Società di persone in netta flessione da un decennio, a fronte della crescita sostenuta delle società di capitale, in particolare delle SRL. La fotografia della situazione demografica delle imprese italiane è stata scattata dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti che ha pubblicato il documento “Società di persone: criticità e prospettive di modifica della disciplina alla luce dei dati statistici”. Lo studio ha analizzato le statistiche del Registro Imprese, le Dichiarazioni Fiscali relativamente all’invio dei modelli Unico Società di persone e Società di Capitale e l’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’Istat.
Nel 2016, secondo la ricerca, le società di persone attive sono calate del 2,2% rispetto all’anno precedente, passando dalle 832.311 unità del 2015 alle 813.228 del 2016. La contrazione è ancora più significativa se si considera l’ultimo decennio (-10,1%), nel 2006 infatti erano 905.044. D’altro canto, invece, si registra la performance positiva delle società di capitale attiveche da 1.043.841 del 2015 si sono attestate a 1.082.003 (+3,4%) del 2016. Un vero e proprio exploit se raffrontato al 2006 (+52,3%) che annoverava 710.445 unità.
Tra gli altri dati emerge come, dal 2008, si registri una flessione per SNC (-20%) e SAS (-11%), mentre le SRL segnano un incremento (+11%).
“Stiamo assistendo ad una profonda trasformazione del sistema imprenditoriale italiano. Un fenomeno ancora in corso – spiega Massimo Miani, che ricopre la doppia carica di presidente della Fondazione e del Consiglio nazionale dei commercialisti -. E’ evidente come la crisi economica abbia spinto gli imprenditori a privilegiare alcune forme societarie rispetto ad altre, ricercando assetti caratterizzati da minori responsabilità a livello patrimoniale. Bisogna comunque sottolineare come le società di persone, oltre a consentire una gestione diretta della società, occupino un ruolo significativo nella nostra economia: più di 800.000 imprese e quasi 2,5 milioni di occupati. Non va inoltre trascurato che la recente legge di delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza contiene alcuni principi che, ad esempio, riconoscono ai soci illimitatamente responsabili la possibilità di liberarsi dai debiti residui nei confronti dei creditori non soddisfatti e maggiori tutele e garanzie finanche nella possibilità di comprenderli nelle procedure di cui alla legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento del non fallibile”.
Lo studio, oltre all’analisi dei dati statistici, svolge alcune considerazioni sulla disciplina vigente in funzione della evidenziazione delle attuali carenze dei tipi societari a base personale in relazione alla necessità di rielaborare regole condivise che consentano la diffusione di modelli societari e, in più generale, di una cultura di impresa, atti a garantire un adeguato sviluppo economico.
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