A distanza di sette anni dall’abrogazione delle tariffe professionali sarebbe lecito domandarsi a chi ha giovato la loro abrogazione, quanto sia cresciuto il mercato dei servizi professionali e come il mercato è stato in grado di determinare il valore delle prestazioni professionali.
Le cronache degli ultimi anni, esasperate dagli effetti della crisi economica, offrono un quadro desolante.
La mancanza di norme tariffarie di riferimento, ha esposto ancor di più i professionisti al mancato pagamento dei compensi. Si consideri, infatti, che per molte professioni la mancanza della tariffa professionale ha generato dubbi sulla possibilità di ricorrere al procedimento monitorio e di richiedere l’emissione del provvedimento ingiuntivo, ai sensi degli art. 633 e 636 del c.p.c., in assenza di uno specifico accordo scritto fra le parti. Ciò evidentemente non solo ha privato i professionisti di una forma di tutela, ma rischia anche di congestionare ancor di più il sistema giustizia, considerato che le pretese per l’ottenimento del compenso potranno essere attivate solo con il procedimento ordinario di cui all’art. 2233 cod. civ..
Non si può trascurare di evidenziare, inoltre, che la sostituzione delle tariffe con i nuovi parametri ministeriali non ha certamente agevolato l’attività dei giudici, che continuano a richiedere agli Ordini professionali di esprimersi sulla corretta applicazione dei parametri, considerandoli in tal modo dei meri sostituti della tariffa. Senza trascurare che spesso la disciplina dei parametri, a differenza di quanto accadeva in precedenza con le tariffe, non copre il ventaglio di tutte le prestazioni professionali che possono essere rese in favore dei clienti.
PARAMETRI INIDONEI
In tal senso, si segnala che i parametri definiti a ridosso dell’abrogazione delle tariffe professionali contenuti nel DM 140/2012 non solo tralasciano la definizione dei compensi per alcune delle nostre specifiche prestazioni professionali, ma molto spesso, a causa della loro estrema sinteticità e illogicità, appaiono inidonei a remunerare adeguatamente le prestazioni professionali (si pensi che i compensi determinati sulla base dei parametri per la tenuta delle contabilità semplificate sono notevolmente più alti di quelli previsti per le contabilità ordinarie).
L’ostilità mostrata dal legislatore nei confronti delle tariffe fa emergere la mancata considerazione di due grandi temi, che non hanno solo una portata di Categoria, ma che anzi presentano importanti profili socio economici: la considerazione delle giovani generazioni, la responsabilità professionale e la capacità di rispondere concretamente alle richieste di risarcimento dei danni.
La mancanza di qualsivoglia parametro tariffario costituisce, peraltro, anche un elemento di disincentivo all’esercizio dell’attività professionale. Un giovane professionista rischia di trovarsi nell’impossibilità di sviluppare budget attendibili in merito alla redditività della propria attività professionale. In tal senso appaiono significativi i dati relativi alle iscrizioni nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Nel 2016 gli iscritti all’albo sono cresciuti dello 0.5%, a fronte di una crescita dell’1% registrata nel 2015 e nel 2014. Il dato appare ancor più significativo se si considera il dato anagrafico degli iscritti: i professionisti fino a 40 anni sono passati nel 2016 al 17.4% contro il 18.1% del 2015: gli iscritti nella classe 41-60 anni passano dal 65.6% al 65.8%, mentre gli over 60 passano dal 16.3% al 16.9%.
In tale quadro assumono importanza anche i dati reddituali della nostra professione. Nel 2015 il reddito medio è stato pari a 58.602 euro con una crescita del 2.2% in termini nominali rispetto al 2014. In termini reali, invece, il reddito medio è calato del 13.9% rispetto al 2007, anno pre-crisi, a dimostrazione di come la crisi che ha colpito i professionisti italiani non abbia risparmiato i commercialisti colpiti anche dalle conseguenze di maggiori costi operativi derivanti spesso da nuovi adempimenti fiscali.
COMPENSI BASSI, RESPONSABILITA’ ELEVATE
Vi è poi il grande tema dell’inadeguatezza dei compensi rispetto alle responsabilità assunte dai professionisti. Il compenso deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche delle prestazioni professionali. Da quest’ultimo sacrosanto principio dovrebbe derivare, come sarebbe logico, il rispetto per le innumerevoli differenti funzioni che sono tante e di diverso impegno e di ormai assoluta trasferita responsabilità. Il riferimento, da ultimo, è alle recenti modifiche alla disciplina dei controlli nelle Srl apportate dal Codice della crisi d’impresa, che ha introdotto, a carico dei professionisti che siano componenti dell’organo di controllo ovvero revisori di tali imprese, rilevanti obblighi di segnalazione e attivazione in vista della prevenzione degli stati di crisi, nulla disponendo in vista di un adeguamento dei compensi connessi a tali incarichi.
