Nella solita ondata di novità, fiscali ma non solo, che – come avviene da anni – ha contraddistinto anche il 2015, si cela una vera e propria rivoluzione che impatterà direttamente sull’attività quotidiana della maggior parte dei commercialisti italiani. Si tratta della riforma dei bilanci d’esercizio e consolidati, operata dal Governo con il D.Lgs. n. 139/2015. Per una volta non si tratta di una “invenzione” del solito iperattivo legislatore italiano bensì del recepimento della direttiva (la 34/2013/UE) varata dal Parlamento europeo con l’intenzione di modernizzare l’impianto normativo comunitario in materia di bilancio. Le previgenti direttive in materia contabile, infatti, risalivano ad un’epoca in cui il mondo non aveva ancora conosciuto la globalizzazione, l’economia digitale, la finanza strutturata d’impresa: ancorché modificato nel tempo, l’impianto originario faceva riferimento alle direttive 78/660/Cee e 83/349/Cee, senza essere più in grado di riflettere, in taluni casi compiutamente, nei bilanci le attuali tematiche ed esigenze contabili delle società di capitali.

Da qui l’emanazione della ricordata direttiva contabile, recepita nel diritto nazionale dal decreto n. 139/2015, le cui novità si applicano ai bilanci riferiti agli esercizi che hanno inizio dal 1° gennaio 2016 (quindi anno 2016 per i soggetti “solari”). Il bilancio dell’esercizio 2015, in approvazione nelle prossime settimane, resterà così l’ultimo bilancio predisposto in conformità alle vecchie regole. Apparentemente c’è ancora molto tempo per studiare e metabolizzare le novità. In realtà non è così. Perché occorre che i commercialisti prendano visione delle novità adesso, quando dovranno redigere i bilanci 2016 tra circa un anno?
«Prima di tutto perché si tratta di una riforma di rilevante portata, che richiede tempo per essere adeguatamente assimilata dai professionisti», osserva Raffaele Marcello, consigliere CNDCEC con delega a principi contabili, principi di revisione e sistema dei controlli, «e poi perché non è del tutto vero che la prima applicazione delle nuove norme avverrà solo l’anno prossimo. Anche in sede di predisposizione dei bilanci dell’esercizio 2015 potrebbe essere utile capire le principali differenze per avere contezza dei cambiamenti che avverranno nel bilancio successivo ed evitare brutte “sorprese contabili” che possono incidere sui risultati economici e sulla posizione patrimoniale della società nei bilanci degli esercizi 2016. Occorre attrezzarsi per gestire la prima adozione in modo adeguato».

Il Consiglio nazionale ha seguito l’iter normativo fin dall’inizio dei lavori (la prima proposta di direttiva è stata avanzata da Bruxelles nel 2011), prendendo parte sia alle due consultazioni pubbliche lanciate dal ministero dell’Economia sia ai lavori dell’Organismo italiano di contabilità (che peraltro a breve dovrà rilasciare i nuovi principi contabili nazionali, integrando e interpretando le modifiche del decreto bilanci).
Diversi gli interventi salutati favorevolmente dalla categoria, ma non mancano punti che hanno suscitato qualche perplessità. È bene ricordare che, in sede di recepimento, l’esecutivo si è dovuto conformare ai criteri guida fissati dalla direttiva, trovandosi quindi davanti, in alcuni casi, scelte pressoché forzate.
Sono stati introdotti i postulati della rilevanza e del principio della sostanza sulla forma. Quest’ultimo rivede una dizione ambigua del codice civile (“funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato”). Resta ancora da capire quale sarà l’impatto dei principi ed il pertinente trattamento fiscale degli effetti derivanti dalla loro adozione.

Cambiano veste, in parte, pure gli schemi di bilancio (conto economico e stato patrimoniale). Spariscono i conti d’ordine e viene inserito il rendiconto finanziario obbligatorio per le società non piccole (2425-ter, cc). Su quest’ultimo punto il CNDCEC ha manifestato apprezzamento, «perché per tali realtà si tratta di un documento utile per i lettori al fine di comprendere la posizione finanziaria della società», aggiunge Marcello.
Diverso il giudizio sull’eliminazione dell’area straordinaria del conto economico. «La modifica, a nostro avviso, non appare funzionale a fornire una corretta rappresentazione della qualità del reddito», sottolinea il consigliere delegato. «La giustificazione dell’UE consiste nell’eliminare comportamenti discrezionali in sede di classificazione delle poste. Tuttavia, tale classificazione dava evidenza degli elementi di natura economica che, esulando dall’attività normale, sono anche per questo destinati a non verificarsi nuovamente nel corso del tempo. Erano informazioni utili anche ai fini gestionali, poiché rendevano più agevole effettuare budget e supportavano considerazioni in merito alle proiezioni future dei flussi di benefici».

Le novità interessano pure la nota integrativa ed i criteri di valutazione, con un nuovo trattamento contabile per i derivati (sostanzialmente i titoli andranno valutati al fair value) e l’implementazione del criterio del costo ammortizzato, sulla scorta di quanto già previsto di fatto dai principi internazionali IAS/IFRS. Altro punto, quest’ultimo, sul quale il CNDCEC ha mostrato forti perplessità, soprattutto perché la direttiva contabile non ne prevedeva l’esistenza. È possibile, secondo i vertici della categoria, che la difficoltà applicativa comporti più costi alle imprese che benefici informativi per gli stakeholders.

Sono state poi eliminate dallo stato patrimoniale le voci “spese di ricerca” e “spese di pubblicità”. Tema sul quale il Consiglio nazionale ha chiesto immediatamente un ripensamento o comunque la previsione di un regime transitorio. «Già l’attuale Oic 24 sulle immobilizzazioni immateriali fornisce una descrizione di tali elementi piuttosto restrittiva», puntualizza Marcello. «Ora il rischio è quello di una cancellazione di poste dell’attivo senza che vi siano state variazioni sostanziali dal punto di vista economico-aziendale». Da qui l’idea di inserire un periodo intermedio nel quale ammortizzare fino all’azzeramento le spese di ricerca e di pubblicità già capitalizzate, riservando l’applicazione delle nuove regole più stringenti solo alle spese sostenute dal 1° gennaio 2016. «Viceversa», chiosa ancora Marcello, «talune società potrebbero, non avendo ancora completato l’ammortamento, trovarsi a svalutare di colpo tali poste dell’attivo, con il pericolo di intaccare significativamente il patrimonio. Senza dimenticare che simili situazioni possono avere ripercussioni di natura giuridica (per esempio l’attivazione delle procedura di cui agli artt.2446, c.c.), gestionali (ricapitalizzazione e/o distribuzione di utili) e fiscali (per la determinazione della base imponibile) assai rilevanti».

Una mole di novità che deve essere da subito studiata, approfondita e utilizzata nel giro di poche settimane dagli studi professionali, la maggior parte dei quali ha a che fare quotidianamente con la contabilità di piccole e medie imprese. Come brevemente visto in precedenza, le prime scelte operative devono concretizzarsi già in sede di redazione del bilancio 2015, onde evitare di farsi “sorprendere” il prossimo anno da fattispecie che sono oggi già ben identificabili. Pertanto non c’è molto tempo. Il CNDCEC si sta adoperando per fornire ausilio ai propri iscritti sia dal punto di vista formativo sia per agevolare la transizione dal punto di vista pratico. Tale attività sarà seguita anche per tramite della Commissione per lo studio dei principi contabili nazionali, presieduta dal professor Gianfranco Capodaglio.

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