Per avanzare proposte concrete che possano migliorare la qualità e l’effettività degli interventi per il Mezzogiorno, può essere utile partire da un’analisi dello stato di utilizzo da parte dell’Italia dei Fondi comunitari della Programmazione 2007-2013, per evitare se possibile errori e inefficienze nella gestione dei fondi strutturali 2014-2020.
Innanzitutto si sono rilevati forti ritardi nell’avvio dei progetti e difficoltà attuative sorte in itinere, che hanno portato le Amministrazioni, sia a livello centrale che regionale, a compiere una corsa contro il tempo per evitare il rischio di perdere le risorse.
Ad oggi la percentuale di utilizzo dei Fondi strutturali stanziati nel ciclo di programmazione europea 2007-2013 è dell’80%. Per scongiurare il rischio restituzione del restante 20%, il governo ha istituito una task-force per le regioni in ritardo per arrivare al 100% di utilizzo dei Fondi entro la scadenza del 31 dicembre 2015.
Sulla velocità di attuazione dei Programmi comunitari, che comunque è in stretta correlazione con la tipologia di interventi da essi finanziati, hanno inciso in maniera negativa taluni aspetti connessi a carenza di capacità programmatoria e progettuale, elevata parcellizzazione degli interventi finanziati, elevato tasso di contenzioso sugli appalti, nonché fenomeni corruttivi.
E’ su tali aspetti che si deve operare per una efficiente ed efficace gestione dei fondi della nuova programmazione.
Con riferimento ai primi due punti, va considerato quanto segue:
Sulla capacità di programmazione e progettuale: l’efficace utilizzo delle risorse comunitarie non può prescindere da un concreto miglioramento della capacità progettuale e delle capacità amministrative sia a livello centrale che locale.
L’ampio arco temporale di programmazione e i cambiamenti economici che nel frattempo intervengono possono rendere non adeguata la iniziale programmazione; conseguentemente, anche per rimediare ad un utilizzo solo parziale delle risorse, si assiste a modificazioni dell’iniziale programma che rischiano di incidere sulla selettività e qualità degli interventi, portando a disperdere o quanto meno ridurre i potenziali effetti e benefici per la crescita territoriale.
Sulla elevata parcellizzazione degli interventi finanziati: tale aspetto impedisce di impiegare le risorse nell’ottica di una strategica visione di insieme finalizzata alla crescita delle aree interessate, comportando anche difficoltà nella gestione e nei controlli delle risorse stesse; inoltre incide negativamente sulla qualità degli investimenti, che vengono così selezionati in maniera inadeguata e che diventano oggetto di finanziamenti a pioggia, che difficilmente possono comportare una crescita ed una maggiore competitività delle aree imprenditoriali beneficiarie.
L’estrema frammentazione delle misure di intervento testimonia una generale carenza nella capacità di programmazione e di selezione dei progetti da parte delle amministrazioni. Si è assistito a numeri elevati di misure di intervento, a elevatissimi numeri di progetti finanziati – molto spesso di importi non significativi – con conseguente allocazione frammentata delle risorse disponibili.
L’assenza di una programmazione di ampio respiro e la distribuzione non indirizzata delle risorse, dunque, da un lato limitano la capacità dei programmi di produrre effettivi significativi e permanenti sul tessuto socioeconomico delle aree di intervento, dall’altro creano inevitabilmente una serie di problematiche inerenti i controlli della spesa e la verifica della qualità dei progetti. Maggiore è la polverizzazione delle iniziative finanziate, maggiore è la difficoltà di individuare eventuali irregolarità di spesa.
Una più efficiente allocazione dei Fondi trova un indispensabile presupposto nell’individuazione di chiare e precise priorità di sviluppo cui indirizzare le risorse disponibili, anche attraverso il potenziamento della verifica ex ante della qualità dei progetti.
Ciò è ovviamente possibile solo attraverso un confronto e un dialogo strutturato tra Governo nazionale, Enti regionali, Organizzazioni socio-economiche, che consentano di indirizzare i finanziamenti disponibili verso la realizzazione di progetti che risultino sia rilevanti sotto il profilo finanziario che qualificati in termini di potenziale sviluppo economico; tale orientamento peraltro consentirebbe di semplificare le attività di controllo.
