Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri

“Di fronte alle ripetute e più che motivate richieste di proroga dei versamenti del 20 luglio avanzate dai commercialisti, il Governo ha opposto un no che sembra al momento irrevocabile, oltre che incomprensibile. Non era l’esito al quale volevamo arrivare, ma a questo punto diventa per noi inevitabile valutare concrete azioni di protesta della categoria, tra le quali non escludiamo lo sciopero”. E’ quanto affermano in una nota congiunta il Consiglio nazionale e tutte le sigle sindacali dei commercialisti (ADC, AIDC,ANC, ANDOC, FIDDOC, SIC, UNAGRACO, UNGDEC, UNICO). “Siamo per altro convinti – aggiungono – che il Governo si stia esponendo a una magra figura, perché, tanti meno saranno i contribuenti che autonomamente sceglieranno di non versare il 20 luglio o il 20 agosto con maggiorazione dello 0,4%, tanto più sarà inevitabile per il Governo fare marcia indietro e riaprire i termini di versamento senza sanzioni fino al 30 settembre, come già avrebbe dovuto fare”.

“Dopo che in questi mesi drammatici la categoria aveva dimostrato una volta di più il suo senso di responsabilità e la sua insostituibilità – affermano i commercialisti -, impegnandosi più che mai ad assistere imprese, lavoratori e famiglie da un lato nelle valutazioni economiche e finanziarie relative alle scelte necessarie per affrontare le conseguenze del lockdown e dall’altro lato per assicurare loro l’accesso alle diverse misure di sostegno messe in campo dal Governo per l’emergenza, svolgendo in tal modo un ruolo fondamentale per la tenuta del tessuto economico-imprenditoriale del Paese, l’ascolto delle nostre più che ragionevoli richieste era il minimo che ci si potesse aspettare. Così non è stato. Ne prendiamo atto”.

“In questi ultimi giorni – scrivono i commercialisti – abbiamo più volte reiterato il nostro accorato appello per una proroga dei versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e dell’IRAP 2020, in scadenza il 20 luglio. Una richiesta di assoluto buonsenso. Gli adempimenti straordinari legati alla emergenza coronavirus e le limitazioni lavorative per dipendenti e collaboratori degli studi professionali derivanti dalle misure anti-contagio hanno sottratto il tempo necessario per la predisposizione delle dichiarazioni e per determinare gli importi dei versamenti  del 20 luglio. I nostri studi sono pertanto in una situazione di grande difficoltà che è colpevole ignorare e che si somma alle gigantesche difficoltà economiche che sta vivendo il Paese”.

“Assistiamo la gran parte delle imprese italiane – proseguono i commercialisti – , forse più di chiunque altro abbiamo il polso della situazione reale in cui versano. Non consentire con il rinvio dei versamenti una boccata d’ossigeno a realtà in gravissima crisi di liquidità può tramutarsi in una scelta dissennata, che rischia di tagliare le gambe a chi sta faticosamente tentando di rimettersi in piedi, rendendo concreto l’allarme per un’emergenza sociale che in autunno potrebbe assumere aspetti preoccupanti. Siamo ovviamente pienamente consapevoli delle enormi difficoltà di bilancio che l’esecutivo si trova a gestire e del difficile contesto europeo e internazionale con cui sta facendo i conti anche in queste ore. Ma ci sembra davvero paradossale che non si sia trovato il modo, in un periodo di eccezionale emergenza come quello attuale e nell’ambito di manovre che hanno impegnato oltre 80 miliardi di euro in pochi mesi, di garantire la cassa sufficiente per disporre una proroga dei versamenti analoga a quella concessa lo scorso anno, per dare maggior respiro ai contribuenti in affanno.

“Per tutte queste ragioni – concludono i commercialisti – siamo costretti a valutare azioni di protesta, senza escludere uno sciopero della nostra categoria. Una reazione inevitabile davanti al consueto muro di gomma eretto dall’esecutivo nei confronti dei commercialisti italiani, delle loro richieste, del loro senso di responsabilità messo quotidianamente al servizio del Paese”.

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