Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati

Differire il termine del 10 settembre 2021 attualmente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, a cui il legislatore ha subordinato la presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto a conguaglio. E’ una delle richieste avanzate dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso dell’audizione sul decreto Sostegni – bis presso la Commissione permanente Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati, svoltasi oggi in videoconferenza.

La categoria – rappresentata dai consiglieri nazionali Roberto Cunsolo e Maurizio Postal e dal coordinatore dall’area Fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti, Pasquale Saggese – “pur riconoscendo la volontà di conciliare le esigenze di celerità nell’erogazione dei contributi con quelle di controllo delle istanze presentate”, sottolinea come “il termine attualmente previsto è assolutamente inadeguato in quanto, oltre ad essere troppo a ridosso della pausa estiva, non tiene conto delle notevoli complessità che assistono la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, ancor più aggravate quest’anno dalle numerose informazioni aggiuntive che il contribuente è tenuto a fornire in sede di compilazione dei modelli relativamente alle molteplici misure agevolative introdotte lo scorso anno e che impattano tanto sui quadri di determinazione del reddito, quanto su quello relativo al monitoraggio dei crediti d’imposta nonché sul prospetto relativo agli aiuti di Stato”.

Tali complessità impongono dunque, secondo i commercialisti, “di differire il termine dal 10 settembre al 31 ottobre 2021”. La categoria professionale propone in alternativa di allargare la finestra temporale per la presentazione dell’istanza da 30 a 120 giorni e di modificare la condizione di presentare la dichiarazione dei redditi entro il 10 settembre nella mera previsione di presentazione di quest’ultima prima dell’invio dell’istanza. Una soluzione, quest’ultima, che “garantirebbe che i controlli automatici dell’Agenzia delle Entrate prima del pagamento del contributo siano comunque salvaguardati”.

Il Consiglio nazionale ha comunque espresso il proprio apprezzamento per l’impegno del Governo a superare le limitazioni di natura soggettiva che lo scorso anno hanno caratterizzato l’erogazione dei contributi a fondo perduto agli operatori economici gravemente colpiti dalla pandemia. “Con il Decreto “Sostegni-bis””, hanno spiegato i rappresentanti della categoria, “vien confermato il superamento del criterio dei codici attività (ATECO) per individuare la platea dei soggetti beneficiari e la rimozione della preclusione nei confronti dei liberi professionisti, esclusi dai contributi a fondo perduto erogati nel 2020, con una scelta che non ha mai pienamente convinto sotto il profilo della sua conformità al principio costituzionale di uguaglianza”. Apprezzamento anche per la conferma del superamento del criterio di calcolo della riduzione del fatturato sulla base dell’ammontare realizzato in un solo mese (aprile) dell’anno 2020 rispetto a quello dell’anno precedente, sostituito dal più congruo criterio basato sull’ammontare medio mensile di fatturato/corrispettivi realizzato in un intero anno rispetto a quello dell’anno precedente.

Per i commercialisti resta però “un problema legato agli importi dei contributi riconosciuti che risultano, anche in quest’ultimo provvedimento, non sufficienti a ristorare pienamente gli operatori economici delle rilevanti perdite subite per effetto delle gravi ricadute economiche provocate dalla pandemia”. L’auspicio espresso da Cunsolo, Postal e Saggese è che “il nuovo contributo a fondo perduto “perequativo”, determinato “a conguaglio, possa davvero consentire di eliminare, almeno in parte, le distorsioni che il criterio della riduzione del fatturato ha inevitabilmente generato, non tenendo conto quest’ultimo dei costi fissi sostenuti dagli operatori economici e dei diversi margini di redditività dei singoli settori economici interessati”.

Istanza rateizzazione imposte

Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha anche chiesto al Legislatore di “valutare l’opportunità di introdurre a regime la facoltà di rateizzare le imposte dovute in autoliquidazione risultanti dalle dichiarazioni presentate, analogamente a quanto ormai previsto per la quasi totalità dei versamenti dovuti in seguito ai controlli dell’ente impositore”. Durante l’audizione, i professionisti hanno evidenziato che, “per scongiurare le ulteriori richieste di proroga del termine di versamento in unica soluzione delle sedici rate mensili sospese, che inevitabilmente saranno avanzate in prossimità della scadenza del prossimo 31 luglio, è necessario prevedere anche per i contribuenti con piani di dilazione in essere all’8 marzo 2020 la possibilità di riprendere i versamenti delle rate in scadenza dal prossimo mese di luglio, senza obbligo di saldare le rate pregresse scadute nel periodo di sospensione, con conseguente prolungamento automatico del piano di dilazione per un corrispondente periodo”.

