorni scorsi un’altra elaborazione dei ricercatori della categoria aveva stimato un crollo del Pil nazionale tra il 60% e il 70% per ogni mese di lockdown. Previsioni drammatiche che avevano spinto il presidente del Consiglio nazionale Miani a chiedere di “mettere in campo una strategia che abbia al centro il tema della liquidità con cui assicurare i consumi essenziali delle famiglie e la filiera dei pagamenti tra gli operatori economici”. Oltre che ad invocare “un significativo sostegno economico da parte dell’Europa”.

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