In questo come in altri ambiti, si assiste ad un continuo scarico sui professionisti di responsabilità sproporzionate all’attività richiesta, con la conseguenza che questi risultano sovente puniti assai più duramente dei propri assistiti. Ciò comprime psicologicamente la nostra attività in modo invivibile.
In più l’incertezza del diritto e la facile attività di “presunzione” esercitata da parte del legislatore, per effetto di quei teoremi che l’Amministrazione a volte imbastisce, permetterebbero di considerare e giustificare le nostre prestazioni senza prezzo. Da qui, si buon ben capire che assai difficile oggi diventa per i professionisti, gestire anche il costo assicurativo di una professione che risponde di tutto al nostro legislatore, il più delle volte sostituendosi a lui o addirittura al cittadino.
EQUO COMPENSO, UN PASSO AVANTI
In questo contesto, lo sviluppo del dibattito e la introduzione di specifiche norme di legge in materia di equo compenso appaiono elementi più che apprezzabili, e sono il segno della presa di coscienza della necessità di tutelare un numero rilevante di soggetti, storicamente ritenuti forti ma che alla prova dei fatti si solo rilevati il punto debole di una catena e sui quali scaricare una marea di inefficienze.
Il primo segno di un cambio di tendenza lo abbiamo colto nella legge 81/2017, sul lavoro autonomo, che tra le diverse disposizioni importanti, ha introdotto espressamente il divieto di abuso da dipendenza economica.
A tale spiraglio ha seguito, in modo più forte, l’emanazione della specifica previsione contenuta nell’art. 19-quaterdecies, comma 2, del Decreto legge 148/2017 convertito dalla legge n. 172 del 4 dicembre 2017. Tale norma si pone quale completamento fisiologico del percorso intrapreso con le norme introdotte a tutela del lavoro autonomo e ne costituisce il corollario naturale, nonché momento essenziale di attuazione e garanzia di efficacia concreta di tali norme, che in qualche modo avevano già evidenziato la necessità di acclarare il diritto al compenso giusto.
Lungi dall’imporre sterili ed astratti regimi tariffari minimi di calmierazione e turbativa delle libere determinazioni del mercato, la norma provvede a tutelare non il compenso di per sé, la sua pretesa, la sua prerogativa od arrocco di posizione di parte, bensì è finalizzata a tutelarne l’equità, realizzando tutti quegli obiettivi di garanzia di decoro, legittimità, tutela del lavoro, nonché a garantire certezza del diritto, che nel perseguire la determinazione del compenso equo, inteso come corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, rispetto al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, individua nei parametri ministeriali tale contenuto minimo a presidio della dignità dei lavoratori autonomi. Tale previsione si dimostra coerente con l’intero impianto ispiratore delle norme introdotte a tutela del lavoro autonomo.
LE PROPOSTE DEI COMMERCIALISTI
In conclusione, ci si potrebbe domandare se le disposizioni in tema di equo compenso e di abuso di dipendenza economica siano sufficienti per garantire il professionista nella sua legittima pretesa in merito ai compensi per l’attività resa, ovvero se sia immaginabile l’introduzione di ulteriori disposizioni.
Come detto in premessa l’abrogazione delle tariffe professionali non ha certamente avuto l’effetto di ampliare il mercato dei servizi professionali, quanto piuttosto di lasciare senza alcuna protezione, spesso nei confronti di clienti forti, una marea di professionisti.
Quindi anche se l’obiettivo non può essere certo quello di reintrodurre tariffe obbligatorie, è sicuramente auspicabile una riflessione generale e complessiva sui parametri. In tal senso, è quanto mai opportuna l’istituzionalizzazione del confronto con il Ministero della Giustizia nell’ambito del tavolo tecnico voluto dal Sottosegretario Jacopo Morrone. Noi proponiamo in particolare:
– di individuare tutte quelle prestazioni oggetto della professione di Dottore commercialista e di esperto contabile che, attualmente, non risultano espressamente previste in tale provvedimento (proponendo i relativi parametri alla luce dello specifico oggetto di tali prestazioni) nonché
– di apportare alcune possibili modifiche dei parametri attualmente previsti riferibili alla nostra professione, in modo da renderli maggiormente coerenti con le specifiche competenze tecniche ad essa ascrivibili.
L’istituzione di un luogo di confronto nell’ambito di un tavolo tecnico potrebbe costituire anche l’occasione per una più organica e generale riflessione sui parametri, anche al fine di:
– verificare l’opportunità, sulla falsariga di quanto già accaduto per altre categorie professionali, di prevedere l’emanazione di specifici provvedimenti per le diverse professioni nonché
– di sensibilizzare il legislatore all’emanazione di una norma primaria che consenta espressamente l’applicabilità dei parametri non solo per la liquidazione giudiziale dei compensi, ma anche in assenza di accordo specifico tra le parti (come già previsto, ad esempio, per gli avvocati da apposita norma dell’ordinamento forense), stabilendo, altresì, un aggiornamento periodico degli stessi.
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