Ace innovativa

Positivo il giudizio sul regime transitorio straordinario della disciplina dell’ACE (Aiuto alla Crescita Economica). “L’intervento risulta senz’altro apprezzabile”, hanno spiegato i commercialisti, “ma non può sottacersi il ristrettissimo orizzonte temporale di applicazione del regime agevolato straordinario. La normativa, entrata in vigore a fine maggio, lascia infatti agli operatori solo sette mesi di tempo per patrimonializzare le imprese, il che rischia di favorire solo coloro che, avendo maggiore liquidità e solidità patrimoniale, non hanno realmente bisogno dell’agevolazione a dispetto di coloro a cui è invece veramente diretto l’incentivo che hanno maggiori difficoltà e che hanno bisogno di tempo per valutare se capitalizzare la propria impresa anche ricorrendo all’indebitamento bancario, facendo valutazioni di convenienza tra il beneficio netto del 3,6%, immediatamente fruibile dalla società sul piano finanziario, che viene generato dal regime straordinario in parola e i costi dell’indebitamento”.

Per non vanificare le finalità dell’incentivo, la categoria propone di estendere l’ambito temporale di applicazione della “ACE innovativa” alle variazioni in aumento del capitale proprio che si verificano anche nel periodo d’imposta 2022. “In caso di difficoltà nel reperimento delle coperture finanziarie necessarie”, hanno spiegato i professionisti, “quest’ultima finestra temporale potrebbe essere riservata alle imprese che non si siano avvalse del regime straordinario nel precedente periodo d’imposta 2021. In tal modo non si determinerebbe un “raddoppio” dell’ambito temporale di applicazione della disciplina, ma un suo ampliamento che consentirebbe l’accesso all’incentivo a chi, non riuscendo a patrimonializzare l’impresa nel 2021, potrebbe invece riuscirvi nel corso del 2022”.

Altra proposta è quella di “inserire nell’articolo 19 una disposizione che chiarisca le modalità di applicazione della disciplina antielusiva ACE. Si ritiene che quest’ultima debba intervenire, nei casi previsti dalla legge, salvaguardando l’efficacia del beneficio derivante dall’“ACE innovativa”, ossia imputandola prioritariamente alla parte di base ACE non potenziata”.

Con riferimento all’utilizzo del credito d’imposta correlato all’“ACE innovativa”, poiché la norma specifica che esso avviene senza limiti di importo, secondo i commercialisti “non dovrebbero applicarsi né il limite generale annuo di compensabilità ex articolo 34 della legge n. 388 del 2000 (elevato a 2 milioni di euro per il 2021 dall’articolo 22 del decreto-legge in esame), né il limite di 250 mila euro per i crediti agevolativi indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi previsto dall’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.  Al riguardo, sarebbe tuttavia opportuno precisare anche la non applicazione del divieto di compensazione in presenza di debiti iscritti a ruolo scaduti, per imposte erariali e accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro, previsto dall’articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010”.

Per favorire l’apporto di liquidità alle imprese da parte dei soci nell’attuale periodo emergenziale, la categoria suggerisce poi di “introdurre un regime transitorio che preveda per i finanziamenti dei soci, sia fruttiferi che infruttiferi, effettuati in favore della società partecipata fino al 31 dicembre 2022, l’esonero dall’imposta di registro o, in alternativa, l’applicazione dell’imposta in misura fissa. Sotto il profilo delle imposte sui redditi, per gli interessi maturati in capo ai soci finanziatori al di fuori dell’esercizio d’impresa dovrebbe inoltre prevedersi la facoltà di optare per l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta del 26 per cento, in deroga all’applicazione della ritenuta a titolo d’acconto con la medesima aliquota, ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973”.

Dubbi sull’efficacia del contratto di rioccupazione

La categoria si è espressa anche sulle misure del Sostegni-bis in materia di lavoro.  L’efficacia del “contratto di rioccupazione“, hanno affermato i commercialisti, “può essere pregiudicata, per un verso, dalla breve durata dell’incentivo contributivo e, per l’altro verso, dalle possibilità di revoca dell’esonero in caso di licenziamento intimato durante il periodo di inserimento”. I commercialisti hanno ricordato come l’iniziativa sperimentale, dal 1° luglio al 31 ottobre 2021″, concerne un “contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con un progetto individuale di inserimento, della durata di 6 mesi, finalizzato all’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore nel nuovo contesto lavorativo. Al datore di lavoro è riconosciuto, per la durata del progetto, l’esonero del 100 per cento della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi Inail, per un importo massimo di 6.000 euro su base annua”.

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