A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 20 luglio 2018, n. 95, recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106” (D.Lgs. di seguito anche solo “il Decreto correttivo”), la Fondazione Nazionale Commercialisti ha pubblicato un documento di approfondimento della disciplina fiscale della nuova impresa sociale.

Come noto, tale “forma” di impresa è presente nel nostro ordinamento sin dal 2006 ma, nel suo primo decennio di vita, non ha trovato un’ampia diffusione probabilmente a causa del fatto che, a fronte del divieto di distribuzione degli utili che caratterizza l’adozione di detta qualifica, il legislatore non aveva adottato alcuna forma di “correttivo” e/o “incentivo” a favore dei soggetti che sceglievano di divenire impresa sociale. Nel vigore della precedente disciplina, infatti, assumere la qualifica di impresa sociale non determinava alcun effetto fiscale: ciascun ente continuava ad applicare i modelli impositivi operanti con riferimento alla propria “veste” giuridica e non beneficiava di alcun regime agevolativo.

A tal proposito, è utile ricordare che possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati (inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del Codice civile) che esercitano in via prevalente un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Una volta divenuti imprese sociali, la determinazione dei redditi prodotti da detti enti continuerà ad avvenire secondo le regole ai medesimi ordinariamente applicabili in base alla specifica veste giuridica. A fronte di immutate regole per la determinazione della materia imponibile, tuttavia, l’acquisizione della qualifica di impresa sociale comporta importanti vincoli in merito alla destinazione degli utili prodotti o degli avanzi di gestione.

La legge delega di riforma del Terzo settore, volendo incentivare lo sviluppo delle imprese sociali, che a regime diverranno enti del Terzo settore (iscritti nell’apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore), nonché recepire le indicazioni fornite dai principali organismi europei in tema di economia sociale, ha quindi previsto un’ampia riforma della disciplina normativa di riferimento. Nello specifico, con riferimento alle misure di carattere fisale, l’art. 9, comma 1, lett. f) della legge delega per la riforma del Terzo settore ha demandato al legislatore delegato il potere di introdurre per le imprese sociali la “possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative” e “misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale”.

In attuazione della delega, l’art. 18 del D.Lgs. n. 112 del 2017 ha quindi adottato le seguenti misure, applicabili a quegli enti che assumono la qualifica in esame:

  • non imponibilità delle somme accantonate in apposita riserva in sospensione d’imposta ed effettivamente (e alternativamente) destinate, entro il secondo esercizio successivo a quello in cui detti utili sono stati conseguiti, allo svolgimento dell’attività statutaria, o ad incremento del patrimonio, oppure al versamento del contributo per l’attività ispettiva organizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali;
  • incentivi fiscali per quanti decidono di investire nelle imprese sociali (sul modello di quelli operanti per le start-up innovative);
  • possibilità di accedere alla raccolta di capitali di rischio attraverso portali online (il c.d. equity crowdfunding).

Il quadro normativo tracciato dal D.Lgs. n. 112 del 2017 è stato recentemente modificato dal Decreto correttivo e in capo alle imprese sociali già costituite incombe l’obbligo di adeguamento alle nuove disposizioni, entro il 20 gennaio 2019.

L’attualità della materia ha quindi suggerito alla Fondazione Nazionale Commercialisti l’opportunità di approfondire, con un primo documento di ricerca, le misure fiscali brevemente richiamate, applicabili non solo alle imprese sociali ma anche alle cooperative sociali che, “a regime”, diverranno imprese sociali di diritto.

Fermo restando che l’efficacia delle nuove disposizioni è subordinata all’intervento dell’autorizzazione della Commissione europea, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di Aiuti di Stato.

 

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