Le regole che governano le “interrelazioni” esistenti tra l’interpello preventivo ed il regime fiscale delle società di comodo sono radicalmente cambiate da quest’anno. Per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. 24 settembre 2015 n. 156, infatti, dal 1° gennaio 2016 l’interpello relativo alla disciplina delle società di comodo (sia per quelle “non operative” che per quelle in “perdita sistematica”) deve essere presentato ai sensi dell’art. 11 co. 1 lett. b) della L. 212/2000. Trattasi di un “interpello probatorio” (non più disapplicativo), con il quale la società chiede un parere all’Amministrazione finanziaria in merito alla sussistenza delle situazioni oggettive che legittimano la disapplicazione dello specifico regime presuntivo. Da quest’anno è finalmente chiaro che la presentazione dell’istanza di interpello preventivo da parte delle società di comodo è una mera facoltà. Depongono in questo senso la Relazione al provvedimento D.lgs. n. 156/2015, le istruzioni al Modello Unico 2016 e la circolare n. 9/E/2016 delle Entrate. In buona sostanza, quindi, da quest’anno la società, qualora ritenga sussistenti le condizioni previste dal comma 4-bis dell’articolo 30 della Legge n. 724/1994, può legittimamente disapplicare in autonomia la disciplina, anche senza presentare preventivamente l’istanza di interpello. In questo caso, però, occorre, a norma dell’art. 30 co. 4-quater della L. 724/94 (come modificato dall’art. 7 co. 12 lett. c) del DLgs. 156/2015, in vigore dall’1.1.2016), fornire una specifica informativa nella dichiarazione dei redditi.

Le disposizioni in tema di interpello introdotte dal DLgs. 156/2015 si applicano alle istanze presentate dall’1 gennaio 2016 ma, trattandosi di norme di carattere procedurale, esse riguardano anche il periodo di imposta 2015. In questo senso si esprimono anche le istruzioni di UNICO 2016. Nel prospetto del quadro RS relativo alle società di comodo, (righi RS116 di UNICO 2016 SC e RS11 di UNICO 2016 SP) occorre infatti procedere a segnalare, alternativamente, le seguenti situazioni:
Codice 1- accoglimento dell’interpello disapplicativo;
Codice 2 – mancata presentazione dell’istanza di interpello;
Codice 3 – mancata risposta positiva all’interpello (codice utilizzabile nel caso di risposta negativa o nel caso di assenza di risposta alla data di presentazione del modello).
Tali informazioni vanno fornite in relazione agli specifici comparti fiscali: IRES, IRAP e IVA.

Esempio: la gestione del rigo RS 116 da parte di una società “non operativa” che ha ottenuto l’accoglimento totale (IRES/IRAP/IVA) dell’istanza di interpello probatorio per il periodo d’imposta 2015

Anche se le istruzioni non si esprimono sul punto, si ritiene che la compilazione del prospetto, nel caso di codice 2 e 3, debba comunque avvenire per intero anche in relazione alla determinazione del ricavo presunto e del reddito minimo presunto (solo quest’ultimo, in ipotesi di società non operative per le perdite reiterate). Della disapplicazione del regime si darà poi conto in seguito al mancato adeguamento al reddito minimo nel rigo RN6.

Va evidenziato che, alla mancata o infedele gestione delle nuove informazioni in tema di interpello, si ricollega una specifica sanzione amministrativa che va da 2mila a 21mila euro prevista dall’articolo 8, comma 3-quinquies del DLgs. 471/97 (inserita dall’art. 15 co. 1 lett. h) n. 4) del DLgs. 24.9.2015 n. 158). Tale sanzione è prevista dal comma 4-quater dell’articolo 30 della Legge n. 724/1994, che così si esprime: “Il contribuente che ritiene sussistenti le condizioni di cui al comma 4-bis ma non ha presentato l’istanza di interpello prevista dal medesimo comma ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva deve darne separata indicazione nella dichiarazione dei redditi”.

Come confermato dalla circolare n. 9/E/2016, la violazione in questione può essere oggetto di ravvedimento spontaneo da parte del contribuente, fruendo dei benefici previsti dall’articolo 13 del D.lgs. n.472/1997. Dato il contesto normativo tracciato, alla violazione inerente l’omessa od infedele comunicazione del codice 1 (interpello presentato ed accolto) non dovrebbe correlarsi alcuna sanzione specifica. Non è invece chiaro, ad oggi, come debba essere gestita l’informativa inerente lo stato dell’interpello se esso è stato accolto dalle Entrate solo parzialmente.

La scelta della auto disapplicazione del regime delle società di “comodo” senza necessità di dover transitare attraverso l’interpello preventivo consente alla società di rimuovere il blocco inerente all’utilizzo del credito IVA eventualmente esistente. Ricordiamo che, per le società di comodo (non operative o in perdita sistematica), è previsto in prima battuta (tre periodi d’imposta) il divieto di utilizzo in compensazione del credito Iva, e, in seconda battuta, se perdura lo status di comodo, l’azzeramento dello stesso credito IVA.
La circolare n. 9/E/2016, a proposito degli effetti dell’autodisapplicazione del regime in tema di credito IVA, precisa che la società che attesta la sussistenza delle oggettive situazioni che non hanno permesso di conseguire i valori minimi previsti per le società di comodo, mediante la dichiarazione sostitutiva prevista nell’apposito campo del quadro VX della dichiarazione IVA, sblocca il rimborso del credito IVA. La circolare nulla dice di specifico in tema di sblocco per la compensazione del credito IVA visto che tratta solo del rimborso IVA, ma è da ritenere che gli effetti siano i medesimi. Nel caso in cui le ragioni che hanno condotto la società ad auto disapplicare la disciplina e ad utilizzare il credito IVA in compensazione non dovessero essere riconosciute valide dalle Entrate, la stessa provvederà a recuperare i versamenti omessi applicando, si ritiene, la sanzione base del 30%. Non si tratta, infatti, di compensazioni avvenute con un credito IVA “inesistente” ma con un credito IVA al più non utilizzabile.

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