Tenendo conto delle criticità espresse nella Programmazione 2007-13, i Fondi disponibili per il periodo 2014-2020 dovrebbero essere pertanto gestiti mediante una individuazione ab origine, attraverso una selettiva valutazione, delle opere da realizzare.
In effetti, relativamente alla Programmazione 2014-2020, le criticità passate come evidenziate sono state individuate e riconosciute anche dalle autorità italiane nell’elaborazione dell’Accordo di Partenariato con la Commissione Europea, documento nazionale concluso nell’ottobre del 2014 che individua gli obiettivi della Programmazione, i risultati attesi e le azioni da realizzare con i Fondi strutturali.
A tali criticità, individuate nella programmazione inadeguata, nelle carenze istituzionali, amministrative e tecniche, nell’assenza di piani settoriali nazionali, ci si propone di ovviare mediante una programmazione più chiara e verificabile, un monitoraggio permanente che sia di supporto all’Agenzia per la coesione territoriale istituita ex legge 125/13, nonché mediante la elaborazione dei piani settoriali di riferimento ed il rafforzamento amministrativo dei governi centrali e regionali.
In sintesi, l’attuale metodologia di azione dovrebbe andare proprio verso il superamento delle precedenti carenze e criticità.
Il nuovo impianto è incentrato sul monitoraggio dell’utilizzo dei fondi e sulla valutazione dei prerequisiti cui subordinare l’erogazione delle risorse (condizionalità ex ante) che dovrebbero garantire la sussistenza delle condizioni (di regolamentazione, di pianificazione, di capacità amministrativa e operativa) che permettano di massimizzare l’efficacia degli interventi.
Sono stati altresì individuati quattro settori chiave, quali ricerca ed innovazione, piccole e medie imprese, trasporti sostenibili, economia e tutela ambientale.
Contesto europeo
Gli elementi chiave della riforma della politica di coesione per il periodo 2014 – 2020 sono evidenziati nel Pacchetto della politica di coesione 2014 – 2020, il quale definisce le modalità di utilizzo delle risorse:
- Investire in tutte le Regioni dell’Unione Europea (UE);
- Indirizzare le risorse sui settore chiave per la crescita;
- Stabilire obiettivi chiari, trasparenti e misurabili e parametri di responsabilità e di risultato;
- Definire le condizioni prima che i finanziamenti vengano assegnati;
- Definire una strategia comune per assicurare un migliore coordinamento ed evitare sovrapposizioni;
- Ridurre la burocrazia e semplificare l’uso degli investimenti UE;
- Accrescere la dimensione urbana della politica;
- Rafforzare la cooperazione transfrontaliera;
- Assicurare che la politica di coesione sia meglio correlata alla più ampia governance economica dell’UE;
- Incoraggiare l’uso degli strumenti finanziari per dare alle PMI maggiore sostegno e accesso al credito.
Come emerge dai punti sopra sintetizzati (cfr. 3 e 4) i paesi e le regioni dovranno annunciare quindi sin dall’inizio quali obiettivi intendono raggiungere con le risorse disponibili e precisare in che modo misureranno i progressi compiuti in direzione di tali obiettivi. Ciò consentirà il monitoraggio regolare e la discussione sull’uso delle risorse finanziarie.
Risulta inoltre indispensabile definire le condizioni prima che i finanziamenti vengano convogliati in modo da assicurare investimenti più efficaci: ad esempio le riforme favorevoli all’imprenditoria, le strategie dei trasporti, le misure per migliorare i sistemi di appalti pubblici, il rispetto delle normative ambientali, le strategie di lotta contro la disoccupazione e contro la dispersione scolastica o quelle a promozione della parità tra i generi e della non-discriminazione.
Le linee tracciate dall’Unione riconoscono anche la necessità di ridurre la burocrazia e semplificare l’uso degli investimenti attraverso un insieme comune di regole per tutti i Fondi strutturali e di investimento europei nonché regole di contabilità più semplici, oneri di rendicontazione più mirati e un maggior uso delle tecnologie digitali (“e-cohesion”).
