È cosa nota che il mondo degli enti non lucrativi stia vivendo, almeno a livello nazionale, un momento cruciale per il proprio sviluppo. Le camere parlamentari stanno infatti discutendo da tempo una proposta di riforma, sotto forma di schema di legge delega, per il cosiddetto “Terzo settore”.
La tematica è stata oggetto di molti interventi e commenti della società civile, della stampa “generalista” e di quella più specializzata, in termini di interventi normativi e tecnici.

Molti hanno già cercato di delineare il modello del futuro che uscirà dalla emananda legge delega. Nella prospettiva degli operatori, uno degli argomenti che più hanno fatto discutere nel corso degli ultimi anni riguarda la rendicontazione degli enti interessati.
Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed il Consiglio nazionale dei ragionieri si erano già interessati in epoca non sospetta alla materia, pubblicando numerosi documenti per supportare la trasparenza degli enti del Terzo settore.
L’esperienza della categoria professionale ha portato anche all’emanazione delle raccomandazioni della Commissione Aziende non profit del CNDC, a cui si sono ispirate le linee guida dell’allora Agenzia per le Onlus, e – congiuntamente all’Agenzia per le Onlus ed all’Organismo Italiano di Contabilità- al progetto di emanazione dei Principi contabili per gli enti non lucrativi.

Occorre, adesso, chiedersi quale prospettiva augurarsi per la rendicontazione finanziaria e non-finanziaria degli enti non lucrativi, muovendo dall’evidenza che l’attuale disciplina normativa ben poco dice in materia.
Per dare risposta a questo semplice ma fondamentale interrogativo, occorre partire, a parere di chi scrive, dal chiedersi quale sia la realtà economica da rappresentare e quali siano i fini conoscitivi individuati.
In ordine alla tipologia di ente che è oggetto di rappresentazione, non si può che evidenziare che il movimento del Terzo settore rappresenta un mondo estremamente eterogeneo, che va dal circolo culturale sino alle organizzazioni che prestano servizio ai bisognosi, per arrivare alle fondazioni di erogazione ed alle realtà che operano nel campo sanitario, non dimenticando le imprese sociali su cui molto punta anche l’Unione Europea. Contestualmente, come ha avuto modo di ricordare anche Luigi Bobba, sottosegretario al welfare, nell’ultimo Congresso nazionale dei commercialisti dello scorso ottobre, i 2/3 degli enti è di dimensioni molto piccole a fronte di alcune realtà molto grandi. Partendo perciò da tali premesse, appare plausibile che gli schemi del futuro bilancio degli enti non lucrativi siano tali da poter essere adattabili alla realtà di riferimento nonché –per quanto concerne gli aspetti dimensionali- (almeno facoltativamente) differenziabili nella presentazione e probabilmente anche nella logica di rilevazione degli elementi.

Sicuramente la citata pregressa attività del Consiglio nazionale e degli altri istituti interessati è un solido punto di partenza, stante un doveroso aggiornamento anche dovuto alle disposizioni previste per le società commerciali alla luce del d.lgs 139/2015.
Per quanto concerne l’informativa da produrre per soddisfare le esigenze conoscitive degli stakeholder, si deve considerare che l’ente del terzo settore è un ente che opera con una missione ideale non identificabile nella realizzazione di un avanzo di gestione; per tale motivo, l’intenzione del legislatore di richiedere informazioni anche sull’“impatto sociale” prodotto è sicuramente un’idea da giudicare positivamente. A tale riguardo, come ha avuto modo di indicare – sempre al Congresso nazionale – Sandro Santi, consigliere del CNDCEC con delega al non profit, la previsione di una relazione di missione capace di informare compiutamente sui risultati sociali raggiunti e sulle modalità con cui gli obiettivi sono perseguiti è una previsione doverosa da cui non poter prescindere.
Ciò detto, non resta che aspettare fiduciosi l’approvazione della legge delega e la conseguente emanazione dei decreti delegati.

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