Il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato il documento “Linee guida in materia di legalizzazione delle aziende sottoposte a misura ablativa o non ablativa”. Il lavoro, realizzato dalla commissione “Misure ablative e non ablative: legalizzazione aziende” presieduta da Mario Chiodi, con il contributo di Luca D’Amore, ricercatore della Fondazione nazionale, rientra tra le attività dell’area “Funzioni giudiziarie e ADR” alla quale è delegata il segretario nazionale Giovanna Greco. Obiettivo del documento è fornire un supporto operativo al professionista chiamato a svolgere il ruolo di amministratore giudiziario (o di consulente dell’amministrazione giudiziaria) nel delicato compito di legalizzazione dell’impresa attinta da misura ablativa o non ablativa, attraverso un’analisi approfondita e operativa dei profili normativi, gestionali e organizzativi delle diverse misure, fornendo strumenti di valutazione dei rischi di compliance, indicazioni sul sistema dei controlli interni e sulla gestione dei rapporti con terze parti.
Il tema della legalizzazione delle aziende sottoposte a misure ablative (sequestro e confisca penale o di prevenzione) o non ablative (amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario ex artt. 34 e 34-bis d.lgs n. 159/2011 – per brevità CAM) si colloca nel più ampio contesto della lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e al riciclaggio, ma anche nel tentativo di salvaguardare il tessuto economico-produttivo e occupazionale, anche tenuto conto, con particolare riferimento alle tipologie di imprese attinte, che la sottoposizione a queste misure sta avendo sempre più larga diffusione anche in settori in precedenza non interessati come, ad esempio, moda, grande distribuzione, calcio, imprese pubbliche.
L’obiettivo della legalizzazione non è solo neutralizzare il controllo criminale (o comunque la deviazione illegale che l’azienda ha avuto) ma anche recuperare l’impresa alla legalità, evitando il fallimento e preservando l’attività economica lecita, i livelli occupazionali e il valore sociale dell’impresa sul territorio.
I commercialisti sottolineano come la legalizzazione delle imprese oggetto di misure ablative o non ablative richiede sempre di più un approccio strutturato e integrato tra più ambiti disciplinari e, segnatamente:
- Giuridico (non è sufficiente la sola conoscenza del Codice Antimafia e della giurisprudenza in materia, essendo necessario applicare sovente molteplici corpus normativi spesso non allineati);
- Economico-aziendale (analisi della sostenibilità dell’impresa: stato patrimoniale, flussi finanziari, margini di redditività, piani industriali di rilancio, ridefinizione della governance aziendale);
- Contabile e fiscale (revisione dei bilanci pregressi, verifica della regolarità fiscale, risanamento di eventuali situazioni debitorie con il fisco o con altri enti pubblici);
- Manageriale e strategico (che implica, in primis, la gestione dell’impresa da parte di amministratori giudiziari esperti e da professionisti qualificati a supporto dello staff dell’amministrazione giudiziaria. Risulta, inoltre, necessario il recupero di relazioni commerciali con fornitori e clienti, rebranding e rilancio dell’immagine aziendale, spesso compromessa da collegamenti con consorterie criminali);
- Sociale e lavorativo (dialogo con i lavoratori e le rappresentanze sindacali, coinvolgimento del territorio, valorizzazione del concetto di “impresa confiscata come bene comune”);
- Comunicazione e cultura della legalità (promozione di buone pratiche, progetti di responsabilità sociale d’impresa, coinvolgimento della cittadinanza in percorsi di legalità)
“La legalizzazione delle aziende sottoposte a misure ablative e non ablative – è scritto nell’introduzione – richiede un lavoro sinergico tra magistratura, amministratori giudiziari, esperti aziendali, enti pubblici (tra cui l’ANBSC per le misure ablative), società civile e mondo del lavoro. È un processo complesso che va oltre la dimensione giuridica per divenire un’operazione di rigenerazione economica e culturale, con potenzialità trasformative per l’intero tessuto sociale”.


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