Gli obiettivi tematici (OT) su cui si concentrano i regolamenti Ue per la programmazione 2014-2020 sono 11:
1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione
2. Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime
3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell’acquacoltura
4. Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori
5. Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi
6. Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse
7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete
8. Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori
9. Promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione
10. Investire nell’istruzione, formazione e formazione professionale, per le competenze e l’apprendimento permanente
11. Rafforzare la capacità delle amministrazioni pubbliche e degli stakeholders e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente, assistenza tecnica
In Italia
Per il settennato 2014-2020, l’Italia ha previsto 50 Programmi operativi, di cui 11 nazionali e 39 regionali.
A tali programmi si aggiungono quelli cofinanziati dal FEASR per i quali si registrano ritardi soprattutto nelle Regioni del Sud. Tali ritardi però non incidono sulla partenza della nuova programmazione in quanto si possono emanare bandi in deroga all’approvazione dei programmi.
Nel complesso il volume di risorse per la Coesione Territoriale nel prossimo ciclo 2014-2020 supererà i 100 miliardi di euro.
Utilizzi strategici dei Fondi disponibili
Investimenti in capitale umano: attraverso una mirata formazione che possa consentire di valorizzare le risorse umane ad alta specializzazione, nonchè potenziando i canali di comunicazione e di incontro tra enti formativi (scuole, università) e mondo produttivo.
Potenziamento della competitività delle imprese: attraverso il potenziamento dei settori che promettono maggiori possibilità di crescita: imprese innovative caratterizzate da un alto utilizzo delle competenze, imprese che operano per la sostenibilità ambientale ed energetica o orientate ai servizi alle persone.
Diventa strategico al riguardo rendere più fluido il collegamento tra ricerca universitaria e sistema produttivo, consentendo quel trasferimento tecnologico che possa favorire gli investimenti.
Rafforzamento dell’infrastrutturazione del territorio: anche mediante la valorizzazione del contributo privato.
Tali strategie potrebbero sposarsi con un più centrale ruolo dell’industria manifatturiera, che negli ultimi decenni è stata condizionata dal fenomeno della localizzazazione in altre aree in via di svilippo. Oggi questo settore può invece esprimere una considerevole necessità e capacità di innovazione e quindi di investimenti, di competenze, di relazioni di filiera che non possono riprodursi altrove.
Lo stesso vale per il settore agroalimentare per il quale la filiera produttiva e l’appartenza al territorio diventa strategica: qui può incentivarsi attraverso gli indirizzi sopra richiamati sia il ricambio generazionale che la tendenza all’innovazione, che sono ancora troppo poco presenti a causa della gestione tradizionale ereditata.
Tutto questo può agevolare anche il processo di internazionalizzazione con effetti di benessere a cascata anche sulle imprese che agiscono in subfornitura e quindi a beneficio dell’intero sistema produttivo locale.
Ombre sull’utilizzo dei fondi strutturali
Carente programmazione ordinaria
In Italia si riscontra l’assenza di politiche definite e strutturate proprio in molti ambiti d’azione dei fondi strutturali, come infrastrutture e politica industriale, con la conseguenza che la programmazione dei fondi strutturali disegna azioni che mal si raccordano agli interventi nazionali e restano azioni straordinarie.
Tale situazione è stata acuita dalla crisi della finanza pubblica, nazionale e locale, con il deperimento di grandi politiche nazionali, e con le crescenti difficoltà degli Enti Locali a mantenere le proprie spese correnti, che non consentono di intervenire con politiche sull’ordinario, ove implementare successivamente gli interventi straordinari previsti dalla programmazione.
Ritardo nell’utilizzo dei fondi
Un altro fattore critico è rappresentato dai tempi di utilizzo dei fondi strutturali, che comunque vanno integralmente spesi entro il termine dei due anni successivi alla fine del periodo di programmazione.
L’estrema lentezza italiana, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, pone il paese tra gli ultimi in Europa e comporta, come avvenuto nel ciclo 2007-13, ulteriori riprogrammazioni degli interventi.
Le cause del ritardo italiano nella spesa sono molteplici e non dipendono unicamente dalla governance del sistema, ma sono decisamente più complesse:
Ritardo politico – Certamente è influenzato dalla carenza di forti politiche pubbliche ordinarie, come già detto, a vantaggio delle quali appostare ulteriori risorse; e certamente una programmazione settennale non è semplice da definire totalmente ex ante.
Tale ritardo è dovuto anche alla difficoltà della politica italiana, centrale e locale, di trovare un’intesa di lungo termine su azioni condivise, nonchè all’utilizzo in termini di consenso politico che spesso si verifica, teso soprattutto alla massimizzazione del ritorno individuale, circostanza che rende difficile realizzare politiche di lunga periodo.
Ritardo amministrativo – La molteplicità di obiettivi e di azioni previste dai fondi strutturali comportano un notevolissimo carico di lavoro amministrativo-burocratico, già nella redazione dei bandi, oltre che nelle fasi di rendicontazione e certificazione. Peraltro, le regolamentazioni comunitarie per l’uso dei fondi sono estremamente complesse, anche solo da un punto di vista di adempimenti formali. Le carenze amministrative, più gravi nei territori più deboli come nel Mezzogiorno, rendono meno incisive le politiche comuniatarie proprio dove vi sarebbe maggiore necessità delle stesse.
Ritardo operativo – Le stesse Amministrazioni che gestiscono i programmi sono spesso causa della lentezza delle procedure di attivazione dei bandi di gara, delle fasi di valutazione, delle fasi di controllo in itinere ed ex post. Vi è una tendenza negativa a mantenere, in particolare presso le Amministrazioni Regionali, le concrete attività di gestione e di attuazione delle misure che potrebbero essere invece affidate a soggetti specializzati, anche per avere un maggiore controllo e di intermediazione da parte della politica.
Molteplicità di obiettivi
Alla luce della contrazione generalizzata delle risorse pubbliche, specie per investimenti, del forte ridimensionamento subito dalle politiche di sviluppo regionale italiane diverse dai fondi strutturali nell’ultimo ventennio, queste risorse sono quasi le uniche disponibili per tutta una serie di interventi oggettivamente necessari in Italia, ed in particolare nel Mezzogiorno.
Tutto ciò produce programmi molto estesi, spesso anche ripetitivi. Il costo di questa impostazione è rappresentato dalla straordinaria difficoltà non solo della programmazione ma anche e soprattutto della realizzazione, soprattutto per le Amministrazioni Regionali del Sud, chiamate ad operare su una pluralità di complesse tematiche.
Anche alla luce delle precedenti programmazioni, sembra opportuno mirare a interventi in ambiti più concentrati, anche con l’obiettivo di favorire in tempi rapidi l’avvio di un processo di re-industrializzazione e di trasformazione strutturale dell’economia meridionale.
Oltre alla molteplicità degli obiettivi, fra le valutazioni correnti dei fondi strutturali in Italia vi è quella che indica una delle principali difficoltà proprio nell’estrema frammentazione degli interventi. Le Amministrazioni, centrali e soprattutto regionali, non sono in grado di realizzare tutti questi interventi in tempi ragionevoli e con una qualità accettabile, ben al di là della capacità di assorbimento delle amministrazioni. Con le nuove regole per il 2014-20 ciò diviene ancora più importante.
Mancanza di coordinamento
Sono molto rari i momenti di confronto tecnico fra le amministrazioni, in particolare fra le regioni del Mezzogiorno, ma anche tra i soggetti attuatori come le amministrazioni comunali: facendo riferimento solo alle proprie competenze ed esperienze e non mettendo a valore quanto fatto da altri, si ricomincia ogni volta e spesso si tornano ad incontrare gli stessi problemi e le stesse criticità già sperimentate da altri.
Ed invece efficaci politiche di sviluppo regionale non possono che implicare una governance multilivello, che veda impegnate tanto i livelli di governo regionali e locali quanto quelli nazionali.
Probabilmente l’avere introdotto, nel recepimento della nuova programmazione, il progetto di istituzione di una cabina di regia Stato-Regioni nell’ambito dei Patti per il Sud rappresenta una presa d’atto della necessità di una visione generale e condivisa.
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